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Home » Attualità » Bologna, trovati feti e resti umani chiusi in barili industriali abbandonati in un capannone

Bologna, trovati feti e resti umani chiusi in barili industriali abbandonati in un capannone

Erano immersi nella formaldeide per la conservazione dei corpi. La scoperta shock è stata fatta a Granarolo da un ragazzo che ha allertato la polizia

Lucia Lapi
19 Febbraio 2022
Bologna, trovati feti e resti umani in barili industriali abbandonati in un capannone

Bologna, trovati feti e resti umani in barili industriali abbandonati in un capannone

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Un ritrovamento macabro, su cui ora gli investigatori stanno cercando di fare piena luce: feti conservati all’interno di una dozzina di fusti gialli, etichettati con il simbolo dei rifiuti biologici speciali e ammassati in un capannone dell’area industriale di Granarolo, nel Bolognese. Una vicenda ancora da chiarire, come riportato dal quotidiano il Resto del Carlino, sulla quale sta lavorando la squadra Mobile della polizia, coordinata dalla Procura di Bologna, che mercoledì sera è arrivata davanti a un magazzino di via dell’Artigianato dopo la chiamata di un ragazzo che solitamente recupera ferro e vecchi materiali dalle aziende della zona e si sarebbe accorto del contenuto dei bidoni prima di caricarli sul suo furgone. I feti erano immersi in un liquido che potrebbe essere formaldeide e i fusti conservati nel magazzino di una ditta di trasporti, traslochi e smaltimento rifiuti.

La macabra scoperta

 I resti umani erano immersi nella formaldeide per la conservazione dei corpi e conservati in fusti gialli accatastati in un capannone a Granarolo (Bologna)

I resti umani erano immersi nella formaldeide per la conservazione dei corpi e conservati in fusti gialli accatastati in un capannone a Granarolo (Bologna)

Gli investigatori, ipotizzando uno smaltimento illegale di rifiuti, perché così vengono considerati, hanno cominciato subito a contattare ospedali e le strutture sanitarie, tra i quali il Policlinico Universitario Sant’Orsola, e dai primi accertamenti è emerso che i barili proverrebbero proprio da una struttura universitaria di Bologna, una biblioteca di anatomia, che probabilmente li conservava per motivi di studio e di ricerca. Secondo quanto ricostruito, alcuni anni fa ci fu una ristrutturazione con sgombero dei locali ed è stato in quell’occasione che i contenitori furono trasportati nel capannone della ditta di traslochi, dove sarebbero rimasti fino a mercoledì scorso, quando il ragazzo si è accorto del contenuto. “È tutto regolare, è roba di un museo, non c’è niente di nascosto“, ha spiegato il titolare della ditta intervistato dal Tgr Rai Emilia-Romagna, aggiungendo di non aver assolutamente chiesto al giovane di smaltire i rifiuti. Sono lì in magazzino da non so quanti anni e se avessi voluto liberarmene lo avrei fatto da tanto tempo“ ha aggiunto.

Le testimonianze

Bologna, trovati feti e resti umani in barili industriali abbandonati in un capannone
Bologna, trovati feti e resti umani in barili industriali abbandonati in un capannone

“Al momento le indagini in corso non consentono una valutazione piena e chiara dell’accaduto e sconsigliano di pronunciarsi, nel doveroso rispetto del lavoro svolto dagli inquirenti. Allo stesso tempo stiamo conducendo le opportune verifiche interne. Naturalmente io per primo ritengo indispensabile fare piena luce sulla vicenda e forniremo il pieno sostegno agli inquirenti“, ha commentato il rettore dell’Unibo, Giovanni Molari. L’area, così come i fusti, dopo il sopralluogo dei vigili del fuoco del Nucleo Nbcr, è stata messa sotto sequestro, già convalidato dalla Procura che ipotizza provvisoriamente, in attesa di comprendere meglio i termini della vicenda, un reato legato all’illecito trattamento di rifiuti speciali, a carico del titolare del capannone, che potrebbe essere sentito per chiarire se fosse o meno a conoscenza del contenuto dei barili. Nel ricostruire a ritroso la catena degli eventi, soprattutto il perché i fusti con i feti siano finiti nel capannone dopo la ristrutturazione della biblioteca di anatomia, potrebbero essere accertate altre responsabilità, ma essendo passati tanti anni è possibile che eventuali reati siano prescritti.

 

 I resti umani erano immersi nella formaldeide per la conservazione dei corpi e conservati in fusti gialli accatastati in un capannone a Granarolo (Bologna)

I resti umani erano immersi nella formaldeide per la conservazione dei corpi e conservati in fusti gialli accatastati in un capannone a Granarolo (Bologna)

Come riferito dal quotidiano il Resto del Carlino, la scoperta – una quarantina di fusti gialli – è stata fatta da un uomo che raccoglie ferro vecchio e quando il titolare di una società che si occupa di svuotare cantine e magazzini gli ha chiesto di smaltire i bidoni, ha visto il contenuto e ha chiamato la polizia, che è arrivata sul posto con la squadra mobile, la scientifica e i vigili del fuoco del nucleo Nbcr – Nucleare Batteriologico Chimico e Radiologico.

La zona è stata transennata e i fusti posti sotto sequestro. Potrebbe quindi trattarsi di uno smaltimento non corretto, ma ora a chiarire questa assurda storia sono chiamati gli agenti della squadra mobile che stanno ascoltando diverse persone per cercare di risalire ai responsabili. Da quanto si apprende, i bidono potrebbero provenire dall’università che utilizzava feti e resti umani per la ricerca.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Un ritrovamento macabro, su cui ora gli investigatori stanno cercando di fare piena luce: feti conservati all’interno di una dozzina di fusti gialli, etichettati con il simbolo dei rifiuti biologici speciali e ammassati in un capannone dell’area industriale di Granarolo, nel Bolognese. Una vicenda ancora da chiarire, come riportato dal quotidiano il Resto del Carlino, sulla quale sta lavorando la squadra Mobile della polizia, coordinata dalla Procura di Bologna, che mercoledì sera è arrivata davanti a un magazzino di via dell’Artigianato dopo la chiamata di un ragazzo che solitamente recupera ferro e vecchi materiali dalle aziende della zona e si sarebbe accorto del contenuto dei bidoni prima di caricarli sul suo furgone. I feti erano immersi in un liquido che potrebbe essere formaldeide e i fusti conservati nel magazzino di una ditta di trasporti, traslochi e smaltimento rifiuti.

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Gli investigatori, ipotizzando uno smaltimento illegale di rifiuti, perché così vengono considerati, hanno cominciato subito a contattare ospedali e le strutture sanitarie, tra i quali il Policlinico Universitario Sant’Orsola, e dai primi accertamenti è emerso che i barili proverrebbero proprio da una struttura universitaria di Bologna, una biblioteca di anatomia, che probabilmente li conservava per motivi di studio e di ricerca. Secondo quanto ricostruito, alcuni anni fa ci fu una ristrutturazione con sgombero dei locali ed è stato in quell’occasione che i contenitori furono trasportati nel capannone della ditta di traslochi, dove sarebbero rimasti fino a mercoledì scorso, quando il ragazzo si è accorto del contenuto. “È tutto regolare, è roba di un museo, non c’è niente di nascosto“, ha spiegato il titolare della ditta intervistato dal Tgr Rai Emilia-Romagna, aggiungendo di non aver assolutamente chiesto al giovane di smaltire i rifiuti. Sono lì in magazzino da non so quanti anni e se avessi voluto liberarmene lo avrei fatto da tanto tempo“ ha aggiunto.

Le testimonianze

Bologna, trovati feti e resti umani in barili industriali abbandonati in un capannone
Bologna, trovati feti e resti umani in barili industriali abbandonati in un capannone
“Al momento le indagini in corso non consentono una valutazione piena e chiara dell’accaduto e sconsigliano di pronunciarsi, nel doveroso rispetto del lavoro svolto dagli inquirenti. Allo stesso tempo stiamo conducendo le opportune verifiche interne. Naturalmente io per primo ritengo indispensabile fare piena luce sulla vicenda e forniremo il pieno sostegno agli inquirenti“, ha commentato il rettore dell’Unibo, Giovanni Molari. L’area, così come i fusti, dopo il sopralluogo dei vigili del fuoco del Nucleo Nbcr, è stata messa sotto sequestro, già convalidato dalla Procura che ipotizza provvisoriamente, in attesa di comprendere meglio i termini della vicenda, un reato legato all’illecito trattamento di rifiuti speciali, a carico del titolare del capannone, che potrebbe essere sentito per chiarire se fosse o meno a conoscenza del contenuto dei barili. Nel ricostruire a ritroso la catena degli eventi, soprattutto il perché i fusti con i feti siano finiti nel capannone dopo la ristrutturazione della biblioteca di anatomia, potrebbero essere accertate altre responsabilità, ma essendo passati tanti anni è possibile che eventuali reati siano prescritti.  
 I resti umani erano immersi nella formaldeide per la conservazione dei corpi e conservati in fusti gialli accatastati in un capannone a Granarolo (Bologna)

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