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Home » Attualità » A 23 anni muore da solo in ospedale a Firenze, la Asl: “Imprevedibile arresto cardio-respiratorio”

A 23 anni muore da solo in ospedale a Firenze, la Asl: “Imprevedibile arresto cardio-respiratorio”

Secondo la nota diffusa dall'Azienda sanitaria fiorentina, il giovane deceduto domenica 16 gennaio sarebbe morto "in maniera improvvisa". Alla madre era stato impedito l'accesso per le norme anti-Covid

Luca Marchetti
26 Gennaio 2022
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“Un improvviso e imprevedibile arresto cardio-respiratorio“. Per questo motivo, secondo la Asl Toscana centro, sarebbe morto il ragazzo di 23 anni, deceduto domenica 16 gennaio da solo nel letto dell’ospedale San Giovanni di Dio di Firenze, e la cui madre ha raccontato di non averlo potuto vedere perché bloccata, a causa delle norme anti-Covid, dai sanitari dell’ospedale.

Nella nota diffusa, la Asl fa sapere che i sanitari dell’ospedale San Giovanni di Dio sono “ancora molto provati e turbati per quanto accaduto e trasmettono ai familiari il loro personale cordoglio”. E poi spiega in merito alla morte del ragazzo: “In maniera improvvisa e non prevedibile si è verificato un arresto cardio-respiratorio e sono state immediatamente praticate le manovre rianimatorie a cui il paziente non ha risposto e purtroppo l’esito è stato infausto”.

Riguardo invece alla procedura per i parenti dei pazienti, la Asl ricorda che “le condizioni di salute dei ricoverati vengono comunicate telefonicamente ai familiari ogni due giorni, salvo situazioni di emergenza che richiedono contatti immediati, in ottemperanza a quanto disposto dalle norme in materia di sicurezza anti-contagio. La circolare regionale prevede infatti deroga di accesso dei parenti nei reparti nei seguenti casi: stato terminale o marcato aggravamento, minori o persone con disabilità. Casistica che non era applicabile nel caso del ragazzo”.

Dal ricovero all’arresto cardio-respiratorio, la dinamica della morte del ragazzo di 23 anni

Nel caso del ragazzo di 23 anni, ricoverato dal 13 gennaio per una sindrome emolitica che aveva fin da bambino, la Asl spiega che “il decorso clinico è stato stabile” e che “il paziente è stato trattato con terapia concordata con lo specialista ematologo”.  Il 14 gennaio i sanitari hanno informato la madre sulla situazione clinica “stabile” del figlio. Poi, il giorno successivo, gli è stato invece “somministrato – spiega la Asl – ossigeno a bassi flussi e il paziente è stato rivalutato dal medico. Alle 21.30 ne è stata data comunicazione alla madre. In quel momento il quadro clinico non mostrava instabilità e non lasciava prevedere una evoluzione precipitosa. Nel corso della serata il ragazzo è stato nuovamente rivalutato e, in accordo con gli specialisti è stata concordata una emotrasfusione. E di ciò la madre è stata avvertita. Nelle ore successive tutti i parametri si sono mantenuti stabili. Quindi alle 04.30 l’arresto cardio-respiratorio”.

Ospedale San Giovanni di Dio, Firenze

La versione della madre: “Nessuno ci aveva informato”

La dinamica del decesso del ragazzo è diversa, a quanto riferisce invece la madre. “Un pomeriggio mio figlio mi ha chiamata – ha detto giorni fa la mamma – dicendo che non riusciva a respirare e che aveva l’ossigeno. Ho telefonato in reparto perché non mi avevano nemmeno chiamato per dirmi che gli mettevano l’ossigeno e mi dicono che la situazione è grave, allora gli ho detto di farmi entrare. E mi hanno detto: ‘Signora, non la possiamo far entrare per il Covid, può portare qualche focolaio”, ha raccontato la madre del giovane. La famiglia sarebbe dunque stata avvertita della morte del ragazzo durante la notte. Il nonno ha infatti spiegato che “ci hanno fatto entrare in tre quando era già morto, ma non hanno fatto entrare una persona quando era vivo, per fargli avere un conforto dalla mamma”.

Il direttore di medicina interna dell’ospedale San Giovanni di Dio ha commentato così l’accaduto: “Ci sono cose che non hanno delle regole precise e vanno interpretate sul momento e forse non sempre si interpretano nella maniera corretta. Io stesso se potessi tornare indietro e fare qualcosa lo avrei sicuramente fatto e di questo ne prenderemo atto. Anche nelle esperienze peggiori – ha concluso così il direttore – bisogna trarre qualche seme per fare meglio nelle prossime situazioni”.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
"Un improvviso e imprevedibile arresto cardio-respiratorio". Per questo motivo, secondo la Asl Toscana centro, sarebbe morto il ragazzo di 23 anni, deceduto domenica 16 gennaio da solo nel letto dell'ospedale San Giovanni di Dio di Firenze, e la cui madre ha raccontato di non averlo potuto vedere perché bloccata, a causa delle norme anti-Covid, dai sanitari dell'ospedale. Nella nota diffusa, la Asl fa sapere che i sanitari dell'ospedale San Giovanni di Dio sono "ancora molto provati e turbati per quanto accaduto e trasmettono ai familiari il loro personale cordoglio". E poi spiega in merito alla morte del ragazzo: "In maniera improvvisa e non prevedibile si è verificato un arresto cardio-respiratorio e sono state immediatamente praticate le manovre rianimatorie a cui il paziente non ha risposto e purtroppo l'esito è stato infausto". Riguardo invece alla procedura per i parenti dei pazienti, la Asl ricorda che "le condizioni di salute dei ricoverati vengono comunicate telefonicamente ai familiari ogni due giorni, salvo situazioni di emergenza che richiedono contatti immediati, in ottemperanza a quanto disposto dalle norme in materia di sicurezza anti-contagio. La circolare regionale prevede infatti deroga di accesso dei parenti nei reparti nei seguenti casi: stato terminale o marcato aggravamento, minori o persone con disabilità. Casistica che non era applicabile nel caso del ragazzo".

Dal ricovero all'arresto cardio-respiratorio, la dinamica della morte del ragazzo di 23 anni

Nel caso del ragazzo di 23 anni, ricoverato dal 13 gennaio per una sindrome emolitica che aveva fin da bambino, la Asl spiega che "il decorso clinico è stato stabile" e che "il paziente è stato trattato con terapia concordata con lo specialista ematologo".  Il 14 gennaio i sanitari hanno informato la madre sulla situazione clinica "stabile" del figlio. Poi, il giorno successivo, gli è stato invece "somministrato - spiega la Asl - ossigeno a bassi flussi e il paziente è stato rivalutato dal medico. Alle 21.30 ne è stata data comunicazione alla madre. In quel momento il quadro clinico non mostrava instabilità e non lasciava prevedere una evoluzione precipitosa. Nel corso della serata il ragazzo è stato nuovamente rivalutato e, in accordo con gli specialisti è stata concordata una emotrasfusione. E di ciò la madre è stata avvertita. Nelle ore successive tutti i parametri si sono mantenuti stabili. Quindi alle 04.30 l'arresto cardio-respiratorio".
Ospedale San Giovanni di Dio, Firenze

La versione della madre: "Nessuno ci aveva informato"

La dinamica del decesso del ragazzo è diversa, a quanto riferisce invece la madre. "Un pomeriggio mio figlio mi ha chiamata - ha detto giorni fa la mamma - dicendo che non riusciva a respirare e che aveva l'ossigeno. Ho telefonato in reparto perché non mi avevano nemmeno chiamato per dirmi che gli mettevano l'ossigeno e mi dicono che la situazione è grave, allora gli ho detto di farmi entrare. E mi hanno detto: 'Signora, non la possiamo far entrare per il Covid, può portare qualche focolaio", ha raccontato la madre del giovane. La famiglia sarebbe dunque stata avvertita della morte del ragazzo durante la notte. Il nonno ha infatti spiegato che "ci hanno fatto entrare in tre quando era già morto, ma non hanno fatto entrare una persona quando era vivo, per fargli avere un conforto dalla mamma". Il direttore di medicina interna dell'ospedale San Giovanni di Dio ha commentato così l'accaduto: "Ci sono cose che non hanno delle regole precise e vanno interpretate sul momento e forse non sempre si interpretano nella maniera corretta. Io stesso se potessi tornare indietro e fare qualcosa lo avrei sicuramente fatto e di questo ne prenderemo atto. Anche nelle esperienze peggiori - ha concluso così il direttore - bisogna trarre qualche seme per fare meglio nelle prossime situazioni".
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