Francesco Cannadoro: rivoluzionare il concetto di disabilità con la semplicità “a prova di bambino”
Prima che la malattia di suo figlio Tommaso catapultasse lui e la sua famiglia nel mondo della disabilità, Francesco Cannadoro ...
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Prima che la malattia di suo figlio Tommaso catapultasse lui e la sua famiglia nel mondo della disabilità, Francesco Cannadoro era stato animatore nei villaggi turistici e da qualche anno faceva il barista. La parlantina spigliata, il linguaggio vivace, l'atteggiamento amichevole e coinvolgente con tutti erano la sua natura, non soltanto il suo mestiere. Quando ha scoperto che Tommi aveva una malattia neurodegenerativa ignota (tutt'oggi priva di diagnosi), ha deciso di smettere di lavorare per non perdersi neanche un minuto di vita insieme al suo bambino. “Una patologia degenerativa come quella di mio figlio -racconta a Luce!- significa atrofia del cervelletto e conseguente ritardo psicomotorio. Col tempo sono subentrate anche la disfagia, l'epilessia e la cecità. Oggi Tommi si nutre attraverso una peg". Le aspettative di vita, per il piccolo, sono le più drammatiche. E Francesco questo lo sa bene, ma insieme a sua moglie Valentina non si è mai dato per vinto: “In Italia la burocrazia che riguarda la disabilità è un caos. Una famiglia che, come la mia, si trova sbattuta d'improvviso in questo mondo parallelo non sa davvero da che parte cominciare. Purtroppo c'è molta disinformazione. Ecco perché nel 2016 ho deciso di aprire un blog tutto mio, in cui ho provato a raccontare in modo leggero le nostre vicissitudini, nella speranza di incontrare altre famiglie nelle nostre medesime condizioni ed imparare da loro qualcosa. Con il tempo però la situazione mi è “sfuggita di mano”, nel senso che i follower di Facebook sono diventati 100.000, quelli di Instagram altri 100.000 e il canale YouTube appena aperto sta crescendo vistosamente. La gente pensava che fossimo esperti in materia, ma alla fine è nato un percorso di mutuo aiuto nel quale tutti impariamo uno dall'altro”.
Oggi la sua presenza sui social è diventata un lavoro... "Sì, un lavoro che mi permette di stare con mio figlio e di godermi ogni istante della sua vita fino a che c'è. Mi sono anche state fatte proposte commerciali ed editoriali. Ho scritto tre libri, l'ultimo dei quali 'Io e il drago' (DeAgostini Editore), racconta la disabilità attraverso gli occhi di mio figlio. Lo scopo è quello di parlare di questa realtà ai più giovani (è un 9+). Infatti, oltre a presentazioni ufficiali è in essere un progetto parallelo di eventi nelle scuole, in collaborazione con l'editore, che sta riscuotendo un discreto successo per tematiche e approccio. Sui social, da anni, affronto il tema della disabilità e della genitorialità in relazione ad essa, facendomi promotore di una narrazione dinamica e di facile comprensione, senza tanta retorica e completamente priva di pietismo - cosa questa assolutamente necessaria se vogliamo favorire l'inclusione, che deve passare proprio dalla normalizzazione della disabilità. Tra le pagine del libro Tommi affronta argomenti come l'ospedalizzazione, la malattia, la scuola, l'amicizia, l'amore, la paura, il coraggio, la tristezza e la felicità. Il tutto, con un tono adatto ad un ventaglio di età abbastanza ampio".
Ha detto che questo è il terzo libro che ha scritto. Gli altri due? "I primi due erano di stampo autobiografico, focalizzati insomma sul punto di vista paterno. In 'Cuciti al cuore' raccontavo la mia avventura di padre, in 'Quanto mi servivi' approfondivo il mio passato, quando da ragazzino vivevo in una comunità - alloggio per minori - perché i miei non potevano occuparsi di me. Mio padre aveva una nuova famiglia, mia madre era tossico dipendente”.
Come fa una scuola che decide di ospitarla a mettersi in contatto con lei? "DeAgostini ha messo a disposizione un indirizzo mail per poterci contattare: [email protected]. Qui le scuole possono richiedere un incontro con me e quel che ne viene fuori è una vera e propria magia...perché i bambini riescono a fare domande semplici e giuste. Se le stesse domande se le ponessero anche gli adulti, il mondo andrebbe avanti da solo. Per esempio, spesso e volentieri nei nostri incontri i bambini mi chiedono 'Ma se ci sono le scale, Tommi come fa a salire, visto che ha le ruote?'".