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Arezzo, respinto il ricorso delle due mamme che chiedevano la doppia genitorialità

Il giudice civile ha negato alla coppia arcobaleno di Anghiari il riconoscimento come mamme dei gemelli nati a giugno per Luisa e per Federica

di MARIANNA GRAZI -
18 novembre 2022
coppia mamme Anghiari

coppia mamme Anghiari

La sezione civile del tribunale di Arezzo ha respinto il ricorso di Luisa e Federica, coppia arcobaleno di Anghiari, che chiedeva allo Stato il riconoscimento della doppia genitorialità come madri per i loro due gemellini, nati a giugno grazie alla fecondazione assistita. Le due donne, di 36 e 38 anni, che avevano contratto un'unione civile un anno fa, a inizio novembre si erano presentate per la prima udienza al tribunale civile della cittadina toscana, davanti ai giudici Lucia Faltoni, Alessia Caprio e Cristina Colombo del tribunale di Arezzo, chiedendo che venisse loro riconosciuta la duplice maternità. La causa, in particolare, era stata promossa per estendere anche a Luisa lo status di madre, non solo per Federica, quella che ha partorito i due gemellini. La donna infatti era ricorsa alla procedura di fecondazione eterologa in Spagna per poi trasferire l'ovocita, per una maggiore adattabilità, all'utero di Federica.

Respinto il ricorso della coppia: i giudici costretti ad attenersi all'articolo 4 comma 3 della legge 40/2004

Il tribunale ha seguito l'articolo 4 comma 3 della legge 40/2004, che recita, nello specifico "È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente  assistita di tipo eterologo". l collegio, guidato dalla giudice Lucia Faltoni, ha respinto oggi, 18 novembre, il ricorso della coppia ad accogliere l'opposizione del ministero dell'Interno e del Comune di Anghiari che, in base alla sopracitata legge, ha dovuto respingere la richiesta di doppia registrazione all’ufficio anagrafe, citando come madre solo Federica. Il primo cittadino di Anghiari, Alessandro Polcri, ha seguito da vicino la vicenda, e pur costretto ad attenersi alle norme, non ha mai negato il suo appoggio personale alle donne. "Ci siamo attenuti in maniera ferrea a una normativa che non può essere interpretata. Diversa, però, è la questione dal punto di vista culturale che, anche dal punto di vista etico, è più che legittimo", aveva spiegato dopo la prima udienza alla Nazione, sottolineando l'esigenza di "Intraprendere un nuovo percorso per arrivare ad una modifica, seppur parziale, di quelle che sono le normative in materia". I giudici hanno specificato nella loro decisione anche che "pur nella comprensione umana del caso e del concreto rapporto genitoriale, non solo intenzionale ed affettivo, ma anche biologico, tra i minori ed entrambe le ricorrenti, tutte donne, l'esigenza di tutela dell'interesse dei minori, allo stato della legislazione vigente, non può legittimare il tribunale a sostituire le proprie valutazioni con quelle spettanti esclusivamente al legislatore". L'avvocata che ha assistito le due donne, Ramona Borri, interpreta così il pronunciamento del collegio: "Il tribunale si è reso conto che c'è uno spazio vuoto da colmare a livello normativo, che orienti le decisioni dei tribunali italiani rispetto a quanto di nuovo avviene nella società sul delicato tema della genitorialità ma è ovvio che non spetta al tribunale farlo. Ora dovremo attivarci per raccontare la storia delle due mamme e capire se ci sono davvero spazi per ribaltare questa situazione". Un pronunciamento di tutt'altro tenore rispetto a quello emesso nei giorni scorsi dal tribunale civile di Roma, che invece a una coppia di donne, di mamme (quella legale e quella adottiva, secondo un precedente sentenza), aveva riconosciuto la possibilità di apparire entrambe come genitori della loro bambina nei documenti di quest'ultima, in opposizione al decreto - tutt'ora vigente - del 31 gennaio del 2019 dell’allora ministro dell’ Interno Matteo Salvini. Il che dimostra quanto, nel nostro Paese, per ogni piccola conquista in materia di diritti civili delle famiglie arcobaleno, ci siano tante sconfitte legali che non devono passare inosservate, che devono fare rumore perché qualcosa, davvero, cambi a livello normativo. Una volta per tutte, in meglio.