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Home » Attualità » Lucas, bullizzato perché gay, 13enne francese si suicida. Sul diario: “Voglio farla finita“

Lucas, bullizzato perché gay, 13enne francese si suicida. Sul diario: “Voglio farla finita“

Da mesi l'adolescente, deriso da alcuni compagni per la sua omosessualità, aveva manifestato un forte disagio alla madre. Nascosto in un cassetto il suo grido di dolore

Lucia Lapi
14 Gennaio 2023
Lucas, il tredicenne francese che si è tolto la vita

Lucas, il tredicenne francese che si è tolto la vita

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Aveva dichiarato ai compagni di scuola di essere gay, e da quel momento è stato oggetto di continui atti di bullismo. Lo aveva riferito ai genitori, che avevano a loro volta informato della situazione gli insegnanti. Ma le vessazioni sono continuate, e il 7 gennaio scorso, Lucas, 13 anni, ha deciso di togliersi la vita, suicidandosi nella sua di Golbey, piccole centro sui Vosgi, in Francia. Lo riportano i media locali.

Il caso ha suscitato clamore in tutto il Paese: appena un anno fa, un’altra giovanissima vittima di bullismo si era tolta la vita. E oggi come allora, sotto accusa è finita la scuola. I genitori di Lucas hanno annunciato, per voce del loro avvocato, che presenteranno una denuncia, rivolta in particolare ai responsabili dell’istituto in cui studiava il figlio. Secondo quanto dichiarato dal pubblico ministero, Frédéric Nahon, la madre del ragazzino aveva denunciato già nel settembre scorso al servizio scolastico locale i presunti “atti di molestia commessi dagli studenti del suo istituto, a causa della sua omosessualità”.

Brigitte Macron, moglie del presidente francese Emmanuel Macron
Brigitte Macron, moglie del presidente francese Emmanuel Macron, ha fatto della lotta al bullismo scolastico “la sua battaglia”

Ma dopo aver convocato i presunti responsabili, la scuola non aveva preso provvedimenti. Secondo quanto sostenuto dal provveditorato, il preside non aveva intrapreso azioni perché, durante un incontro successivo alla denuncia dei fatti e alla convocazione degli studenti, la famiglia di Lucas avrebbe comunicato che non si erano verificati più episodi di bullismo. Su questo aspetto farà luce l’inchiesta che verrà aperta in seguito alla denuncia dei genitori. Sul caso è intervenuta la first lady Brigitte Macron, che ha fatto della lotta al bullismo scolastico “la sua battaglia”: Sono favorevole alla sensibilizzazione del personale docente e di coloro che lavorano nelle università e nelle scuole superiori per identificare meglio i casi di molestie”, ha affermato a Le Parisien.

Il messaggio disperato

“Voglio farla finita“, aveva scritto Lucas nel diario
“Voglio farla finita“, aveva scritto Lucas sul suo diario

“Voglio farla finita“, aveva scritto Lucas sul suo diario che teneva chiuso nel cassetto della scrivania, in cameretta. Vittima del bullismo, deriso dai compagni a causa di un’omosessualità che non cercava di nascondere, non ha voluto confidare ai genitori la sua pena, né aveva ritenuto di dover comporre il numero nazionale 3020 riservato alle denunce per questo genere  di molestie. I funerali si sono svolti ieri pomeriggio nel villaggio di Golbey, nei Vosgi, in cui Lucas si era trasferito un anno fa con la famiglia dalla vicina città di Epinal. Gran parte degli 8 mila abitanti sono sfilati in silenzio, alcuni di loro esibendo un simbolo Lgbtq. C’erano fra loro molti compagni della scuola “Louis-Armand”, un istituto che comprende 700 allievi. “Non avremmo mai potuto immaginare questa tragedia. Giocavamo spesso insieme durante l’intervallo nel cortile della scuola. Sapevo che alcuni fra i più grandi lo prendevano in giro, ma Lucas non ne parlava, non raccontava niente a nessuno. Era sempre silenzioso, chiuso in se stesso. Negli ultimi giorni mi era sembrato particolarmente tranquillo, sembrava che stesse meglio. È terribile pensare che adesso non c’è più, non riesco a credere che sia vero”, le parole di Alice, una delle compagne di classe.

Il post di di Terrence Khatchadourian
Il post della blogger e attivista Terrence Khatchadourian

Nel diario dell’adolescente esaminato dagli inquirenti non ci sono allusioni dirette alle ragioni del suicidio, ma i primi interrogatori dei conoscenti e dei vicini della famiglia hanno confermato l’esistenza di ripetute prese in giro e insulti a carattere omofobo. Il procuratore della repubblica Frédéric Nahon, cui è affidata l’inchiesta, sta cercando di determinare “il contenuto esatto delle ingiurie, la durata nel tempo degli atti di bullismo e le eventuali omissioni da parte di chi era a conoscenza dei fatti”. Non sono state presentate denunce. Secondo il magistrato la madre di Lucas si era rivolta due mesi fa agli insegnanti della classe per allertarli sul pericolo che incombeva su suo figlio. Il preside aveva convocato quattro alunni, senza decidere alcun provvedimento. Nelle settimane successive la situazione era sembrata migliorare e Lucas aveva detto che gli attacchi nei suoi confronti erano  smessi. “La famiglia è distrutta dal dolore. La madre del ragazzino chiede giustizia, vuole che l’inchiesta individui i responsabili affinché siano puniti – ha sottolineato l’avvocatessa Catherine Faivre -. Lucas aveva confidato la propria omosessualità e i compagni ne erano a conoscenza”.

L’omofobia uccide

“L’omofobia uccide”, ha commentato il ministro dei trasporti Clément Beaune. Secondo le statistiche più recenti ogni anno in Francia 700 mila alunni sono vittime di molestie a scuola. Riconosciuto dal 2 marzo scorso come crimine, il bullismo viene punito con 10 anni di carcere in caso di suicidio o tentato suicidio della vittima. “L’inchiesta ci permetterà di saperne di più, ma quello che sappiamo è che all’inizio di settembre la madre di Lucas e lui stesso avevano confidato le prese di giro per l’orientamento sessuale di Lucas”, le parole di  Valérie Dautreme, direttrice dell’istituto che ha sede nei Vosgi.

 

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  • Si sa, con l’età che avanza il rischio di ritrovarsi da soli aumenta, man mano che scompaiono anche le persone care con cui si sono costruiti affetti, legami. È un processo inevitabile, chiamato vita. Ma questa situazione rischia di aggravare la condizione di chi resta. 

Per questo anche un piccolo gesto, un’attività poco impegnativa ma costante e partecipata, può regalare gioie inaspettate. La fama in paese del signor Peter Davies, 100 anni, è dovuta a un hobby improbabile per la sua età: insegnare a leggere ai bambini.

Veterano della Seconda Guerra Mondiale, che è addirittura stato insignito della Medaglia dell’Impero Britannico (BEM) nell’ambito delle onorificenze del Re per il nuovo anno, Davies ha iniziato sei anni fa ad offrirsi volontario per dare una mano alla Dean Valley Community Primary School, scuola elementare di Macclesfield, Cheshire, in Inghilterra, dopo che l’amata moglie di 72 anni è venuta a mancare. 

Una vera e propria “fonte di ispirazione” per i cittadini, ma per l’arzillo centenario aiutare i bambini è un’attività che lo fa sentire nuovamente parte di una collettività. Peter racconta alla BBC che quando i piccoli alunni con cui legge lo chiamano per strada, riconoscendolo e salutandolo calorosamente, “si sente alto tre metri”. 

La stessa direttrice della scuola, Vicky McPherson, lo ha descritto come “ispiratore, generoso, premuroso e attento“. “Ha dedicato il suo tempo a così tanti bambini negli ultimi sei anni per instillare l’amore per la lettura che non potremo mai ringraziarlo abbastanza”, ha dichiarato la preside. Lui, invece, si sente semplicemente “una persona qualunque che fa qualcosa di utile per affrontare la settimana”.

Il signor Davies, che ha prestato servizio nell’Army Air Corps, ha spiegato che gli piaceva veder crescere la fiducia dei bambini nei suoi confronti, un po’ come un nonno acquisito che racconta ai più piccoli le sue avventure passate. “I bambini sono fantastici, sono come spugne“, ha detto. “Sono sicuro che ne traggo più beneficio io che loro. È una sensazione piacevole e calorosa [che] mi appartiene. Non sono un vecchio che vive per conto suo. Faccio parte della comunità, il che è fantastico”. 

#lucenews
  • Una testa di leone in passerella apre le sfilate dell’alta moda parigina con tanto di polemiche animaliste. La sfilata Couture di Schiaparelli non è passata inosservata visto che gli abiti erano accompagnati da teste di animali: il leopardo, il leone e la lupa. 

Le teste simboleggiavano tre dei setti peccati capitali (lussuria, orgoglio e avarizia), per una rilettura della “Divina Commedia” che rientra nella vena surrealista che storicamente caratterizza il brand, che porta il nome dell’eclettica Elsa Schiaparelli, stilista ma soprattutto intellettuale e artista a cavallo delle sue due guerre mondiali, e che l’attuale direttore creativo della maison, Daniel Roseberry sta proseguendo in chiave contemporanea.

A sfoggiare un vestito monospalla in velluto nero sul quale troneggiava – in stile trofeo – una grossa testa di leone è stata la top model russa Irina Shayk. Ma in precedenza a spoilerare l’abito ci aveva pensato Kylie Jenner, la più giovane del clan Kardashian diffondendo alcuni scatti sui social. Durante la sfilata, inoltre, Naomi Campbell ha indossato un cappotto di pelliccia con testa di un lupo e Shalom Harlow, tornata di recente a calcare le catwalk, ha sfilato con un tubino maculato con una testa di un leopardo.

Tutti gli animali ovviamente erano finti e sono stati proposti da Roseberry in opere sorprendenti in finta tassidermia, costruite interamente a mano con schiuma, resina e altri materiali. Ovviamente sui social la polemica è scoppiata. Nonostante si tratti di faux fur, il web non ha apprezzato. In molti, forse non conoscendo il tema della sfilata ovvero le “tre fiere” di dantesca memoria, ci hanno visto un richiamo di cattivo gusto alla caccia, agli animali abbattuti come trofei e rimandi all’epoca coloniale.

L’imprenditrice digitale e influencer Chiara Ferragni, presente alla sfilata, si è fatta un selfie insieme a Kylie Jenner e al vestito “incriminato”. Nonostante abbia scritto che la testa del leone era finta, ha incassato più di una critica. Insomma, ai leoni da tastiera l’idea dello stilista non è piaciuta. 

#lucenews #parisfashionweek  #elsaschiaparelli #trefiere #divinacommedia #pfw2023
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  • Lo scontro tra i fan di Harry Potter e la creatrice della saga, JK Rowling, a causa delle affermazioni omotransfobiche dell’autrice, conosce un nuovo capitolo. 

A Toronto, in Canada, un giovane creatore di libri d’arte, Laur Flom, sta realizzando libri di Harry Potter nei quali il nome della Rowling non compare in copertina, né all’interno dei volumi, dove usualmente sono riportate le indicazioni del copyright, con il nome dell’autore. 

Lo scopo, dice, è di “aiutare le persone che sono fan di Harry Potter ma hanno un problema morale con la Rowling e la sua transfobia”. Quando si dice cancel culture: qui si cancella proprio materialmente. 

JK Rowling è stata accusata di transfobia dopo aver postato nel 2020 alcuni messaggi su Twitter nei quali obiettava contro l’uso della parola “persona” al posto della parola “donna” per “descrivere chi ha le mestruazioni”. In seguito, ha negato di essere transfobica, ma è stata ugualmente investita dalle critiche sui social. Ma se queste restano non condivisibili, anche l’impulso alla cancellazione del suo nome desta più di una perplessità. E a molti appare profondamente autoritario.

Laur Flom, artista canadese di origine ebraica, fa parte della comunità transgender. Parte degli incassi per le vendite dei libri sarà devoluta in beneficenza ad associazioni di trans. Flom, che ha 23 anni, ha postato su Tik Tok un video nel quale spiega come trasforma i libri della Rowling: il video è subito divenuto virale. 

“Non avevo un vero e proprio progetto. Ho iniziato per dispetto. Ho poco più di vent’anni: quando sono cresciuto, era quasi scontato leggere ‘Harry Potter’. Ma quando sono venute fuori le opinioni che la Rowling ha verso persone come me, mi è rimasto l’amaro in bocca. Poi tutto è cresciuto grazie alla piattaforma, e all’interesse delle persone nei libri”. 

A Flom occorrono dodici ore per modificare copertina e interno del libro. Ogni copia viene messa in vendita a 170 dollari. Ma l’artista propone anche ai possessori di libri di Harry Potter di inviargli le loro copie personali, per renderle “de-Rowlingizzate”.

Ma è davvero questa la strategia migliore?

#lucenews #harrypotter #jkrowling
Aveva dichiarato ai compagni di scuola di essere gay, e da quel momento è stato oggetto di continui atti di bullismo. Lo aveva riferito ai genitori, che avevano a loro volta informato della situazione gli insegnanti. Ma le vessazioni sono continuate, e il 7 gennaio scorso, Lucas, 13 anni, ha deciso di togliersi la vita, suicidandosi nella sua di Golbey, piccole centro sui Vosgi, in Francia. Lo riportano i media locali. Il caso ha suscitato clamore in tutto il Paese: appena un anno fa, un’altra giovanissima vittima di bullismo si era tolta la vita. E oggi come allora, sotto accusa è finita la scuola. I genitori di Lucas hanno annunciato, per voce del loro avvocato, che presenteranno una denuncia, rivolta in particolare ai responsabili dell’istituto in cui studiava il figlio. Secondo quanto dichiarato dal pubblico ministero, Frédéric Nahon, la madre del ragazzino aveva denunciato già nel settembre scorso al servizio scolastico locale i presunti “atti di molestia commessi dagli studenti del suo istituto, a causa della sua omosessualità”.
Brigitte Macron, moglie del presidente francese Emmanuel Macron
Brigitte Macron, moglie del presidente francese Emmanuel Macron, ha fatto della lotta al bullismo scolastico “la sua battaglia”
Ma dopo aver convocato i presunti responsabili, la scuola non aveva preso provvedimenti. Secondo quanto sostenuto dal provveditorato, il preside non aveva intrapreso azioni perché, durante un incontro successivo alla denuncia dei fatti e alla convocazione degli studenti, la famiglia di Lucas avrebbe comunicato che non si erano verificati più episodi di bullismo. Su questo aspetto farà luce l’inchiesta che verrà aperta in seguito alla denuncia dei genitori. Sul caso è intervenuta la first lady Brigitte Macron, che ha fatto della lotta al bullismo scolastico “la sua battaglia”: Sono favorevole alla sensibilizzazione del personale docente e di coloro che lavorano nelle università e nelle scuole superiori per identificare meglio i casi di molestie”, ha affermato a Le Parisien.

Il messaggio disperato

“Voglio farla finita“, aveva scritto Lucas nel diario
“Voglio farla finita“, aveva scritto Lucas sul suo diario
“Voglio farla finita“, aveva scritto Lucas sul suo diario che teneva chiuso nel cassetto della scrivania, in cameretta. Vittima del bullismo, deriso dai compagni a causa di un’omosessualità che non cercava di nascondere, non ha voluto confidare ai genitori la sua pena, né aveva ritenuto di dover comporre il numero nazionale 3020 riservato alle denunce per questo genere  di molestie. I funerali si sono svolti ieri pomeriggio nel villaggio di Golbey, nei Vosgi, in cui Lucas si era trasferito un anno fa con la famiglia dalla vicina città di Epinal. Gran parte degli 8 mila abitanti sono sfilati in silenzio, alcuni di loro esibendo un simbolo Lgbtq. C’erano fra loro molti compagni della scuola "Louis-Armand", un istituto che comprende 700 allievi. "Non avremmo mai potuto immaginare questa tragedia. Giocavamo spesso insieme durante l’intervallo nel cortile della scuola. Sapevo che alcuni fra i più grandi lo prendevano in giro, ma Lucas non ne parlava, non raccontava niente a nessuno. Era sempre silenzioso, chiuso in se stesso. Negli ultimi giorni mi era sembrato particolarmente tranquillo, sembrava che stesse meglio. È terribile pensare che adesso non c’è più, non riesco a credere che sia vero", le parole di Alice, una delle compagne di classe.
Il post di di Terrence Khatchadourian
Il post della blogger e attivista Terrence Khatchadourian
Nel diario dell’adolescente esaminato dagli inquirenti non ci sono allusioni dirette alle ragioni del suicidio, ma i primi interrogatori dei conoscenti e dei vicini della famiglia hanno confermato l’esistenza di ripetute prese in giro e insulti a carattere omofobo. Il procuratore della repubblica Frédéric Nahon, cui è affidata l’inchiesta, sta cercando di determinare "il contenuto esatto delle ingiurie, la durata nel tempo degli atti di bullismo e le eventuali omissioni da parte di chi era a conoscenza dei fatti". Non sono state presentate denunce. Secondo il magistrato la madre di Lucas si era rivolta due mesi fa agli insegnanti della classe per allertarli sul pericolo che incombeva su suo figlio. Il preside aveva convocato quattro alunni, senza decidere alcun provvedimento. Nelle settimane successive la situazione era sembrata migliorare e Lucas aveva detto che gli attacchi nei suoi confronti erano  smessi. "La famiglia è distrutta dal dolore. La madre del ragazzino chiede giustizia, vuole che l’inchiesta individui i responsabili affinché siano puniti - ha sottolineato l’avvocatessa Catherine Faivre -. Lucas aveva confidato la propria omosessualità e i compagni ne erano a conoscenza".

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