Violenze, vessazioni, paura. Il regime del terrore non placa la voglia di libertà delle donne iraniane, che stanno pagando a caro prezzo la forza della loro protesta. Pareva già grave il caso di Elnaz Rekabi Primail, sparita e finita in carcere per aver partecipato senza il velo ai Campionati asiatici di Seul. L’atleta ribelle è stata costretta a tornare in Iran per salvare suo fratello. ma al peggio nn c’è mai limite, là dove la detta legge. Il secondo caso è macchiato di sangue. Una studentessa iraniana Asra Panahi, di 16 anni, è morta dopo un pestaggio da parte delle forze di sicurezza perché, assieme ad altre compagne di classe, si era rifiutata di cantare un inno dedicato alla Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei.
Lo denuncia su Telegram il Consiglio di Coordinamento del sindacato degli insegnanti iraniano secondo cui varie ragazze sono state trasferite in ospedale dopo il pestaggio, avvenuto in una scuola di Ardabil, nel nord ovest del Paese, dopo un raid da parte delle forze di sicurezza che le hanno costrette a intonare una lode a Khamenei.
Il fatto
La studentessa iraniana sarebbe stata picchiata a morte in classe per essersi rifiutata di cantare un inno a favore della Repubblica islamica. Lo ha denunciato su Telegram il Consiglio di coordinamento dei sindacati degli insegnanti in Iran, secondo cui la vittima, la 16enne Asra Panahi, sarebbe stata picchiata insieme a diverse compagne di classe dalle forze di sicurezza durante un blitz effettuato il 13 ottobre al liceo femminile ‘Shahed’ di Ardabil, nel nord-ovest dell’Iran, mentre non si placano le proteste antigovernative a livello nazionale scatenate dalla morte di Mahsa Amini.
Secondo la fonte, diverse ragazze sono state ricoverate in ospedale a seguito del blitz e un certo numero sono state arrestate. Asra sarebbe morta per le ferite riportate. Le autorità iraniane hanno negato ogni responsabilità e successivamente un uomo, identificato come lo zio della 16enne, è apparso sulla tv di Stato affermando che la nipote sarebbe morta per una patologia cardiaca congenita. Per l’ong con sede a Oslo Iran Human Rights finora sono 215, tra cui 27 minorenni, le persone morte nella brutale repressione delle proteste da parte delle forze di sicurezza.
Il 13 ottobre scorso Asra e le sue compagne di classe non avevano nessuna intenzione di intonare un inno in onore della Guida Suprema dell’Iran, il grande ayatollah Ali Khamenei. Indispettiti dal rifiuto, gli agenti delle forze di sicurezza le hanno picchiate selvaggiamente. Alcune studentesse del liceo “Shahed” di Ardabil, una città del Nord-Ovest vicina al mar Caspio, sono finite in ospedale, altre in carcere. Asra Panahi, 16 anni, è morta un giorno dopo, il 14 ottobre, per le ferite subite nell’inatteso e impari scontro. La notizia è emersa grazie al Consiglio di coordinamento dei docenti iraniani, un sindacato dei professori che ha denunciato più volte l’arresto di suoi aderenti durante le proteste di massa innescate dal fermo e dalla tragica fine di Mahsa Amini, la donna curda di 22 anni che secondo la “polizia per la prevenzione del vizio e per la diffusione della virtù” indossava il velo lasciando parzialmente scoperti i capelli.
Naturalmente le autorità della teocrazia respingono ogni responsabilità. Per il prossimo fine settimana sono previste altre manifestazioni. Seguendo un copione ormai consolidato, un uomo identificato come lo zio di Asra è apparso sui canali televisivi di Stato e ha dichiarato che la nipote è stata stroncata da un difetto cardiaco congenito. Esattamente come accadde per Mahsa Amini, arrestata a Teheran il 13 settembre. Nei giorni scorsi le autorità hanno ordinato raid e incursioni nelle scuole di tutto il Paese. Molti studenti sono stati fermati e caricati su auto in sosta vicino alle loro aule. In diverse occasioni i poliziotti hanno sparato gas lacrimogeni. Il sindacato dei docenti ha condannato le «brutali e disumane incursioni» e ha chiesto le dimissioni del ministro dell’istruzione Yousef Nouri.