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Home » Attualità » Arabia Saudita, donna condannata a 45 anni per post sui social: precedente poche settimane fa

Arabia Saudita, donna condannata a 45 anni per post sui social: precedente poche settimane fa

L’ultima scioccante sentenza pronunciata contro Nourah al-Qahtani per alcune frasi non gradite al regime: nei giorni scorsi era toccato a Salma al-Shehab, madre di due figli

Letizia Cini
30 Agosto 2022
Una donna saudita è stata condannata a 45 anni di carcere per i suoi post sui social media

Una donna saudita è stata condannata a 45 anni di carcere per i suoi post sui social media

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Una donna saudita è stata condannata a 45 anni di carcere per i suoi post sui social media, a poche settimane da una condanna simile inflitta a una connazionale dottoranda dell’Università di Leeds: 34 anni per aver diffuso tweet di dissidenti.  Lo fa sapere l’ong per i diritti umani Democracy for the Arab World Now (Dawn), gruppo con sede a Washington fondato dal giornalista ucciso Khashoggi, che ha condiviso una copia del documento del tribunale.

Nourah al-Qahtani ha ricevuto la sentenza in appello dopo essere stata condannata per “aver usato Internet per lacerare il tessuto sociale” e per “violazione dell’ordine pubblico”.
Si intensifica quindi  la stretta della monarchia saudita sulle donne che sostengono, anche indirettamente, il dissenso sui social: 45 anni di carcere è l’ultima scioccante sentenza pronunciata contro Nourah al-Qahtani per alcuni post non graditi al regime, a poche settimane da quella, a 34 anni, toccata a Salma al-Shehab, madre di due figli, per avere semplicemente ritwittato i messaggi di alcuni dissidenti. Entrambe le sentenze sono state pronunciate in appello.

Secondo un documento del tribunale e le informazioni ottenute dl sito Dawn, la Divisione d’Appello della Corte Penale Specializzata ha emesso la sentenza contro al-Qahtani ad agosto, probabilmente nell’ultima settimana, per aver “spezzato il tessuto sociale nel Regno” criticando i governanti sauditi, e per “produzione e conservazione di materiali che incidono sull’ordine pubblico e sui valori religiosi”.

Il precedente

Una dottoranda dell’Università di Leeds (Regno Unito), che si occupa di assistenza sanitaria ed è madre di due bambini, è stata condannata a 34 anni di carcere in Arabia Saudita, la pena più pesante mai comminata a un’attivista per i diritti delle donne nel Regno, secondo quanto affermano ricercatori e attivisti.
Secondo la Freedom Initiative, un’organizzazione per i diritti umani con sede a Washington, Salma al-Shehab era in vacanza in Arabia Saudita nel gennaio 2021 e aveva programmato di tornare nel Regno Unito quando è stata arrestata.

La pena per Shehab: da 6 a 34 anni per i tweet

Salma al-Shehab
Salma al-Shehab

Inizialmente la giovane era stata condannata a sei anni di detenzione per i tweet che aveva pubblicato a favore dei diritti nel Paese. Ma in appello, la settimana scorsa, il Tribunale penale specializzato dell’Arabia Saudita ha aumentato la pena a 34 anni, oltre a un divieto di viaggiare per lo stesso lasso di tempo. Se questo non bastasse Salma al-Shehab potrebbe non essere la sola: da quando ha reso pubblica la sentenza di Al-Shehab, venerdì scorso, Bethany Alhaidari, responsabile del dossier saudita di The Freedom Initiative, ha dichiarato di aver ricevuto notizie attendibili di molte altre persone le cui sentenze sono state drasticamente aumentate durante i recenti appelli nei tribunali sauditi.

L’escalation nella repressione del dissenso

Inoltre, al momento dell’arresto di Al-Shehab nella Provincia Orientale del Regno, Alhaidari ha detto che ci sono state segnalazioni di centinaia di giovani donne detenute. Non è chiaro se siano state incriminate o quali siano le accuse, ma ci sono indizi che molte siano state arrestate per il loro uso dei social media, compresi i retweet o semplicemente l’uso di hashtag. Secondo gli osservatori, la sentenza sul caso della dottoranda dell’ateneo di Leeds rappresenta una marcata escalation nella repressione del dissenso da parte del principe ereditario Mohammed bin Salman e riflette il peggioramento della situazione dei diritti, nonostante alcune riforme che hanno fatto notizia negli ultimi anni.

 

“Questo è irrazionale, straziante e disastroso per le centinaia di donne detenute o che saranno detenute con accuse simili, di sostegno ai diritti o alla libertà”, ha twittato Hala Dosari, attivista e studiosa saudita. “Questo riflette anche una maggiore insicurezza del regime, sia all’interno che all’estero”. In un’intervista rilasciata nel 2014 alla Fiera internazionale del libro di Riyadh, Shehab, che ha due figli di quattro e sei anni, ha dichiarato che i giovani dovrebbero pensare a come servire al meglio il Paese con i loro studi. “Non pensate solo a come servire voi stessi. Pensate a come servire la società in base alle sue esigenze”, annunciava la ragazza, che all’epoca stava studiando per un master in odontoiatria. Più di recente, ha sostenuto sui social media l’attivista per i diritti delle donne Loujain al-Hathloul, che è stata rilasciata dal carcere nel febbraio 2021, poco dopo la detenzione di Shehab.

Le reazioni

Una donna saudita è stata condannata a 45 anni di carcere per i suoi post sui social media
Una donna saudita è stata condannata a 45 anni di carcere per i suoi post sui social media

“Solo poche settimane dopo la scioccante condanna a 34 anni di Salma al-Shehab, la condanna a 45 anni di Nourah al-Qahtani mostra quanto le autorità saudite si sentano legittimate nel punire anche le critiche più lievi dei suoi cittadini”, ha affermato Abdullah Alaoudh, esponente dell’organizzazione per i diritti umani Democracy for the Arab World Now (Dawn), fondata dal giornalista saudita Jamal Khashoggi, lui stesso ucciso e fatto a pezzi nell’ambasciata saudita di Istanbul per le sue posizioni anti regime.

Perché è stata condannata

Di Nourah al-Qahtani non si sa molto, e non risulta neanche avere al momento un account Twitter attivo. Ha ricevuto la pesante condanna in appello dopo essere stata giudicata colpevole di “aver usato Internet per lacerare il tessuto sociale del Paese” – come si legge sul documento del tribunale diffuso da Dawn – e per «”iolazione dell’ordine pubblico” tramite i social media, ai sensi della legge antiterrorismo e anti-criminalità informatica del Regno, appunto.

I documenti esaminati offrono pochi dettagli sulle accuse contro la donna, di cui non si conoscono l’età e le circostanze dell’arresto. Le autorità sembrano averla condannata “solo per aver twittato le sue opinioni”, ha commentato Abdullah Alaoudh, direttore di Dawn per la regione del Golfo. Non vi sono account di Twitter a nome della donna, ma molti sauditi usano dei nickname. Down spera che la diffusione della notizia della condanna spinga persone che conoscono Qhatani a rivelare altri dettagli sulla sua storia.

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  • ✨Tra i pretendenti a un ruolo di protagonista del 73° Sanremo, Ariete è probabilmente quella con l’"X factor" più alto. E non tanto per aver partecipato da ragazzina al talent di Sky o per quel "non so che" capace di differenziare tutto quel che fa, ma perché in due anni è riuscita a diventare la musa “indie“ della Generazione X. 

Arianna Del Giaccio mostra la timidezza della debuttante. E che lei sia una "nuova persona" portata a cadere nei "soliti vecchi errori" lo racconta parlando del debutto davanti al popolo del Festival con Mare di guai, ballata in cui racconta la fine della relazione con la sua ex.

«Gli squali che si aggirano nella vasca di cui parlo sono le mie insicurezze e le mie ansie. Il peso delle aspettative, anche se non provo sensi di inadeguatezza verso quel che faccio. I pescecani basta conoscerli per sapere che non sono tutti pericolosi.»

 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
Una donna saudita è stata condannata a 45 anni di carcere per i suoi post sui social media, a poche settimane da una condanna simile inflitta a una connazionale dottoranda dell’Università di Leeds: 34 anni per aver diffuso tweet di dissidenti.  Lo fa sapere l’ong per i diritti umani Democracy for the Arab World Now (Dawn), gruppo con sede a Washington fondato dal giornalista ucciso Khashoggi, che ha condiviso una copia del documento del tribunale. Nourah al-Qahtani ha ricevuto la sentenza in appello dopo essere stata condannata per “aver usato Internet per lacerare il tessuto sociale” e per “violazione dell’ordine pubblico”. Si intensifica quindi  la stretta della monarchia saudita sulle donne che sostengono, anche indirettamente, il dissenso sui social: 45 anni di carcere è l’ultima scioccante sentenza pronunciata contro Nourah al-Qahtani per alcuni post non graditi al regime, a poche settimane da quella, a 34 anni, toccata a Salma al-Shehab, madre di due figli, per avere semplicemente ritwittato i messaggi di alcuni dissidenti. Entrambe le sentenze sono state pronunciate in appello. Secondo un documento del tribunale e le informazioni ottenute dl sito Dawn, la Divisione d’Appello della Corte Penale Specializzata ha emesso la sentenza contro al-Qahtani ad agosto, probabilmente nell’ultima settimana, per aver “spezzato il tessuto sociale nel Regno” criticando i governanti sauditi, e per “produzione e conservazione di materiali che incidono sull’ordine pubblico e sui valori religiosi”.

Il precedente

Una dottoranda dell’Università di Leeds (Regno Unito), che si occupa di assistenza sanitaria ed è madre di due bambini, è stata condannata a 34 anni di carcere in Arabia Saudita, la pena più pesante mai comminata a un’attivista per i diritti delle donne nel Regno, secondo quanto affermano ricercatori e attivisti. Secondo la Freedom Initiative, un’organizzazione per i diritti umani con sede a Washington, Salma al-Shehab era in vacanza in Arabia Saudita nel gennaio 2021 e aveva programmato di tornare nel Regno Unito quando è stata arrestata.

La pena per Shehab: da 6 a 34 anni per i tweet

Salma al-Shehab
Salma al-Shehab
Inizialmente la giovane era stata condannata a sei anni di detenzione per i tweet che aveva pubblicato a favore dei diritti nel Paese. Ma in appello, la settimana scorsa, il Tribunale penale specializzato dell’Arabia Saudita ha aumentato la pena a 34 anni, oltre a un divieto di viaggiare per lo stesso lasso di tempo. Se questo non bastasse Salma al-Shehab potrebbe non essere la sola: da quando ha reso pubblica la sentenza di Al-Shehab, venerdì scorso, Bethany Alhaidari, responsabile del dossier saudita di The Freedom Initiative, ha dichiarato di aver ricevuto notizie attendibili di molte altre persone le cui sentenze sono state drasticamente aumentate durante i recenti appelli nei tribunali sauditi.

L’escalation nella repressione del dissenso

Inoltre, al momento dell’arresto di Al-Shehab nella Provincia Orientale del Regno, Alhaidari ha detto che ci sono state segnalazioni di centinaia di giovani donne detenute. Non è chiaro se siano state incriminate o quali siano le accuse, ma ci sono indizi che molte siano state arrestate per il loro uso dei social media, compresi i retweet o semplicemente l’uso di hashtag. Secondo gli osservatori, la sentenza sul caso della dottoranda dell’ateneo di Leeds rappresenta una marcata escalation nella repressione del dissenso da parte del principe ereditario Mohammed bin Salman e riflette il peggioramento della situazione dei diritti, nonostante alcune riforme che hanno fatto notizia negli ultimi anni.
  “Questo è irrazionale, straziante e disastroso per le centinaia di donne detenute o che saranno detenute con accuse simili, di sostegno ai diritti o alla libertà”, ha twittato Hala Dosari, attivista e studiosa saudita. “Questo riflette anche una maggiore insicurezza del regime, sia all’interno che all’estero”. In un’intervista rilasciata nel 2014 alla Fiera internazionale del libro di Riyadh, Shehab, che ha due figli di quattro e sei anni, ha dichiarato che i giovani dovrebbero pensare a come servire al meglio il Paese con i loro studi. “Non pensate solo a come servire voi stessi. Pensate a come servire la società in base alle sue esigenze”, annunciava la ragazza, che all’epoca stava studiando per un master in odontoiatria. Più di recente, ha sostenuto sui social media l’attivista per i diritti delle donne Loujain al-Hathloul, che è stata rilasciata dal carcere nel febbraio 2021, poco dopo la detenzione di Shehab.

Le reazioni

Una donna saudita è stata condannata a 45 anni di carcere per i suoi post sui social media
Una donna saudita è stata condannata a 45 anni di carcere per i suoi post sui social media
"Solo poche settimane dopo la scioccante condanna a 34 anni di Salma al-Shehab, la condanna a 45 anni di Nourah al-Qahtani mostra quanto le autorità saudite si sentano legittimate nel punire anche le critiche più lievi dei suoi cittadini", ha affermato Abdullah Alaoudh, esponente dell’organizzazione per i diritti umani Democracy for the Arab World Now (Dawn), fondata dal giornalista saudita Jamal Khashoggi, lui stesso ucciso e fatto a pezzi nell’ambasciata saudita di Istanbul per le sue posizioni anti regime.

Perché è stata condannata

Di Nourah al-Qahtani non si sa molto, e non risulta neanche avere al momento un account Twitter attivo. Ha ricevuto la pesante condanna in appello dopo essere stata giudicata colpevole di "aver usato Internet per lacerare il tessuto sociale del Paese" - come si legge sul documento del tribunale diffuso da Dawn - e per «"iolazione dell’ordine pubblico" tramite i social media, ai sensi della legge antiterrorismo e anti-criminalità informatica del Regno, appunto. I documenti esaminati offrono pochi dettagli sulle accuse contro la donna, di cui non si conoscono l’età e le circostanze dell’arresto. Le autorità sembrano averla condannata “solo per aver twittato le sue opinioni”, ha commentato Abdullah Alaoudh, direttore di Dawn per la regione del Golfo. Non vi sono account di Twitter a nome della donna, ma molti sauditi usano dei nickname. Down spera che la diffusione della notizia della condanna spinga persone che conoscono Qhatani a rivelare altri dettagli sulla sua storia.
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