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Home » Attualità » Regno Unito, staccare la spina al piccolo Archie: la Corte impone il termine per le cure vitali

Regno Unito, staccare la spina al piccolo Archie: la Corte impone il termine per le cure vitali

Alle 12 locali (le 13 italiane) i medici dovranno interrompere le cure per il 12enne inglese in coma da mesi dopo essere stato trovato privo di conoscenza in casa il 7 aprile

Marianna Grazi
2 Agosto 2022
Archie Battersbee

Archie Battersbee

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Si è spenta anche l’ultima speranza per il piccolo Archie. La Corte d’Appello britannica ha fissato per oggi, 2 agosto, a mezzogiorno (ora locale in Inghilterra) l’attuazione del via libera alla fine del sostegno vitale al 12enne inglese, in coma da mesi dopo essere stato trovato privo di conoscenza in casa il 7 aprile scorso e ricoverato da allora nel London Royal Hospital. Va staccata la spina. La decisione, già autorizzata in tre gradi di giudizio di tribunali britannici, è stata fortemente avversata dai genitori del bambino che credono ancora in un possibile risveglio a dispetto delle aspettative dei medici londinesi.

L’appello all’Onu dei genitori

Archie Battersbee: staccare la spina
Un frame tratto dal profilo Facebook Hollie Dance mostra il 12 enne inglese Archie Battersbee che è in coma da mesi dopo essere stato trovato privo di conoscenza in casa il 7 aprile scorso

Archie Battersbee è stato trovato privo di coscienza nella sua casa a Southend, nell’Essex, il 7 aprile scorso. La madre ritiene che possa essere stato vittima di una sfida su internet (“challenge“). Il ragazzo è da allora in coma presso il Royal London Hospital a Whitechapel. Hollie e Paul Battersbee erano tornati a rivolgersi alla Corte per consentire un esame del caso da parte del Comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità (Unrpd). Nei giorni scorsi l’Unrpd  ha accettato di valutare il ricorso urgente presentato dalla famiglia e, attraverso il governo britannico, aveva sollecitato a sua volta i giudici a congelare l’iter in attesa di una propria pronuncia. La Corte britannica, tuttavia si è limitata a spostare l’attuazione della decisione di staccare la spina dal pomeriggio del 1° agosto, come inizialmente previsto, alla mattina successiva, per lasciare alla coppia la possibilità di prendere ulteriori iniziative. Un’indicazione immediatamente contestata dai genitori, dopo che un loro avvocato l’aveva paventata come potenziale “violazione del diritto internazionale”: ora, annunciano che ricorreranno alla Corte suprema del Regno Unito, che però, il mese scorso, aveva dato ragione ai medici che, riferisce la BBC, ritengono che il ragazzo sia cerebralmente morto e che sospendere il supporto vitale sia nel suo interesse.

La decisione dei giudici

La Corte Suprema del Regno Unito
La Corte Suprema del Regno Unito ha emesso una sentenza con cui si impone di staccare la spina del sostegno vitale di Archie Battersbee (EPA)

Il collegio della Corte d’Appello chiamato a pronunciarsi sull’istanza – formato dal giudice sir Andrew McFarlane, presidente del sezione diritto di famiglia della Corte d’appello d’Inghilterra e Galles, e dai colleghi Eleanor King e Andrew Moylan – ha liquidato seccamente la richiesta dei genitori, negando alcun ruolo giurisdizionale nel Regno Unito al Comitato Onu. E ha concesso a mamma Hollie e papà Paul meno di 24 ore per verificare adesso la possibile ammissibilità del caso presso istituzioni giudiziarie internazionali riconosciute (come la Corte europea per i diritti umani, che peraltro già in passato ha rigettato ricorsi analoghi delle famiglie); o altrimenti lasciare che i medici procedano a interrompere la ventilazione assistita che tiene in vita Archie. Nel dispositivo, sir McFarlane ha ribadito l’avallo della giustizia britannica alla diagnosi di morte probabile delle cellule cerebrali avanzata da tempo dai sanitari che hanno in cura il bambino. “Ogni giorno che egli continua a ricevere trattamenti vitali” è un giorno di agonia in più, “contrario” a ciò che la Corte ha stabilito essere “il suo miglior interesse”, ha proseguito l’alto magistrato, escludendo allo stato ulteriori rinvii “anche brevi”.

La madre di Archie, Hollie Dance, sostenuta anche da gruppi pro life, aveva in precedenza denunciato invece il rifiuto di concedere un proroga sostanziale come un abuso, tornando a puntare il dito contro medici e giudici: accusati d’ignorare il dolore straziante della famiglia, e di aver redatto per iscritto una sorta di “ordine di esecuzione” modello condanna a morte.

 

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

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Si è spenta anche l'ultima speranza per il piccolo Archie. La Corte d'Appello britannica ha fissato per oggi, 2 agosto, a mezzogiorno (ora locale in Inghilterra) l'attuazione del via libera alla fine del sostegno vitale al 12enne inglese, in coma da mesi dopo essere stato trovato privo di conoscenza in casa il 7 aprile scorso e ricoverato da allora nel London Royal Hospital. Va staccata la spina. La decisione, già autorizzata in tre gradi di giudizio di tribunali britannici, è stata fortemente avversata dai genitori del bambino che credono ancora in un possibile risveglio a dispetto delle aspettative dei medici londinesi.

L'appello all'Onu dei genitori

Archie Battersbee: staccare la spina
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Archie Battersbee è stato trovato privo di coscienza nella sua casa a Southend, nell’Essex, il 7 aprile scorso. La madre ritiene che possa essere stato vittima di una sfida su internet ("challenge"). Il ragazzo è da allora in coma presso il Royal London Hospital a Whitechapel. Hollie e Paul Battersbee erano tornati a rivolgersi alla Corte per consentire un esame del caso da parte del Comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità (Unrpd). Nei giorni scorsi l'Unrpd  ha accettato di valutare il ricorso urgente presentato dalla famiglia e, attraverso il governo britannico, aveva sollecitato a sua volta i giudici a congelare l'iter in attesa di una propria pronuncia. La Corte britannica, tuttavia si è limitata a spostare l'attuazione della decisione di staccare la spina dal pomeriggio del 1° agosto, come inizialmente previsto, alla mattina successiva, per lasciare alla coppia la possibilità di prendere ulteriori iniziative. Un'indicazione immediatamente contestata dai genitori, dopo che un loro avvocato l'aveva paventata come potenziale "violazione del diritto internazionale": ora, annunciano che ricorreranno alla Corte suprema del Regno Unito, che però, il mese scorso, aveva dato ragione ai medici che, riferisce la BBC, ritengono che il ragazzo sia cerebralmente morto e che sospendere il supporto vitale sia nel suo interesse.

La decisione dei giudici

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