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Home » Attualità » “11 settembre, l’attacco alle torri e la fame di petrolio degli Stati Uniti. Un retroscena ancora tutto da approfondire”

“11 settembre, l’attacco alle torri e la fame di petrolio degli Stati Uniti. Un retroscena ancora tutto da approfondire”

Ugo Bardi, docente di chimica fisica, si trovava a Berkeley, negli Usa al momento degli attentati. La cui genesi sarebbe collegata al complesso quadro del fabbisogno energetico statunitense. Allora coperto con l'accesso al petrolio asiatico e oggi soddisfatto con fonti alternative, in prevalenza solari

Domenico Guarino
11 Settembre 2021
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Chiunque abbia più di 30anni oggi ha il ‘suo’ 11 Settembre. L’attacco alle Torri Gemelle, il simbolo della città che era ed è il simbolo degli Stati Uniti e dell’Occidente inteso come complesso di valori, di politiche, di stili di vita, è stato per tutti shock inatteso e fortissimo. Uno shock che ha cambiato la nostra percezione del mondo, il rapporto con gli altri, il nostro stesso indentificarci come componenti di una ‘civiltà’ in rapporto o in opposizione con altre ‘civiltà’. La guerra dentro casa, anche se in quella ‘casa’, che veniva giù con immagini entrate nella storia anche della comunicazione, noi non c’eravamo.

Ma era come se ci fossimo.

Da allora nulla è stato più come prima.
Il professor Ugo Bardi , docente di chimica fisica all’università di Firenze, uno dei più letti divulgatori scientifici, studioso in particolare degli idrocarburi e del petrolio, in quei giorni si trovava negli States.

 

Dov’era l’11/9/01?

“Negli Stati Uniti, lavoravo come ricercatore all’università di Berkeley, in California”.

Come venne a conoscenza della notizia?

“Ricordo benissimo che avevo fatto colazione a casa, sulla collina di Berkeley. Prima di uscire per andare al mio ufficio, passai di fronte  al televisore acceso nel soggiorno. Ho visto la prima torre in fiamme e mi chiesi che razza di film fosse. Poi, quel giorno, a lavorare non ci andai“.

Quale fu la sua reazione immediata?

“Quando ti trovi davanti all’inaspettato, non riesci veramente a inquadrarlo in quello che pensi del mondo. Nell’immediato, fu uno spaesamento quasi totale. Il laboratorio dove lavoravo rimase chiuso per una decina di giorni. Non avevo contatti con nessuno, potevo soltanto aggirarmi per Berkeley con aria spettrale. Berkeley, all’epoca (e ancora oggi) era una città piena di librerie. Ho passato giornate intere frugando fra scaffali e scaffali, cercando di capire cosa stava succedendo. E alla fine trovai la risposta”.

Quale?

“Era tutto scritto in un libro che si intitola “La vista dal Picco di Hubbert”; di Kenneth Deffeyes, geologo americano che più tardi avrei conosciuto di persona. Raccontava una storia che non avevo mai sentito prima. Negli anni 1950, un altro geologo americano, Marion King Hubbert, fece uno studio secondo il quale gli Stati Uniti avrebbero visto l’inizio del declino della loro produzione petrolifera a partire dal 1970. Ciò avrebbe significato la fine dell’Impero Americano a meno che non si fossero trovate nuove risorse petrolifere da controllare. La previsione di Hubbert poi si rivelò corretta e la scarsità di petrolio mise in grave difficoltà economica gli Stati Uniti. Il libro di Deffeyes non parlava di geopolitica, ma si intuiva che la base della faccenda era quella. Più tardi, avrei trovato documenti del congresso Americano in cui già dagli anni 1990 si parlava del controllo dell’Afghanistan per ottenere l’accesso alle risorse petrolifere del Mar Caspio che, allora, si ritenevano enormi. Poi, la storia si è sgonfiata, le famose “enormi risorse” si sono rivelate illusorie. Ma il concetto di controllare il Medio Oriente e l’Asia Centrale è rimasto fino ad oggi, quando poi anche la questione Afghanistan è crollata. Allora come oggi non sapevo quali manovre fossero dietro lo scontro che aveva portato agli attacchi del 9/11, ma indubbiamente erano tutte cose correlate: la scarsità di petrolio era ed è tuttora alla base di tutta la politica”.

Il professor Ugo Bardi

Da quanto afferma, si evince che l’attacco alle torri e agli altri obiettivi, rappresenterebbero il casus belli indispensabile per scatenare una guerra altrimenti non giustificabile. Ritiene dunque ci siano stati non solo una matrice economica, ma anche un decisivo concorso dell’Occidente,  negli attentati di 20 anni fa?

“All’epoca non sapevo quali manovre fossero dietro lo scontro che aveva portato agli attacchi del 9/11. Non è necessario pensare che, come è stato detto più volte, il governo americano fosse complice o connivente con gli attaccanti, cosa per la quale non abbiamo nessuna evidenza. Ma mi era chiaro allora, come mi è chiaro oggi, che gli attacchi erano l’espressione di un conflitto strategico fondamentale creato dal ruolo del petrolio nell’economia globale. Da una parte, gli stati occidentali consideravano il Medio Oriente e l’Asia centrale come una zona da controllare militarmente fin dal tempo della “dottrina Carter” del 1980. Dall’altra, gli stati produttori che facevano capo all’OPEC e che erano intenzionati a mantenere il controllo sulle loro risorse petrolifere anche per mezzo di interruzioni nelle forniture, come era successo con l’embargo petrolifero del 1973. Gli attacchi del 9/11 furono usati come un “casus belli” per l’invasione dell’Afghanistan, ma furono soltanto un episodio di un conflitto molto più vasto ed esteso nel tempo e che dura ancora oggi”.

In che modo quell’evento ha influenzato la sua vita ed anche le sue scelte professionali?

“Già allora mi occupavo di petrolio, ma come chimico. Da allora ho cominciato a interessarmi dei fattori sociali, economici, e politici correlati al petrolio. Sono stati venti anni di ricerca in un campo interessantissimo. Ho conosciuto tutto il mondo dei geologi petroliferi, come pure il mondo dei ricercatori in campo energetico. E’ una storia di una complessità spaventosa, ma è la chiave per cercare di capire che cosa sta succedendo”.

La bandiera americana sventola tra le macerie del World Trade Center a New York, alcune ore dopo l’attentato

Quali riflessioni le ispira quell’evento, a venti anni di distanza?

“Entro certi limiti, la storia del petrolio si avvia verso la sua conclusione. Sia perché ne rimane sempre meno, sia perché non possiamo permetterci di inquinare ancora l’atmosfera bruciandolo. Adesso il gioco è completamente diverso. Consiste nel dominio delle nuove tecnologie energetiche che faranno la differenza per il resto del secolo. Forse saranno tecnologie nucleari, ma molto più probabilmente saranno le nuove tecnologie solari ad alta efficienza. Chi resta fuori da questo giro, ancorato alle vecchie tecnologie petrolifere, sarà in grave difficoltà per sopravvivere alle condizioni difficili che ci aspettano nel resto del secolo”.

 

È un evento storico che ha esaurito le sue conseguenze, o ancora no?

“Per tutto quello che ho detto, possono valere entrambe le risposte. Lo è e non lo è. A seconda di come si guardi alla questione”.

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«Gli squali che si aggirano nella vasca di cui parlo sono le mie insicurezze e le mie ansie. Il peso delle aspettative, anche se non provo sensi di inadeguatezza verso quel che faccio. I pescecani basta conoscerli per sapere che non sono tutti pericolosi.»

 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
Chiunque abbia più di 30anni oggi ha il ‘suo’ 11 Settembre. L’attacco alle Torri Gemelle, il simbolo della città che era ed è il simbolo degli Stati Uniti e dell’Occidente inteso come complesso di valori, di politiche, di stili di vita, è stato per tutti shock inatteso e fortissimo. Uno shock che ha cambiato la nostra percezione del mondo, il rapporto con gli altri, il nostro stesso indentificarci come componenti di una ‘civiltà’ in rapporto o in opposizione con altre ‘civiltà’. La guerra dentro casa, anche se in quella ‘casa’, che veniva giù con immagini entrate nella storia anche della comunicazione, noi non c’eravamo. Ma era come se ci fossimo. Da allora nulla è stato più come prima. Il professor Ugo Bardi , docente di chimica fisica all’università di Firenze, uno dei più letti divulgatori scientifici, studioso in particolare degli idrocarburi e del petrolio, in quei giorni si trovava negli States.   Dov'era l’11/9/01? "Negli Stati Uniti, lavoravo come ricercatore all’università di Berkeley, in California". Come venne a conoscenza della notizia? "Ricordo benissimo che avevo fatto colazione a casa, sulla collina di Berkeley. Prima di uscire per andare al mio ufficio, passai di fronte  al televisore acceso nel soggiorno. Ho visto la prima torre in fiamme e mi chiesi che razza di film fosse. Poi, quel giorno, a lavorare non ci andai". Quale fu la sua reazione immediata? "Quando ti trovi davanti all’inaspettato, non riesci veramente a inquadrarlo in quello che pensi del mondo. Nell'immediato, fu uno spaesamento quasi totale. Il laboratorio dove lavoravo rimase chiuso per una decina di giorni. Non avevo contatti con nessuno, potevo soltanto aggirarmi per Berkeley con aria spettrale. Berkeley, all’epoca (e ancora oggi) era una città piena di librerie. Ho passato giornate intere frugando fra scaffali e scaffali, cercando di capire cosa stava succedendo. E alla fine trovai la risposta". Quale? "Era tutto scritto in un libro che si intitola “La vista dal Picco di Hubbert”; di Kenneth Deffeyes, geologo americano che più tardi avrei conosciuto di persona. Raccontava una storia che non avevo mai sentito prima. Negli anni 1950, un altro geologo americano, Marion King Hubbert, fece uno studio secondo il quale gli Stati Uniti avrebbero visto l’inizio del declino della loro produzione petrolifera a partire dal 1970. Ciò avrebbe significato la fine dell’Impero Americano a meno che non si fossero trovate nuove risorse petrolifere da controllare. La previsione di Hubbert poi si rivelò corretta e la scarsità di petrolio mise in grave difficoltà economica gli Stati Uniti. Il libro di Deffeyes non parlava di geopolitica, ma si intuiva che la base della faccenda era quella. Più tardi, avrei trovato documenti del congresso Americano in cui già dagli anni 1990 si parlava del controllo dell’Afghanistan per ottenere l’accesso alle risorse petrolifere del Mar Caspio che, allora, si ritenevano enormi. Poi, la storia si è sgonfiata, le famose “enormi risorse” si sono rivelate illusorie. Ma il concetto di controllare il Medio Oriente e l’Asia Centrale è rimasto fino ad oggi, quando poi anche la questione Afghanistan è crollata. Allora come oggi non sapevo quali manovre fossero dietro lo scontro che aveva portato agli attacchi del 9/11, ma indubbiamente erano tutte cose correlate: la scarsità di petrolio era ed è tuttora alla base di tutta la politica".
Il professor Ugo Bardi
Da quanto afferma, si evince che l’attacco alle torri e agli altri obiettivi, rappresenterebbero il casus belli indispensabile per scatenare una guerra altrimenti non giustificabile. Ritiene dunque ci siano stati non solo una matrice economica, ma anche un decisivo concorso dell'Occidente,  negli attentati di 20 anni fa? "All’epoca non sapevo quali manovre fossero dietro lo scontro che aveva portato agli attacchi del 9/11. Non è necessario pensare che, come è stato detto più volte, il governo americano fosse complice o connivente con gli attaccanti, cosa per la quale non abbiamo nessuna evidenza. Ma mi era chiaro allora, come mi è chiaro oggi, che gli attacchi erano l’espressione di un conflitto strategico fondamentale creato dal ruolo del petrolio nell’economia globale. Da una parte, gli stati occidentali consideravano il Medio Oriente e l’Asia centrale come una zona da controllare militarmente fin dal tempo della “dottrina Carter” del 1980. Dall’altra, gli stati produttori che facevano capo all’OPEC e che erano intenzionati a mantenere il controllo sulle loro risorse petrolifere anche per mezzo di interruzioni nelle forniture, come era successo con l’embargo petrolifero del 1973. Gli attacchi del 9/11 furono usati come un “casus belli” per l’invasione dell’Afghanistan, ma furono soltanto un episodio di un conflitto molto più vasto ed esteso nel tempo e che dura ancora oggi". In che modo quell’evento ha influenzato la sua vita ed anche le sue scelte professionali? "Già allora mi occupavo di petrolio, ma come chimico. Da allora ho cominciato a interessarmi dei fattori sociali, economici, e politici correlati al petrolio. Sono stati venti anni di ricerca in un campo interessantissimo. Ho conosciuto tutto il mondo dei geologi petroliferi, come pure il mondo dei ricercatori in campo energetico. E’ una storia di una complessità spaventosa, ma è la chiave per cercare di capire che cosa sta succedendo".
La bandiera americana sventola tra le macerie del World Trade Center a New York, alcune ore dopo l'attentato
Quali riflessioni le ispira quell’evento, a venti anni di distanza? "Entro certi limiti, la storia del petrolio si avvia verso la sua conclusione. Sia perché ne rimane sempre meno, sia perché non possiamo permetterci di inquinare ancora l’atmosfera bruciandolo. Adesso il gioco è completamente diverso. Consiste nel dominio delle nuove tecnologie energetiche che faranno la differenza per il resto del secolo. Forse saranno tecnologie nucleari, ma molto più probabilmente saranno le nuove tecnologie solari ad alta efficienza. Chi resta fuori da questo giro, ancorato alle vecchie tecnologie petrolifere, sarà in grave difficoltà per sopravvivere alle condizioni difficili che ci aspettano nel resto del secolo".   È un evento storico che ha esaurito le sue conseguenze, o ancora no? "Per tutto quello che ho detto, possono valere entrambe le risposte. Lo è e non lo è. A seconda di come si guardi alla questione".
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