Due attiviste Lgbtq+ sono state
condannate a morte in Iran, secondo quanto affermano i gruppi per i diritti umani. Zahra Sedighi Hamadani, 31 anni, e
Elham Choubdar, 24 anni, sono state processate a Urmia (capoluogo della provincia dell’Azerbaigian occidentale, nel nord-ovest dell’Iran) con l'accusa di
promuovere l'omosessualità e il cristianesimo nel Paese. A denunciarlo è Amnesty International, che lancia
un appello per la loroliberazioneee e perché le sentenze e le condanne vengano annullate. Sono circa 1700 le firme già registrate, sulle 2mila richieste. "
Diffondere la corruzione sulla terra". È questa l'accusa rivolta dalle autorità iraniane alle due ragazze, le quali avrebbero anche
comunicato con media oppositori della Repubblica islamica. Secondo informazioni ottenute dall'associazione umanitaria, il verdetto di colpevolezza e le sentenze si basano su ragioni discriminatorie legate all'orientamento sessuale reale o percepito e/o all’identità di genere delle due donne e, nel caso di Zahra Sedighi Hamadani, al suo pacifico
attivismo per i diritti Lgbtq+.
La fuga interrotta verso la libertà
Zahra Sedighi-Hamadani
Sedighii Hamedani ha due bambini che, purtroppo, già dall'ottobre 2021 non vedono la loro mamma: la 31enne, infatti, è stata arrestata lo scorso anno mentre cercava di attraversare il confine iraniano con la Turchia per
chiedere asilo, fa sapere l'ong. Mesi prima era stata protagonista di un documentario della BBC sulle violenze e gli abusi subiti dalla comunità nella regione. Amnesty l'ha descritta come una "paladina dei diritti umani gender non-conforming" che è stata detenuta "esclusivamente in relazione al suo
orientamento sessuale, alla sua
identità di genere e ai suoi post sui social media e alle sue dichiarazioni in difesa dei diritti Lgbt". Prima di cercare asilo politico in Turchia, la donna ha pubblicato un video in cui affermava: "Voglio che sappiate quante angherie subiamo noi persone Lgbtq+". "Rischiamo la vita per le nostre emozioni. Ora sto viaggiando verso la libertà - scriveva -. Se non ce la farò,
avrò dato la mia vita per questa causa". Il gruppo di attivisti Hengaw non ha invece rilasciato alcun dettaglio su Choubdar. Una settimana fa l'Iran ha confermato le condanne a morte, ma ha detto che le due sono state condannate per il reato di
traffico di esseri umani e non per il loro attivismo. L'accusa nei suoi confronti è stata formulata per la prima volta dalla televisione di Stato iraniana a novembre. Un notiziario affermava che la giovane aveva promesso alle donne iraniane un'istruzione superiore, un lavoro e una vita migliore nel Kurdistan iracheno, per poi venderle invece come schiave. Si affermava inoltre che la Sareh
promuoveva il gioco d'azzardo illegale e organizzava feste Lgbt.
Accuse fasulle per condannare l'omosessualità
La bandiera arcobaleno oggetto di disprezzo sui social media iraniani
È purtroppo comune che le autorità iraniane perseguano gli omosessuali con
accuse fasulle. Secondo la legge iraniana, il sesso tra due uomini è punibile con la morte, ma le autorità spesso accusano le persone di reati come stupro, incesto o traffico di droga. Negli ultimi anni nel Paese ha preso forma un vivo movimento Lgbt clandestino, ma questo sembra aver
aumentato l'ostilità delle autorità. Le bandiere arcobaleno sono state date alle fiamme insieme a quelle degli Stati Uniti e di Israele e sono stati segnalati arresti per aver utilizzato app per incontri LGBT. Solo pochi giorni fa, il presidente del Paese, Ebrahim Raissi, si è riferito agli omosessuali usando parole estremamente offensive e ha descritto l'
omosessualità come "comportamento immondo" e "barbarie moderna". A marzo, la Guida suprema
Ali Khamenei ha definito l'omosessualità come parte della "
depravazione morale" diffusa nella civiltà occidentale. Secondo la legge iraniana, sia Zahra Sadiqi Hamedani che Elham Choubdar hanno il diritto di appellarsi alla Corte Suprema, ma le prospettive di ribaltare la sentenza sono scarse. La Corte ha purtroppo la reputazione di approvare le sentenze più dure, quando si tratta di accuse considerate
contrarie alla Sharia.