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Home » Attualità » Arabia Saudita, scarcerata la principessa Basma: in prigione da tre anni senza accuse

Arabia Saudita, scarcerata la principessa Basma: in prigione da tre anni senza accuse

Era detenuta nel penitenziario di Al-Ha’ir “senza capi di imputazione”; l’imprenditrice, ultimogenita del defunto re Saoud bin Abdel Aziz, è nota per le sue critiche agli abusi perpetrati nel suo Paese e la lotta a favore dei diritti civili delle donne

Camilla Prato
9 Gennaio 2022
Le autorità saudite hanno rilasciato la principessa Basma bint Saud al Saud: figlia del re Saud ha trascorso quasi tre anni in carcere senza accusa

Le autorità saudite hanno rilasciato la principessa Basma bint Saud al Saud: figlia del re Saud ha trascorso quasi tre anni in carcere senza accusa

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Le autorità saudite hanno rilasciato la principessa Basma bint Saud Al Saud, figlia del re Saud , e sua figlia Suhud al Sharif, che hanno trascorso quasi tre anni in carcere senza accusa. Lo ha riferito un’organizzazione di tutela dei diritti umani, l’Ong saudita Alqst, con sede a Londra, senza specificare la data del rilascio delle due donne “detenute dal marzo 2019”. Alqst ha ricordato che durante il periodo di detenzione Basma è stata anche privata delle cure mediche di cui aveva bisogno a causa di non meglio specificate gravi condizioni di salute. L’organizzazione ha inoltre ricordato che, dopo essere stata arrestata, la donna è scomparsa da un mese e durante questo periodo non le era stato permesso di parlare con la sua famiglia.

Le autorità saudite hanno rilasciato la principessa Basma bint Saud al Saud: figlia del re Saud ha trascorso quasi tre anni in carcere senza accusa
Le autorità saudite hanno rilasciato la principessa Basma bint Saud al Saud: figlia del re Saud, l’imprenditrice ha trascorso quasi tre anni in carcere senza capi di accusa

La principessa Basma, nata nel 1964, era la più giovane degli oltre cento figli del re Saud, che fu rimosso dal trono quello stesso anno, cinque anni prima della sua morte in esilio in Grecia. Donna d’affari, aveva collaborato prima dell’arresto con diverse istituzioni impegnate nel sociale e con organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Sui social media si era spesso schierata a favore dell’uguaglianza delle donne nel regno ultraconservatore. Basma bint Saud Al Saud è stata arrestata il 1 marzo 2019, quando è stata prelevata dalla sua casa di Gedda, con la motivazione che il principe ereditario e uomo forte del paese, Mohamed bin Salman, voleva incontrarla. Ma e’ stata invece portata direttamente in una prigione di Riad insieme a sua figlia Suhud, ha spiegato l’Ong. Come lei, diversi membri della famiglia reale sono stati vittime di arresti sistematici e sparizioni forzate, insieme ad attivisti, giornalisti, avvocati, blogger, accademici, scrittori e comuni cittadini per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione.

L’annuncio

“Basma bent Saoud e la figlia Sohoud, detenute da marzo 2019, sono state liberate”, questo il tweet pubblicato al’organizzazione ALQST. “Non era stata formulata alcuna accusa contro di lei in nessun momento della detenzione”. Basma bent Saoud era stata arrestata prima di un viaggio in Svizzera per motivi medici, secondo una fonte vicina alla famiglia. La natura della malattia di cui soffre non è stata mai rivelata. Basma, la figlia più piccola del defunto Saoud bin Abdel Aziz, è nota per le sue critiche agli abusi e le posizioni pro-riforme. Basma bint Saud Al Saud era in carcere senza capi d’accusa da tre anni a Riad. La donna d’affari, 57 anni, aveva lanciato nell’aprile del 2020 un appello al re Salman e al principe ereditario Mohammed bin Salman per la sua liberazione per ragioni di salute.

Le battaglie della principessa

Basma ha sempre avuto nei confronti del suo Paese un rapporto  travagliato: ha accompagnato le battaglie delle donne, come quelle per avere la patente o entrare negli stadi, e ha sempre lottato per un Regno che si aprisse ai diritti civili. Nel Paese ultraconservatore ha appoggiato le organizzazioni sorte per la tutela dei diritti umani e nei suoi blog ha cavalcato la necessità di riforme per porre fine al potere assoluto della casa regnante.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Le autorità saudite hanno rilasciato la principessa Basma bint Saud Al Saud, figlia del re Saud , e sua figlia Suhud al Sharif, che hanno trascorso quasi tre anni in carcere senza accusa. Lo ha riferito un’organizzazione di tutela dei diritti umani, l’Ong saudita Alqst, con sede a Londra, senza specificare la data del rilascio delle due donne “detenute dal marzo 2019”. Alqst ha ricordato che durante il periodo di detenzione Basma è stata anche privata delle cure mediche di cui aveva bisogno a causa di non meglio specificate gravi condizioni di salute. L’organizzazione ha inoltre ricordato che, dopo essere stata arrestata, la donna è scomparsa da un mese e durante questo periodo non le era stato permesso di parlare con la sua famiglia.
Le autorità saudite hanno rilasciato la principessa Basma bint Saud al Saud: figlia del re Saud ha trascorso quasi tre anni in carcere senza accusa
Le autorità saudite hanno rilasciato la principessa Basma bint Saud al Saud: figlia del re Saud, l'imprenditrice ha trascorso quasi tre anni in carcere senza capi di accusa
La principessa Basma, nata nel 1964, era la più giovane degli oltre cento figli del re Saud, che fu rimosso dal trono quello stesso anno, cinque anni prima della sua morte in esilio in Grecia. Donna d’affari, aveva collaborato prima dell’arresto con diverse istituzioni impegnate nel sociale e con organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Sui social media si era spesso schierata a favore dell’uguaglianza delle donne nel regno ultraconservatore. Basma bint Saud Al Saud è stata arrestata il 1 marzo 2019, quando è stata prelevata dalla sua casa di Gedda, con la motivazione che il principe ereditario e uomo forte del paese, Mohamed bin Salman, voleva incontrarla. Ma e’ stata invece portata direttamente in una prigione di Riad insieme a sua figlia Suhud, ha spiegato l’Ong. Come lei, diversi membri della famiglia reale sono stati vittime di arresti sistematici e sparizioni forzate, insieme ad attivisti, giornalisti, avvocati, blogger, accademici, scrittori e comuni cittadini per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione.

L’annuncio

"Basma bent Saoud e la figlia Sohoud, detenute da marzo 2019, sono state liberate”, questo il tweet pubblicato al’organizzazione ALQST. “Non era stata formulata alcuna accusa contro di lei in nessun momento della detenzione”. Basma bent Saoud era stata arrestata prima di un viaggio in Svizzera per motivi medici, secondo una fonte vicina alla famiglia. La natura della malattia di cui soffre non è stata mai rivelata. Basma, la figlia più piccola del defunto Saoud bin Abdel Aziz, è nota per le sue critiche agli abusi e le posizioni pro-riforme. Basma bint Saud Al Saud era in carcere senza capi d’accusa da tre anni a Riad. La donna d’affari, 57 anni, aveva lanciato nell’aprile del 2020 un appello al re Salman e al principe ereditario Mohammed bin Salman per la sua liberazione per ragioni di salute.

Le battaglie della principessa

Basma ha sempre avuto nei confronti del suo Paese un rapporto  travagliato: ha accompagnato le battaglie delle donne, come quelle per avere la patente o entrare negli stadi, e ha sempre lottato per un Regno che si aprisse ai diritti civili. Nel Paese ultraconservatore ha appoggiato le organizzazioni sorte per la tutela dei diritti umani e nei suoi blog ha cavalcato la necessità di riforme per porre fine al potere assoluto della casa regnante.
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