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Home » Attualità » Aung San Suu Kyi condannata a 4 anni di carcere. Amnesty: “I militari stanno soffocando le libertà”

Aung San Suu Kyi condannata a 4 anni di carcere. Amnesty: “I militari stanno soffocando le libertà”

La Premio Nobel per la Pace era stata arrestata a febbraio durante il golpe dei generali con svariate e fantomatiche accuse. Questa è la prima condanna non definitiva, ma la 76enne rischia decenni di carcere

Marianna Grazi
6 Dicembre 2021
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Di lei non si avevano quasi più notizie da mesi, da quel primo febbraio quando era stata deposta dal golpe dei generali e reclusa in un un posto non ben definito. Da allora per l’ex leader birmana Aung San Suu Kyi si erano susseguite le accuse per una sfilza di presunti reati da parte della giunta, tra cui violazione della legge sui segreti ufficiali, corruzione e brogli elettorali.

La 76enne premio Nobel per la Pace ora è stata condannata da un tribunale del Myanmar a 4 anni di prigione per le accuse di incitamento al dissenso contro i militari e violazione delle misure anti Covid. Ad annunciarlo è stato un portavoce della giunta militare, Zaw Min Tun, il quale ha spiegato che Suu Kyi “è stata condannata a due anni di reclusione ai sensi della sezione 505(b) e a due anni di reclusione ai sensi della legge sui disastri naturali”.  Oltre alla politica anche l’ex presidente Win Myint ha subito le stesse accuse e la stessa sentenza. I due ex leader per il momento non saranno trasferiti in carcere, ci tiene a precisare il funzionario. “Affronteranno altre accuse dai luoghi in cui si trovano ora” nella capitale Naypyidaw, ha aggiunto senza fornire ulteriori dettagli.

Sono altri 11 i reati imputati la donna, tra cui quelli relativi alla legge sulle comunicazioni e alla legge sull’import-export per aver posseduto in casa apparecchi walkie-talkie. E ancora le si punta il dito contro per la violazione della legge anticorruzione e di quella sui segreti di stato. I quattro anni di reclusione appaiono dunque come il primo verdetto di una serie che, come sottolinea la Bbc, potrebbe costarle il carcere a vita.

Secondo un gruppo di monitoraggio locale, inoltre, più di 1.300 persone sono state uccise e oltre 10mila arrestate nella repressione del dissenso seguita al colpo di stato. Un ferita ben evidente agli occhi del mondo, che però non può essere raccontata se non parzialmente, visto che tutta la stampa è stata bandita dai processi e, di recente, agli avvocati dell’ex leader politica è stato impedito di parlare con i giornalisti.

Tanto che per Amnesty International, tra le associazioni che fin da subito hanno denunciato e continuano a protestare contro le violenze seguite al golpe, i militari in Birmania stanno cercando di “soffocare le libertà”. “Le dure condanne inflitte ad Aung San Suu Kyi sulla base di false accuse sono l’ultimo esempio della volontà dei militari di eliminare ogni opposizione e soffocare le libertà in Birmania”, ha affermato l’organizzazione in un comunicato.

Tra le voci che si sono levate per criticare la condanna c’è quella del governo britannico: “Un altro spaventoso tentativo del regime militare di soffocare l’opposizione e sopprimere la libertà e la democrazia“, afferma la ministra degli Esteri, Liz Truss, in una nota diffusa dal Foreign Office. Dove si aggiunge: “Il Regno Unito chiede al regime di rilasciare i prigionieri politici, impegnarsi nel dialogo e consentire un ritorno alla democrazia. La detenzione arbitraria di politici eletti rischia solo di creare ulteriori disordini”. Nel coro di protesta unanime che si è alzato quando è stata diffusa la notizia c’è stata anche la dichiarazione di Michelle Bachelet, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani che in una nota ha chiesto la liberazione di Suu Kyi: “La condanna a seguito di un processo farsa davanti a un tribunale controllato dai militari non è altro che una sentenza motivata politicamente”.

 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Di lei non si avevano quasi più notizie da mesi, da quel primo febbraio quando era stata deposta dal golpe dei generali e reclusa in un un posto non ben definito. Da allora per l'ex leader birmana Aung San Suu Kyi si erano susseguite le accuse per una sfilza di presunti reati da parte della giunta, tra cui violazione della legge sui segreti ufficiali, corruzione e brogli elettorali. La 76enne premio Nobel per la Pace ora è stata condannata da un tribunale del Myanmar a 4 anni di prigione per le accuse di incitamento al dissenso contro i militari e violazione delle misure anti Covid. Ad annunciarlo è stato un portavoce della giunta militare, Zaw Min Tun, il quale ha spiegato che Suu Kyi "è stata condannata a due anni di reclusione ai sensi della sezione 505(b) e a due anni di reclusione ai sensi della legge sui disastri naturali".  Oltre alla politica anche l'ex presidente Win Myint ha subito le stesse accuse e la stessa sentenza. I due ex leader per il momento non saranno trasferiti in carcere, ci tiene a precisare il funzionario. "Affronteranno altre accuse dai luoghi in cui si trovano ora" nella capitale Naypyidaw, ha aggiunto senza fornire ulteriori dettagli. Sono altri 11 i reati imputati la donna, tra cui quelli relativi alla legge sulle comunicazioni e alla legge sull'import-export per aver posseduto in casa apparecchi walkie-talkie. E ancora le si punta il dito contro per la violazione della legge anticorruzione e di quella sui segreti di stato. I quattro anni di reclusione appaiono dunque come il primo verdetto di una serie che, come sottolinea la Bbc, potrebbe costarle il carcere a vita. Secondo un gruppo di monitoraggio locale, inoltre, più di 1.300 persone sono state uccise e oltre 10mila arrestate nella repressione del dissenso seguita al colpo di stato. Un ferita ben evidente agli occhi del mondo, che però non può essere raccontata se non parzialmente, visto che tutta la stampa è stata bandita dai processi e, di recente, agli avvocati dell'ex leader politica è stato impedito di parlare con i giornalisti. Tanto che per Amnesty International, tra le associazioni che fin da subito hanno denunciato e continuano a protestare contro le violenze seguite al golpe, i militari in Birmania stanno cercando di "soffocare le libertà". "Le dure condanne inflitte ad Aung San Suu Kyi sulla base di false accuse sono l'ultimo esempio della volontà dei militari di eliminare ogni opposizione e soffocare le libertà in Birmania", ha affermato l'organizzazione in un comunicato. Tra le voci che si sono levate per criticare la condanna c'è quella del governo britannico: "Un altro spaventoso tentativo del regime militare di soffocare l'opposizione e sopprimere la libertà e la democrazia", afferma la ministra degli Esteri, Liz Truss, in una nota diffusa dal Foreign Office. Dove si aggiunge: "Il Regno Unito chiede al regime di rilasciare i prigionieri politici, impegnarsi nel dialogo e consentire un ritorno alla democrazia. La detenzione arbitraria di politici eletti rischia solo di creare ulteriori disordini". Nel coro di protesta unanime che si è alzato quando è stata diffusa la notizia c'è stata anche la dichiarazione di Michelle Bachelet, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani che in una nota ha chiesto la liberazione di Suu Kyi: "La condanna a seguito di un processo farsa davanti a un tribunale controllato dai militari non è altro che una sentenza motivata politicamente".  
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