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Home » Attualità » Afghanistan, i talebani vietano alle donne l’accesso a palestre, hammam e parchi pubblici

Afghanistan, i talebani vietano alle donne l’accesso a palestre, hammam e parchi pubblici

Il regime fondamentalista "costretto alla decisione perché il regolamento dei giardini, che prevedeva giorni e orari d'ingresso differenziati rispetto agli uomini, non veniva rispettato"

Barbara Berti
14 Novembre 2022
In Afghanistan altro colpo alle libertà delle donne dopo il ritorno al potere dei talebani

In Afghanistan altro colpo alle libertà delle donne dopo il ritorno al potere dei talebani

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Stretta sui diritti delle donne. In Afghanistan vietato l’ingresso alle donne nei parchi pubblici e al luna park di Kabul. Divieto anche di accedere alle palestre e agli hammam, i bagni pubblici. “Le palestre sono vietate perché gli allenatori sono maschi e si tratta di luoghi misti“, fa sapere il portavoce del ministero della Prevenzione del vizio e della promozione della virtù, Sadeq Mohajir. Per quanto riguarda gli hammam – i bagni pubblici tradizionali arabi – “ogni casa ha una stanza da bagno, non ci sarà alcun problema per le donne” riferisce il responsabile.

Tali divieti sono stati imposti la settimana passata – dopo che nei mesi scorsi era stata imposta la separazione per genere all’ingresso – e dà un altro colpo alle libertà delle donne dopo il ritorno al potere dei talebani in seguito al ritiro Usa. Finora le donne potevano accedere ai parchi solo tre giorni alla settimana – domenica, lunedì e martedì – mentre gli uomini potevano andarci gli altri quattro. Secondo il Ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù, tuttavia, in molti parchi venivano violate sia le regole sulla presenza alternata tra uomini e donne, sia quelle sull’obbligo del velo, nel mancato rispetto delle direttive della sharia (l’insieme di principi morali e giuridici islamici che i talebani applicano in una forma estremamente radicale).

“Negli ultimi 15 mesi abbiamo cercato di fare del nostro meglio per gestire la questione, anche destinando specifici giorni. Ma ci sono luoghi, in realtà dobbiamo dire molti luoghi, in cui le regole sono state violate” sono le parole di Sadeq Mohajir, portavoce del Ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione della virtù. Sempre Sadeq Mohajir spiega che “c’era mescolanza (di uomini e donne, ndr), l’hijab non è stato rispettato, ecco perché è stata presa questa decisione per ora”.

Le donne afghane non possono accedere ai parchi pubblici
Le donne afghane non possono accedere ai parchi pubblici

La notizia è stata accolta con sgomento dalle donne afghane. “Non ci sono scuole, non c’è lavoro… dovremmo almeno avere un posto dove divertirci” sostiene una madre, che ha chiesto di essere identificata solo come Wahida, mentre guarda i suoi bambini giocare in un parco attraverso la finestra di un ristorante vicino. E aggiunge “Siamo solo annoiate e stufe di stare a casa tutto il giorno, le nostre menti sono stanche”. Anche Raihana, 21 anni, che studia la Sharia all’Università, è contraria al provvedimento: “L’Islam ovviamente consente di uscire e di andare nei parchi. Quando non hai libertà nel tuo paese, allora che senso ha viverci?”. Arrabbiati del provvedimento anche gli operatori del luna park. Infatti, la ruota panoramica e la maggior parte delle altre giostre del Parco Zazai, che offre una vista spettacolare sulla città, si sono fermate improvvisamente per mancanza di visitatori. Prima del divieto di questa settimana, poteva ospitare centinaia di persone nei giorni in cui le donne portavano i propri figli per le riunioni di famiglia.

Il luna park alla periferia di Kabul (Ansa)
Il luna park alla periferia di Kabul (Ansa)

Il divieto di accedere ai parchi di Kabul è solo l’ultima tra le varie imposizioni introdotte per isolare e segregare le donne da quando il regime fondamentalista ha ripreso il potere in Afghanistan, nell’agosto del 2021. Tra le altre cose, le donne afghane non possono allontanarsi da casa se non accompagnate dai loro mariti o da altri maschi della famiglia e in tutte le occasioni pubbliche sono obbligate dallo scorso maggio a indossare il burqa e non possono mostrarsi senza lo hijab. Inoltre, nonostante le promesse dei talebani, la maggior parte delle scuole femminili secondarie, l’equivalente di medie e superiori italiane, è ancora chiusa.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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Stretta sui diritti delle donne. In Afghanistan vietato l’ingresso alle donne nei parchi pubblici e al luna park di Kabul. Divieto anche di accedere alle palestre e agli hammam, i bagni pubblici. "Le palestre sono vietate perché gli allenatori sono maschi e si tratta di luoghi misti", fa sapere il portavoce del ministero della Prevenzione del vizio e della promozione della virtù, Sadeq Mohajir. Per quanto riguarda gli hammam - i bagni pubblici tradizionali arabi - "ogni casa ha una stanza da bagno, non ci sarà alcun problema per le donne" riferisce il responsabile. Tali divieti sono stati imposti la settimana passata - dopo che nei mesi scorsi era stata imposta la separazione per genere all’ingresso - e dà un altro colpo alle libertà delle donne dopo il ritorno al potere dei talebani in seguito al ritiro Usa. Finora le donne potevano accedere ai parchi solo tre giorni alla settimana – domenica, lunedì e martedì – mentre gli uomini potevano andarci gli altri quattro. Secondo il Ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù, tuttavia, in molti parchi venivano violate sia le regole sulla presenza alternata tra uomini e donne, sia quelle sull’obbligo del velo, nel mancato rispetto delle direttive della sharia (l’insieme di principi morali e giuridici islamici che i talebani applicano in una forma estremamente radicale). “Negli ultimi 15 mesi abbiamo cercato di fare del nostro meglio per gestire la questione, anche destinando specifici giorni. Ma ci sono luoghi, in realtà dobbiamo dire molti luoghi, in cui le regole sono state violate” sono le parole di Sadeq Mohajir, portavoce del Ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione della virtù. Sempre Sadeq Mohajir spiega che “c’era mescolanza (di uomini e donne, ndr), l’hijab non è stato rispettato, ecco perché è stata presa questa decisione per ora”.
Le donne afghane non possono accedere ai parchi pubblici
Le donne afghane non possono accedere ai parchi pubblici
La notizia è stata accolta con sgomento dalle donne afghane. “Non ci sono scuole, non c'è lavoro... dovremmo almeno avere un posto dove divertirci” sostiene una madre, che ha chiesto di essere identificata solo come Wahida, mentre guarda i suoi bambini giocare in un parco attraverso la finestra di un ristorante vicino. E aggiunge “Siamo solo annoiate e stufe di stare a casa tutto il giorno, le nostre menti sono stanche”. Anche Raihana, 21 anni, che studia la Sharia all'Università, è contraria al provvedimento: “L'Islam ovviamente consente di uscire e di andare nei parchi. Quando non hai libertà nel tuo paese, allora che senso ha viverci?”. Arrabbiati del provvedimento anche gli operatori del luna park. Infatti, la ruota panoramica e la maggior parte delle altre giostre del Parco Zazai, che offre una vista spettacolare sulla città, si sono fermate improvvisamente per mancanza di visitatori. Prima del divieto di questa settimana, poteva ospitare centinaia di persone nei giorni in cui le donne portavano i propri figli per le riunioni di famiglia.
Il luna park alla periferia di Kabul (Ansa)
Il luna park alla periferia di Kabul (Ansa)
Il divieto di accedere ai parchi di Kabul è solo l’ultima tra le varie imposizioni introdotte per isolare e segregare le donne da quando il regime fondamentalista ha ripreso il potere in Afghanistan, nell’agosto del 2021. Tra le altre cose, le donne afghane non possono allontanarsi da casa se non accompagnate dai loro mariti o da altri maschi della famiglia e in tutte le occasioni pubbliche sono obbligate dallo scorso maggio a indossare il burqa e non possono mostrarsi senza lo hijab. Inoltre, nonostante le promesse dei talebani, la maggior parte delle scuole femminili secondarie, l’equivalente di medie e superiori italiane, è ancora chiusa.
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