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Home » Attualità » Abusata per anni, Sofia di 12 anni denuncia suo nonno confidandosi all’intervallo con la professoressa

Abusata per anni, Sofia di 12 anni denuncia suo nonno confidandosi all’intervallo con la professoressa

L'uomo, adesso agli arresti domiciliari, avrebbe cirucuito per anni sua nipote: "Non dire niente a nessuno, è il nostro segreto. Non a nonna, non a mamma, non a papà. Non capirebbero che sono innamorato di te". Dopo la confidenza, la preside dell'istituto contatta i genitori e denuncia il caso alla Procura

Sofia Francioni
8 Dicembre 2021
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“È normale che un nonno voglia bene a sua nipote. Non dire niente a nessuno, è il nostro segreto. Non a nonna, non a mamma, non a papà. Non capirebbero che sono innamorato di te”. Con questo subdolo patto tacito, a Torino, un uomo di 70 anni per anni avrebbe circuito sua nipote, costringendola ad abusi sessuali quotidiani: da quando era una bambina fino all’età di 12 anni. Nell’ appartamento torinese, in garage, in cantina, al parco, come racconta Sofia, che ha finalmente  denunciato il suo carnefice. Per farlo, dopo anni di silenzio, Sofia non si rivolge né al papà, né alla mamma, né alla nonna, ma – consigliata dalle amiche – decide di parlarne con la sua professoressa durante l’intervallo: “Prof posso parlarle? È una questione delicata e personale. Il mio nonno abusa di me”. Ed è affidandosi alla sua scuola che trova salvezza. La professoressa infatti informa della confidenza la preside dell’istituto che contatta immediatamente i genitori, segnalando il caso alla Procura: il fascicolo sugli abusi di Sofia finisce sul tavolo della pm Lea Lamonaca.

L’uomo si trova adesso ai domiciliari, dato che la misura cautelare in carcere non è applicabile per la sua età. “Il mio assistito ha sempre avuto una condotta specchiata, non ha mai usato violenza contro i figli e non mi pare abbia precedenti – dichiara l’avvocata Giuseppina Iossetti – Bisognerà valutare l’attendibilità delle dichiarazioni della minore, i fatti contestati sono molto gravi”. Sofia ha conservato i messaggi del nonno, arrivati sino a poche settimane fa. Frasi con cui, di anno in anno, l’uomo si impadroniva della sua libertà.

 

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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