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Afghanistan, un anno dopo: la condizione delle donne è peggiore che mai

Sono trascorsi 12 mesi dalla riconquista della capitale Kabul da parte dei Talebani: per le afghane il tempo ha iniziato, da allora, a scorrere all'indietro

di NICOLÒ GUELFI -
15 agosto 2022
Afghanistan

Afghanistan

A un anno dalla caduta di Kabul e dalla fuga dei soldati americani, il tempo, più che scorrere, sembra essere tornato indietro. Molte sono le difficoltà, non ultima quella della condizione femminile. Sabato 13 agosto 2022, nella capitale era stata organizzata una protesta femminile davanti al ministero dell’Educazione, dove le manifestanti chiedevano gli stessi diritti che, solo un anno prima, erano loro accessibili. Per porre fine alle richieste, i talebani hanno sparato in aria, disperdendo così la folla.

I talebani hanno sparato in aria per disperdere la folla di donne scese in strada per protestare (AFP)

La repressione della protesta

La France Press riporta che circa una quarantina di donne stava manifestando per le strade di Kabul. I cartelli recavano scritte come: "Il 15 agosto giornata nera", in riferimento al giorno in cui i talebani hanno ripreso il potere, e "Giustizia, giustizia, siamo stufe dell'ignoranza". Quello dell’istruzione è un tema chiave, poiché il regime teocratico imposto dai guerriglieri nega a intere fasce della popolazione, in primis le donne, l’accesso all’educazione. Le ragioni sono ideologiche e riguardano quelli che sono i diritti e i doveri delle donne secondo il Corano, ma è anche un chiaro strumento di dominio: un’istruzione di livello superiore rende un popolo difficile da sottomettere e le università sono i principali luoghi di aggregazione dove si possono organizzare le proteste. I talebani, prima di iniziare a sparare in aria, hanno bloccato la via di accesso e uno di loro ha mimato il gesto di sparare sulla folla. Le persone messe in fuga si sono riparate nei negozi vicini, dove sono state raggiunte e picchiate con il calcio dei fucili. Il gesto risulta problematico per l’immagine del regime: fin dal cambio al vertice di un anno fa la nuova classe dirigente ha cercato di presentarsi alla comunità internazionale con una veste nuova, moderata, pacifica e rispettosa dei diritti umani.

Promesse non mantenute

Afghanistan protesta donne

Donne afghane tengono cartelli mentre marciano e gridano slogan "Pane, lavoro, libertà" durante una protesta per i diritti delle donne a Kabul il 13 agosto 2022

Dopo la presa di Kabul, la nuova classe dirigente aveva ufficialmente dichiarato che nel governo ci sarebbero state delle donne (pur rispettando le regole della Sharia, ovvero la legge coranica), e che il diritto allo studio e al lavoro femminile non sarebbe stato ostacolato. Tutte promesse che non hanno trovato riscontro nei fatti. Tra i vari diritti negati, vi è quello per le donne di partecipare alle manifestazioni sportive, perché questo metterebbe in mostra il loro corpo in aperta violazione della legge.

Il ritorno all'oscurità

La presa del potere, dopo 20 anni di controllo da parte delle truppe angloamericane, è stata un evento tragico e rovinoso. I guerriglieri sono riusciti a riprendersi il Paese approfittando della progressiva smilitarizzazione occidentale, conquistando villaggi e città a una velocità impressionante. L’esercito afghano regolare, armato dagli occidentali, si è arreso opponendo scarsa resistenza, fornendo così armamenti e informazioni logistiche agli Studenti del Corano. Durante la fuga rocambolesca dall’aeroporto di Kabul, sono morte 90 persone e 150 sono rimaste ferite. Già all’indomani della conquista, le donne, che prima vestivano liberamente, sono tornate ad indossare il burqa.

Le donne non si arrendono

Afghanistan protesta donne

I combattenti talebani hanno picchiato le donne manifestanti e sparato in aria sabato, disperdendo con violenza una rara manifestazione nella capitale afghana, a pochi giorni dal primo anniversario del ritorno al potere degli islamisti 

Le proteste femminili si sono moltiplicate ma l'11 settembre 2021 (nel ventennale della tragedia del World Trade Center), 300 donne velate integralmente hanno marciato a sostegno dei talebani per le strade di Kabul, innalzando la loro bandiera, evento sulla cui libertà e spontaneità è legittimo porre dei dubbi, ma a cui differentemente da altre manifestazioni femminili, le autorità non sono state di ostacolo. Il 7 maggio 2022 il governo talebano ha firmato una direttiva che obbliga di nuovo le donne a indossare il burqa. Sempre nel mese di maggio, viene vietato alle donne di entrare nelle università con un hijab colorato, al massimo di colore nero, e viene imposto alle giornaliste di coprire il volto. Gli organismi sovranazionali e i governi stranieri sembrano impotenti verso questa crisi. Juliah Parsi, una delle donne che hanno partecipato alle manifestazioni, ha dichiarato a SkyTg24: "La comunità internazionale ci ha tradito, ci ha abbandonate. L’Unama (l’agenzia ONU per l’Afghanistan, ndr) non fa nulla. Abbiamo incontrato due volte il rappresentante Onu per i diritti umani e anche l’ambasciatore europeo, e tutti ci hanno detto di avere pazienza, di aspettare, di dialogare con i talebani e convincerli a cambiare le nuove regole. Ci hanno detto che il futuro è nelle nostre mani!". Emergency, l’associazione fondata da Gino Strada (scomparso un anno fa) ha sempre impiegato il massimo impegno nella questione afghana. In un comunicato afferma che il Paese si trova ora vicino al collasso, con più di "23 milioni di afghani a rischio di grave insicurezza alimentare, una crisi economica devastante, l'aumento della povertà, del bisogno di servizi essenziali e della criminalità". Bisogna inoltre ricordare che l’Afghanistan è il più grande produttore di oppio al mondo. Il Paese oggi è poverissimo, minacciato da più parti: 40 anni di guerra quasi mai interrotta, l’isolamento internazionale che impedisce i rapporti commerciali con l’estero e le conseguenze del cambiamento climatico che hanno reso la regione sempre più desertica e inadatta alla pastorizia (una delle attività più diffuse in un paese con un’economia contadina). Di recente sono continuati gli attentati nella capitale, in particolare attacchi terroristici ai danni di luoghi di culto e istruzione ad opera di gruppi armati.