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Anita: “Spero di finire l’anno scolastico in presenza, insegnanti e compagni sono fondamentali”

di NICOLÒ GUELFI -
14 gennaio 2022
Anita2

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Solo 13 anni, ma un coraggio e una maturità difficili da ritrovare anche negli adulti. Anita Iacovelli è una giovane studentessa torinese che nel novembre del 2020, durante il secondo lockdown, iniziò da sola una piccola protesta contro la didattica a distanza, diventando ben presto un simbolo per gli alunni di tutta Italia. Un gesto semplice quanto efficace: costretta a seguire le lezioni online, la ragazza decise sì di connettersi dal suo computer, ma di farlo di fronte all’ingresso della sua scuola media, la Italo Calvino di via Sant’Ottavio. “Già nel primo lockdown ero stufa, al secondo non ne potevo davvero più. Ho detto a mia mamma che andavo a protestare e ho messo il mio banco davanti a scuola. La professoressa d’inglese mi ha fatto i complimenti. Il giorno dopo non ero più da sola, c’era la mia compagna di scuola Lisa e poi è arrivata anche Maia. Nei giorni successivi sono arrivati altri ragazzi, anche del liceo”.

Anita Iacovelli di fronte alla scuola media Italo Calvino di Torino mentre segue una lezione in Dad

   

In pochi giorni Anita è diventata un esempio per tutti i ragazzi e le ragazze che non riuscivano più ad apprendere e relazionarsi con la Dad. La protesta ha avuto un’eco tale che il quotidiano americano Politico l’ha scelta come la più giovane tra le quattro leader di protesta femminile che hanno condizionato il 2020. Nonostante la stagione fredda, la pandemia e i primi “no” della politica, la protesta pacifica non si è spenta: “Quando il presidente della regione Piemonte, Alberto Cirio, ha deciso di non riaprire, ci siamo spostati a piazza Castello. Eravamo circa 20 ragazzi e ragazze delle medie e tanti altri del liceo. Il mio obiettivo era tornare a scuola, non volevo diventare famosa. Era bello stare insieme, gli altri mi erano mancati molto. Durante le ore di lezione seguivamo, mentre all’intervallo giocavamo a pallavolo”. Nonostante sia stato proprio il forte disagio a spingerla all’azione, Anita è consapevole che la sua non era la peggiore delle condizioni possibili: “Mentre eravamo in Dad, io stavo spesso fuori all’aperto, quando potevo. Ero fortunata perché avevo computer e connessione, ma molti altri ragazzi no e facevano fatica. Molti hanno avuto problemi psicologici, alcuni li hanno ancora oggi. Tutti siamo un po’ cambiati con la pandemia, anche gli adulti. La Dad ci ha cambiati tutti. Abbiamo passato due anni della nostra vita chiusi in casa. Comunicavamo solo tramite lo schermo. Tanti sono rimasti così isolati che hanno perso amicizie importanti”.

Anita e i suoi compagni giocano a pallavolo nelle pause dopo le lezioni

Con le prime riaperture nel 2021, la giovane Iacovelli e i suoi compagni sono stati premiati (pare strano, ma è vero) con il tanto sperato ritorno in aula: “Ero tanto felice di rivedere i miei compagni a scuola. È stato un momento molto bello. Non è stato così complicato riabituarsi, anche se in quei giorni ci hanno bombardato di verifiche –ride–. Stavamo tutti bene, alla fine anche i miei compagni che volevano la Dad erano felici di essere tornati”. 

 

Oggi Anita frequenta l’ultimo anno delle medie, studia con impegno e fuori da scuola già si dedica al nuoto agonistico. Quando può, le piace sciare. Martedì 11 gennaio ha fatto una delle prime scelte importanti: si è iscritta al liceo classico Gioberti. La sua speranza è quella di poter finire questo ultimo anno, già a metà, completamente in presenza: “Spero tanto che non chiudano per poter passare il tempo con i miei compagni e fare il meglio possibile. Non siamo mai neanche stati in quarantena finora. Anche il presidente Draghi ha detto che non ha senso chiudere la scuola, che è quello che abbiamo sempre detto noi. Aprire i centri commerciali e tenere le scuole chiuse non ha alcun senso”.

La protesta di Anita e dei suoi compagni di classe contro la Dad in Piazza Castello a Torino

Secondo l’ultimo rapporto “Education at a glance" dell'Ocse, pubblicato a settembre 2021, nei primi 18 mesi di pandemia, l’Italia ha lasciato le scuole superiori chiuse per 90 giorni, a fronte di una media dei Paesi Ocse di 70. Gli studenti sono dovuti restare a casa il 45% dei giorni scolastici totali. Quasi la metà. In mancanza di azioni specifiche, oltre alle ripercussioni psicologiche che anche Anita conferma, le prospettive dicono che ci sarà una perdita di apprendimento equivalente a 7 mesi di didattica (quasi un intero anno scolastico) e un aumento del 25% della quota di studenti al di sotto del livello minimo di competenze. E parliamo di medie. Nei contesti sociali disagiati la situazione si aggrava. In questi giorni si è discusso molto dell’opportunità di ricorrere nuovamente alla didattica a distanza. 

Molti rappresentanti di enti locali, tra i quali il più eclatante è stato Vincenzo De Luca in Campania, hanno preso autonomamente la decisone di non riaprire le aule dopo le vacanze di Natale. Il 10 gennaio l’ordinanza regionale è stata sospesa.Il Tar ha accolto i ricorsi contro la chiusura delle scuole in Campania. La quinta sezione del tribunale amministrativo ha prima emesso un decreto in via cautelare, con il quale ha dato ragione ai genitori e ai ragazzi contrari alla Dad, poi ha accolto anche l’istanza cautelare presentata da Palazzo Chigi e dai Ministeri dell'Istruzione e della Salute. Alla domanda su cosa avrebbe voluto dire ai rappresentati favorevoli alle chiusure, Anita ha risposto in modo molto chiaro: “La scuola ci forma per il nostro futuro e gli insegnanti e i compagni sono importanti per questo scopo. I nostri professori sono degli insegnanti di vita. Lo dico da quando è iniziata la pandemia”.