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Home » 8 marzo » “Oltre le discriminazioni siamo tutt* unic* e prezios*”

“Oltre le discriminazioni siamo tutt* unic* e prezios*”

La politologa e attivista Emilia Roig nel libro "We Matter" adotta un approccio intersezionale per indagare su come rendere il mondo un posto davvero inclusivo per ogni persona

Marianna Grazi
7 Marzo 2023
L'attivista e politologa Emilia Roig (Ph. Mohamed Badarne)

L'attivista e politologa Emilia Roig (Ph. Mohamed Badarne)

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Quante condizioni consideriamo “normali” nella nostra vita qutotidiana? La suddivisione dei compiti in famiglia o il corpo maschile assunto come standard in medicina o ancora lo stigma della colpa per chi ha vissuto l’esperienza del carcere. In un’occasione come quella dell’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della Donna, è facile pensare anche ad altri stereotipi sociali assunti come modelli: le donne vengono ‘validate’ dall’essere madri, sono loro le ‘regine della casa’ e più portate a prendersi cura di, mentre non sono invece adatte ad alcuni lavori o settori (le discipline Stem, ad esempio). Ma tutte queste convinzioni, ben radicate nel nostro pensiero comune, sono il frutto di un’evoluzione storica.
Alla base di We matter (Il Margine), il libro dell’attivista e politologa Emilia Roig c’è la volontà di sradicare la convinzione che la vita (in tutte le sue forme) sia classificabile secondo una piramide di valore che consideriamo normale. La fondatrice del Center for Intersectional Justice (CIJ) di Berlino parte dalle esperienze personali per compiere una vera e propria indagine sull’inclusività, e adotta un approccio intersezionale, perché le forme di discriminazione si rafforzano a vicenda e solo rendendo visibili le disuguaglianze nelle disuguaglianze sarà possibile garantire l’empowerment delle minoranze. In altre parole, non lasciando indietro nessun*.

Emilia Roig ha fondato il Center for Intersectional Justice (CIJ) di Berlino (Ph. Mohamed Badarne)

Qual è stato lo spunto per questo libro?
“Sono sempre stata molto sensibile alle ingiustizie. Fin da piccola ho notato tutti i modi in cui le persone vengono trattate in modo diverso nella nostra società e volevo capire perché alcuni di noi hanno molto e altri quasi niente. Non potevo accettare questa realtà delle cose. Il mio percorso di vita mi ha portato a comprendere tutti i vari aspetti dell’ingiustizia sociale e a mettere questa conoscenza a disposizione del maggior numero possibile di persone. Per risolvere un problema, dobbiamo prima capirlo. Ciò che mi ha ispirato nello scrivere il libro è la mia fiducia e speranza in un futuro migliore, nel fatto che la stragrande maggioranza dell’umanità vorrebbe un mondo libero dall’oppressione”.

Ha mai subito discriminazioni?
“Sì, come la maggior parte della popolazione mondiale. Nel libro parlo delle mie esperienze personali, ma ogni vicenda individuale è parte di un sistema più grande. La discriminazione non è mai solo individuale, ma sempre collettiva. Quando una donna sperimenta il sessismo, non si tratta mai solo di lei, ma del sistema che permette la discriminazione”.

Che significa?
“Che è importante non concentrarsi solo sulle persone che subiscono discriminazioni ma spostare l’attenzione sul sistema, sulle strutture sociali che discriminano. Quando mi viene chiesto: ‘Hai mai subito discriminazioni?’, mi piace rispondere: ‘E tu, hai mai fatto discriminazioni?’. Raramente le persone discriminano gli altri in modo consapevole e malevolo, perciò è importante diventare consapevoli di tutti i modi in cui potremmo discriminare gli altri senza rendercene conto”.

Nel libro “We Matter” affronta attraverso un approccio intersezionale il problema delle disuguaglianze (Ph. Mohamed Badarne)

Nel libro parla della discriminazione attraverso una prospettiva intersezionale: come definirebbe l’intersezionalità?
“L’intersezionalità è una teoria, uno strumento analitico e un progetto politico che ci aiuta a comprendere le forme di oppressione nella loro complessità. Concretamente, significa che i diversi tipi di discriminazione si rafforzano sempre a vicenda e che non possono essere affrontati in modo separato. Mi piace paragonare l’oppressione a un mostro a tre teste, che sono il patriarcato, l’oppressione capitalista e il razzismo; se vogliamo uccidere il mostro, dobbiamo eliminarle tutte e tre. Il concetto di intersezionalità descrive i modi in cui i sistemi di disuguaglianza basati su genere, razza, etnia, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, classe e altre forme di discriminazione si ‘intersecano’ per creare dinamiche ed effetti unici”.

In che modo le discriminazioni si rafforzano a vicenda?
“Tutte le forme di disuguaglianza si rafforzano a vicenda e devono quindi essere analizzate e affrontate contemporaneamente per evitare che accada ancora. Ad esempio, affrontare il divario retributivo tra i sessi da solo – senza includere altre dimensioni come la razza, lo status socio-economico e quello occupazionale – probabilmente rafforzerà le disuguaglianze tra le donne. L’intersezionalità porta la nostra comprensione dell’ingiustizia sistemica e della disparità sociale a un livello superiore, cercando di districare i fili che creano la complessa rete delle disuguaglianze. È anche uno strumento pratico”.

Può farci qualche esempio?
“Ad esempio, quando una donna musulmana che indossa l’hijab viene discriminata, sarebbe impossibile separare la sua identità femminile da quella musulmana, o isolare le condizioni che causano la sua discriminazione. Se si affronta solo il sessismo si tralascia il razzismo, ed entrambi i tipi di oppressione sono fondamentali nella sua discriminazione. Semplicemente perché un uomo musulmano nella stessa situazione non sarebbe discriminato, e nemmeno una donna senza hijab lo sarebbe. Ciò significa che è proprio la sua identità di donna e di musulmana praticante la causa della sua discriminazione”.

Emilia Roig spiega come tutte le discriminazioni siano collegate tra sé, e si rafforzino a vicenda, per cui vadano affrontate in una prospettiva collettiva (Ph. Dietrich Kühne)

Ci sono condizioni stereotipate considerate “normali”, secondo il credere comune, che ci portiamo dietro da secoli. Come superarle?
“Dobbiamo decostruire tutti gli stereotipi perché legittimano e normalizzano l’ingiustizia. Ad esempio, dire che le donne non sono ‘razionali’ come gli uomini è uno stereotipo che legittima la loro esclusione dalla maggior parte delle sfere di potere. Oppure dire che i neri sono per natura più ‘delinquenti’ giustifica la violenza della polizia e il profiling razziale nei loro confronti. Questi stereotipi hanno un retroterra storico ed è assolutamente fondamentale capire da dove provengono e, soprattutto, che sono lontani dalla realtà. Nel mio libro faccio esattamente questo”.

Il titolo (We Matter/Noi Valiamo) allude al valore di ogni persona e, al contempo, all’importanza di agire collettivamente per abbattere le discriminazioni. Come si conciliano collettività a individualità?
“Il ‘Noi’ del titolo è dedicato a tutti coloro che sono stati storicamente denigrati dalla società. È un noi inclusivo, poiché la stragrande maggioranza della popolazione mondiale ha subito una qualche forma di discriminazione. Ogni persona che non sia maschio, cis, eterosessuale, bianco, cristiano e non disabile, fa parte di un insieme che è stato definito inferiore e subumano. Il ‘Noi’ di questo titolo intende ripristinare la nostra umanità, senza gerarchie o classificazioni”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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Nel libro "We Matter" affronta attraverso un approccio intersezionale il problema delle disuguaglianze (Ph. Mohamed Badarne)
Nel libro parla della discriminazione attraverso una prospettiva intersezionale: come definirebbe l'intersezionalità? "L'intersezionalità è una teoria, uno strumento analitico e un progetto politico che ci aiuta a comprendere le forme di oppressione nella loro complessità. Concretamente, significa che i diversi tipi di discriminazione si rafforzano sempre a vicenda e che non possono essere affrontati in modo separato. Mi piace paragonare l'oppressione a un mostro a tre teste, che sono il patriarcato, l'oppressione capitalista e il razzismo; se vogliamo uccidere il mostro, dobbiamo eliminarle tutte e tre. Il concetto di intersezionalità descrive i modi in cui i sistemi di disuguaglianza basati su genere, razza, etnia, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, classe e altre forme di discriminazione si 'intersecano' per creare dinamiche ed effetti unici". In che modo le discriminazioni si rafforzano a vicenda? "Tutte le forme di disuguaglianza si rafforzano a vicenda e devono quindi essere analizzate e affrontate contemporaneamente per evitare che accada ancora. Ad esempio, affrontare il divario retributivo tra i sessi da solo - senza includere altre dimensioni come la razza, lo status socio-economico e quello occupazionale - probabilmente rafforzerà le disuguaglianze tra le donne. L'intersezionalità porta la nostra comprensione dell'ingiustizia sistemica e della disparità sociale a un livello superiore, cercando di districare i fili che creano la complessa rete delle disuguaglianze. È anche uno strumento pratico". Può farci qualche esempio? "Ad esempio, quando una donna musulmana che indossa l'hijab viene discriminata, sarebbe impossibile separare la sua identità femminile da quella musulmana, o isolare le condizioni che causano la sua discriminazione. Se si affronta solo il sessismo si tralascia il razzismo, ed entrambi i tipi di oppressione sono fondamentali nella sua discriminazione. Semplicemente perché un uomo musulmano nella stessa situazione non sarebbe discriminato, e nemmeno una donna senza hijab lo sarebbe. Ciò significa che è proprio la sua identità di donna e di musulmana praticante la causa della sua discriminazione".
Emilia Roig spiega come tutte le discriminazioni siano collegate tra sé, e si rafforzino a vicenda, per cui vadano affrontate in una prospettiva collettiva (Ph. Dietrich Kühne)
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