Arrestato per aver violato il divieto di avvicinamento all’ex compagna, è stato subito liberato. È successo a Parma, dove l’uomo è stato trovato dalle forze dell’ordine a bussare alla porta di casa della donna e fermato. Poco dopo, però, è stato rilasciato. Il caso ha subito suscitato la reazione preoccupata del sindaco Federico Pizzarotti, che si è detto “indignato” dalla notizia “come cittadino e come istituzione”, e le polemiche da più parti. Il procuratore Alfonso D’Avino, pur condividendo l’opinione espressa dal primo cittadino, ha però voluto precisare le ragioni dietro il provvedimento di liberazione emesso da parte di un pm. Si è trattato, dice, di un’anomalia, provocata da un contrasto tra norme alla quale bisognerebbe porre rimedio. Il suo, insomma, è stato un invito a migliorare la legislazione a tutela delle vittime.
Due norme contrastanti
Da un lato, spiega D’Avino, la “polizia giudiziaria è obbligata all’arresto di chi viene colto nell’atto di violare il divieto di avvicinamento (art. 387-bis codice penale) mentre dall’altro, il pubblico ministero – al quale viene trasmesso il verbale di arresto per la convalida – non può richiedere nessuna misura coercitiva, ma deve disporne la liberazione”. Una “situazione paradossale”, ammette il procuratore, che “si è venuta a creare dopo che, con legge 134 del 27 settembre 2021 (entrata in vigore poi ad ottobre), è stato introdotto l’arresto obbligatorio in flagranza per il reato di cui all’articolo 387-bis c.p. E tuttavia non è stata modificata la norma che prevede i casi nei quali il pubblico ministero può chiedere la misura coercitiva. La conseguenza è che – come nel caso in questione – all’arresto obbligatorio da parte della polizia giudiziaria deve seguire l’immediata liberazione da parte del pubblico ministero”. Insomma l’aggressore prima viene fermato, poi liberato, con possibili, se non probabili, conseguenze per la vittima.
La situazione, “rilevata anche da altre Procure”, è stata al centro di una direttiva del 21 ottobre scorso per i magistrati della Procura di Parma, che è stata inviata anche al ministero della Giustizia, “con l’evidente finalità – conclude Alfonso D’Avino – di porre in rilievo l’anomalia determinatasi con quel che appare un contrasto di norme ma, allo stato, non sono stati registrati interventi correttivi o indicazioni su una diversa modalità di interpretazione”.
Il caso di Parma
Mercoledì 26 gennaio alla caserma dei carabinieri è arrivata la telefonata di un’anziana: “L’ex compagno di mia figlia sta ripetutamente bussando alla porta per entrare in casa”. I militari sono subito intervenuti sul posto e hanno arrestato in flagranza un 51enne che aveva violato l’ordinanza firmata dal Gip, scattata dopo varie denunce per stalking, maltrattamenti, minacce, lesioni. Poi però, vista la mancata convalida, l’uomo è stato rimesso in libertà. Subito, sulla questione è intervenuto Pizzarotti, che ha voluto lanciare un chiaro appello alle autorità politiche e giudiziarie: “C’è qualcosa che non funziona in questo Paese, c’è qualcosa che non funziona nella legge, che in casi come questo deve essere ferrea, incisiva, efficace ed efficiente. Stiamo parlando di una donna sotto pericolo che ha tutto il diritto di vivere in piena serenità e tranquillità la propria vita. Di fronte a questo, non si può rimanere indifferenti né si può considerarlo una cosa normale. Le leggi se non funzionano vanno cambiate“.