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Home » Attualità » L’assurdità di Boris Johnson: “Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili”

L’assurdità di Boris Johnson: “Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili”

Il premier britannico sostiene che i maschi biologici non dovrebbero partecipare agli eventi sportivi femminili: "Forse è una cosa controversa da dire, ma mi sembra sensato e ragionevole"

Remy Morandi
6 Aprile 2022
Il premier britannico Boris Johnson, 57 anni, ha dichiarato: "Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili"

Il premier britannico Boris Johnson, 57 anni, ha dichiarato: "Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili"

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Per Boris Johnson le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili. “Forse è una cosa controversa da dire, ma mi sembra sensato”, ha dichiarato il primo ministro britannico, intervenendo nello spinoso dibattito sorto in Gran Bretagna dopo che Emily Bridges, una ciclista transgender, è stata esclusa dai Campionati Nazionali Omnium di Derby, in Inghilterra.

Il premier britannico Boris Johnson, 57 anni, ha dichiarato: “Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili”

Dopo lo scandalo della conferenza internazionale LGBTQ+ cancellata in Regno Unito, una nuova bufera si scatena sul premier britannico. Boris Johnson ha infatti così dichiarato durante una visita in un ospedale di Welwyn Garden City, Hertfordshire: “Non credo che i maschi biologici dovrebbero competere in eventi sportivi femminili. E forse questa è una cosa controversa… ma mi sembra solo ragionevole”.

All’interno del governo Tory, i pareri sul tema sono discordi, con qualcuno che afferma che dovrebbero essere gli organismi sportivi a decidere in merito. Ma il premier Johnson si è comunque espresso chiaramente: “Se questo mi mette in conflitto con altri, allora dobbiamo risolvere il problema. Non significa che non sia immensamente solidale con le persone che vogliono cambiare genere. Diamo alle persone il massimo amore e sostegno nel prendere queste decisioni ma si tratta di problemi complessi e non possono essere risolti con un atto legislativo rapido e facile. Ci vuole molta riflessione – ha concluso – per risolverli nel modo giusto”.

Ci vorrà anche molta riflessione, ma intanto Boris Johnson lo ha detto chiaramente: “Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili”. La questione è sorta dopo lo stop arrivato a Emily Bridges, un’atleta transgender che è stata esclusa da un campionato nazionale di ciclismo.

Emily Bridges, ciclista transgender britannica di 21 anni, non può partecipare ai Campionati Nazionali Omnium in quanto “non idonea a partecipare a questo evento”, dichiara l’Unione Ciclistica Internazionale

Emily Bridges doveva partecipare sabato scorso ai Campionati Nazionali Omnium su pista di Derby. Poi però l’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) ha deciso di non far partecipare alla competizione la 21enne in quanto “non idonea a partecipare a questo evento”. Così ha riferito la British Cycling, il principale organo di governo britannico per gli sport ciclistici in Gran Bretagna. Dopo lo stop, la giovane atleta ha diffuso un comunicato per chiedere spiegazioni in merito a quella decisione. La ciclista ha infatti dichiarato di aver fornito tutte le prove mediche e i documenti necessari per gareggiare.

Cosa dicono i regolamenti per le atlete transgender nel Regno Unito

Però l’Unione Ciclista Internazionale ha detto di no, in base ai regolamenti per le persone transgender della British Cycling. Secondo le normative britanniche, le cicliste transgender devono avere livelli di testosterone inferiori a cinque nanomoli per litro per un periodo di 12 mesi prima della competizione. Emily Bridges ha fatto sapere di aver fornito sia alla British Cycling che all’UCI la prova che soddisfava i criteri di ammissibilità, tra cui “il mio livello di testosterone che negli ultimi 12 mesi è stato molto al di sotto del limite previsto dai regolamenti”.

Emily Bridges è stata ritenuta “non idonea a partecipare” ai Campionati Nazionali Omnium su pista di Derby, in Inghilterra. Lei ha replicato: “Sono un’atleta. Voglio solo correre”

Emily Bridges: “Sono un’atleta, voglio solo correre”

Nel comunicato diffuso online, dopo aver fornito i dettagli della sua vicenda, Emily Bridges si è lasciata andare a un commento: “Io sono un’atleta e voglio solo correre di nuovo in modo competitivo. Spero che riconsiderino la loro decisione in linea con il regolamento. Nessuno dovrebbe scegliere tra essere quello che è e partecipare allo sport che ama”. Alla fine però Emily Bridges non ha partecipato a quella competizione sportiva. E non solo. Perché oggi, a quattro giorni di distanza da quella storia, il suo premier, Boris Johnson ha posto il suo veto, per il momento solo a parole: “Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili”.

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Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
Per Boris Johnson le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili. "Forse è una cosa controversa da dire, ma mi sembra sensato", ha dichiarato il primo ministro britannico, intervenendo nello spinoso dibattito sorto in Gran Bretagna dopo che Emily Bridges, una ciclista transgender, è stata esclusa dai Campionati Nazionali Omnium di Derby, in Inghilterra.
Il premier britannico Boris Johnson, 57 anni, ha dichiarato: "Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili"
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Cosa dicono i regolamenti per le atlete transgender nel Regno Unito

Però l'Unione Ciclista Internazionale ha detto di no, in base ai regolamenti per le persone transgender della British Cycling. Secondo le normative britanniche, le cicliste transgender devono avere livelli di testosterone inferiori a cinque nanomoli per litro per un periodo di 12 mesi prima della competizione. Emily Bridges ha fatto sapere di aver fornito sia alla British Cycling che all'UCI la prova che soddisfava i criteri di ammissibilità, tra cui "il mio livello di testosterone che negli ultimi 12 mesi è stato molto al di sotto del limite previsto dai regolamenti".
Emily Bridges è stata ritenuta "non idonea a partecipare" ai Campionati Nazionali Omnium su pista di Derby, in Inghilterra. Lei ha replicato: "Sono un'atleta. Voglio solo correre"

Emily Bridges: "Sono un'atleta, voglio solo correre"

Nel comunicato diffuso online, dopo aver fornito i dettagli della sua vicenda, Emily Bridges si è lasciata andare a un commento: "Io sono un'atleta e voglio solo correre di nuovo in modo competitivo. Spero che riconsiderino la loro decisione in linea con il regolamento. Nessuno dovrebbe scegliere tra essere quello che è e partecipare allo sport che ama". Alla fine però Emily Bridges non ha partecipato a quella competizione sportiva. E non solo. Perché oggi, a quattro giorni di distanza da quella storia, il suo premier, Boris Johnson ha posto il suo veto, per il momento solo a parole: "Le donne transgender non dovrebbero competere negli sport femminili".
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