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Home » Attualità » Primo maggio, Festa dei lavoratori (non delle lavoratrici): una donna su 2 non ha un impiego

Primo maggio, Festa dei lavoratori (non delle lavoratrici): una donna su 2 non ha un impiego

Caporalato tradizionale e digitale, smart working poco ‘smart’, carichi di lavoro aumentati e il processo del superamento del gender gap che con la pandemia ha subito uno stop

Maurizio Costanzo
1 Maggio 2022
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Il 1° maggio è la festa del lavoratori. Ma considerando il tasso di occupazione al femminile in Italia e tutta una serie di stereotipi duri a morire, che limitano, frenano, e precludono l’accesso a determinati ruoli, le donne hanno davvero qualcosa da festeggiare? Ben poco, se si guarda alla parità retributiva uomo-donna e ai ruoli al vertice e di potere. Il recente rapporto Irpet sui ‘Divari di genere in Toscana’ ha tracciato un quadro ben poco roseo: una donna su due non lavora perché è impossibilitata, per forza di cose, a conciliare la famiglia con gli orari professionali, e si trova quindi ad essere “costretta” a scegliere tra marito, figli e lavoro, e molto spesso è quest’ultimo ad essere penalizzato. Un dato che rispecchia tristemente quello italiano. Non va meglio per chi un lavoro ce l’ha e anche le competenze per assumere posizioni di ruolo: in Italia fare carriera e puntare al vertice resta ancora un miraggio. Sempre secondo questo rapporto, le manager al femminile risultano essere appena il 28 per cento del totale e, come se non bastasse, la pandemia, ha peggiorato le cose, e rallentato nel mercato del lavoro il superamento del cosiddetto gender gap.

Nei campi agricoli e soprattutto al Sud Italia le donne sono vittime di sfruttamento e caporalato

Agricoltura, donne vittime di sfruttamento e caporalato

Altra piaga, il lavoro che quando c’è non è regolamentato, anzi è in nero oppure oggetto di sfruttamento, soprattutto nei campi agricoli e soprattutto al sud. Ed è proprio per riflettere su questo tema che a Roma il 3 maggio, alle ore 10, presso la Sala Tevere della Regione Lazio, si terrà un incontro pubblico per riflettere e discutere di ‘Donne vittime di sfruttamento e caporalato in agricoltura’. Promosso dalla capogruppo della Lista Civica Zingaretti Marta Bonafoni, dopo i saluti istituzionali dei due assessori, Enrica Onorati all’agricoltura e pari opportunità, e Claudio Di Berardino al lavoro, il dibattito avrà gli interventi di diversi relatori che tracceranno la situazione e affronteranno il problema da più fronti. Michele Azzola della Cgil, Marco Omizzolo, Fabio Ciconte dell’associazione ambientalista Terra!, Margherita Romanelli di We World, Salvatore Stingo di Confcooperative Fedagripesca Lazio, Carmela Morabito di Parsec. “Molto spesso, gli studi e i fatti di cronaca ci mostrano come siano proprio le donne a pagare il prezzo più alto di questa situazione di sfruttamento e privazione dei diritti più basilari – commenta la consigliera Bonafoni -. In questi anni, anche grazie alla nostra azione in consiglio regionale e al lavoro della Giunta, abbiamo compiuto un deciso passo in avanti, arrivando all’approvazione di una specifica legge per contrastare questo fenomeno. Ma la strada per garantire i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori è ancora lunga, ha bisogno di determinazione, di confronto e di fare rete. Anche questo è il senso dell’incontro di martedì’’.

C’è un’altra piaga, ancora poco nota, che si va facendo pericolosamente spazio: quella del cosiddetto ‘caporalato digitale’, che non riguarda solo i comparti del corrierato, del magazzino e dei trasporti a lunga percorrenza, ma anche lo stesso lavoro in agricoltura. Dove i trasporti e gli alloggi, essendo intermediati da algoritmi, non risultano essere immuni da segnali di grave sfruttamento. E proprio per far fronte al rischio che l’intelligenza artificiale in generale possa trasformarsi in uno strumento senza controllo del tutto simile, o addirittura peggiore, del caporalato tradizionale, la Commissione Lavoro di palazzo Madama sta pensando a proposte normative.

Smart working
Isolamento, alienazione, legami virtuali, intensificazione del lavoro. Lo smart working in Italia è per le donne molto working e poco smart

Smart working, maggiori carichi di lavoro per le donne

Altro capitolo, lo smart working. Se durante la pandemia a pagare il prezzo più alto dell’emergenza, durante la quale ci si è dovuti adeguare al lavoro digitale, è stato come sempre l’anello più debole, cioè quello al femminile, riguardo al futuro il lavoro da remoto continuerà anche nel dopo pandemia per circa 4,5 milioni di occupati. Lo ha reso noto il ministro del Lavoro Andrea Orlando. Ma quanto ai benefici del lavorare da casa, per le donne sono stati davvero maggiori come si pensa? Si è parlato di migliori condizioni di vita per il lavoratore, e dei benefici di non prendere l’auto per raggiungere l’ufficio, tanto per l’inquinamento che per la congestione dei centri urbani. Vista con gli occhi delle donne però, la situazione non è migliorata, anzi. Dopo che durante i difficili anni della pandemia si sono fatte carico della chiusura della scuola e dei servizi, lavorando da casa finiscono per dedicare più ore al lavoro domestico. Quelle che hanno conservato un’occupazione da remoto, hanno utilizzato il tempo per raggiungere l’ufficio per caricare la lavatrice o per rifare i letti. Senza considerare che il lavoro fuori casa in un certo modo rompeva gli schemi consolidati al maschile, e gli orari non erano quelli dettati sempre e solo dal lavoro del partner.

Per chi non può lavorare da remoto, divise tra lavoro e famiglia, molto spesso devono accontentarsi di lavori (e contratti) a tempo determinato. Se dunque l’occupazione generale di inizio 2022 è in ripresa, con una prevalenza delle assunzioni stabili, il saldo è negativo per i contratti stagionali (-8.017) ed intermittenti (-4.589). E non mancano le difficoltà che incontra l’imprenditoria femminile, modello di autodeterminazione sì, ma ancora troppo spesso soggetta a discriminazioni di genere.

Una fotografia che racconta molto della situazione delle donne, e della reale possibilità di costruirsi il proprio futuro ai nostri giorni. Insomma, c’è ancora tanto da fare per arrivare a tagliare il traguardo di una parità di genere effettiva e tangibile. Anche quest’anno sarà dunque un 1° maggio di tappe raggiunte e obiettivi cui puntare, per permettere davvero alle ragazze di oggi, donne e lavoratrici di domani, di sentirsi pienamente libere e realizzate anche professionalmente, senza dover più essere costrette a scegliere tra un figlio e una carriera professionale.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Il 1° maggio è la festa del lavoratori. Ma considerando il tasso di occupazione al femminile in Italia e tutta una serie di stereotipi duri a morire, che limitano, frenano, e precludono l’accesso a determinati ruoli, le donne hanno davvero qualcosa da festeggiare? Ben poco, se si guarda alla parità retributiva uomo-donna e ai ruoli al vertice e di potere. Il recente rapporto Irpet sui ‘Divari di genere in Toscana’ ha tracciato un quadro ben poco roseo: una donna su due non lavora perché è impossibilitata, per forza di cose, a conciliare la famiglia con gli orari professionali, e si trova quindi ad essere “costretta” a scegliere tra marito, figli e lavoro, e molto spesso è quest’ultimo ad essere penalizzato. Un dato che rispecchia tristemente quello italiano. Non va meglio per chi un lavoro ce l’ha e anche le competenze per assumere posizioni di ruolo: in Italia fare carriera e puntare al vertice resta ancora un miraggio. Sempre secondo questo rapporto, le manager al femminile risultano essere appena il 28 per cento del totale e, come se non bastasse, la pandemia, ha peggiorato le cose, e rallentato nel mercato del lavoro il superamento del cosiddetto gender gap.
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Smart working
Isolamento, alienazione, legami virtuali, intensificazione del lavoro. Lo smart working in Italia è per le donne molto working e poco smart

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Altro capitolo, lo smart working. Se durante la pandemia a pagare il prezzo più alto dell’emergenza, durante la quale ci si è dovuti adeguare al lavoro digitale, è stato come sempre l’anello più debole, cioè quello al femminile, riguardo al futuro il lavoro da remoto continuerà anche nel dopo pandemia per circa 4,5 milioni di occupati. Lo ha reso noto il ministro del Lavoro Andrea Orlando. Ma quanto ai benefici del lavorare da casa, per le donne sono stati davvero maggiori come si pensa? Si è parlato di migliori condizioni di vita per il lavoratore, e dei benefici di non prendere l’auto per raggiungere l’ufficio, tanto per l’inquinamento che per la congestione dei centri urbani. Vista con gli occhi delle donne però, la situazione non è migliorata, anzi. Dopo che durante i difficili anni della pandemia si sono fatte carico della chiusura della scuola e dei servizi, lavorando da casa finiscono per dedicare più ore al lavoro domestico. Quelle che hanno conservato un’occupazione da remoto, hanno utilizzato il tempo per raggiungere l’ufficio per caricare la lavatrice o per rifare i letti. Senza considerare che il lavoro fuori casa in un certo modo rompeva gli schemi consolidati al maschile, e gli orari non erano quelli dettati sempre e solo dal lavoro del partner. Per chi non può lavorare da remoto, divise tra lavoro e famiglia, molto spesso devono accontentarsi di lavori (e contratti) a tempo determinato. Se dunque l’occupazione generale di inizio 2022 è in ripresa, con una prevalenza delle assunzioni stabili, il saldo è negativo per i contratti stagionali (-8.017) ed intermittenti (-4.589). E non mancano le difficoltà che incontra l’imprenditoria femminile, modello di autodeterminazione sì, ma ancora troppo spesso soggetta a discriminazioni di genere. Una fotografia che racconta molto della situazione delle donne, e della reale possibilità di costruirsi il proprio futuro ai nostri giorni. Insomma, c’è ancora tanto da fare per arrivare a tagliare il traguardo di una parità di genere effettiva e tangibile. Anche quest’anno sarà dunque un 1° maggio di tappe raggiunte e obiettivi cui puntare, per permettere davvero alle ragazze di oggi, donne e lavoratrici di domani, di sentirsi pienamente libere e realizzate anche professionalmente, senza dover più essere costrette a scegliere tra un figlio e una carriera professionale.
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