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Home » Attualità » Briatore contro la pizza del popolo ha la soluzione: “Con Crazy Pizza a Napoli i prezzi saliranno”

Briatore contro la pizza del popolo ha la soluzione: “Con Crazy Pizza a Napoli i prezzi saliranno”

L'imprenditore in difesa della pizza gourmet e dell'élite contro quella "po-po-la-re!"

Sofia Francioni
22 Giugno 2022
Briatore pizza napoletana
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Non è nuovo a certe trovate mediatiche e – lasciatecelo dire – anche a certe volgarità, ma stavolta l’imprenditore del Billionaire e del mondo dello spettacolo Flavio Briatore si supera attaccando la pizza napoletana: costa troppo poco per essere buona, la sintesi. Nel 2015 il capo del Gruppo internazionale di hospitality di lusso sostenne di non credere all’università perché “contano di più le conoscenze. È più utile lavorare subito e fare esperienza, soprattutto in paesi avanzati ed economicamente forti, piuttosto che arrivare a 30 anni ancora con i libri sotto braccio”. Oggi però, tocca i portafogli e i cuori degli italiani, scagliandosi contro il prezzo popolare della pizza: “Gli altri come fanno a venderla a 4 euro? Che ingredienti usano?” chiede il 19 giugno a Vanity Fair difendendo le sue pizze gourmet vendute nella catena Crazy pizza anche a 65 o a 36 euro, dimenticando che nessuno la vende più al di sotto dei 7 euro e che non tutti hanno né il vezzo, né la possibilità di potersi permettere un “prosciutto crudo da 300 euro al chilo, il Pata negra”, come elenca lui su Telegram, in tempi di caro vita.

Sorbillo propone una “serata a quattro mani” tra pizzaioli

Dopo la sparata, piovono le critiche: “La pizza è un piatto po-po-la-re“, scrivono in tanti sui social. Mentre i re della pizza napoletana, Gino Sorbillo e Francesco Borrelli, inscenano una protesta offrendo nei loro locali pizza gratis. Dal proprietario della storica pizzeria Sorbillo arriva anche una proposta indirizzata all’imprenditore cuneese: una serata a quattro mani tra la squadra di pizzaioli di Briatore e quelli di Sorbillo per offrire e far conoscere ai suoi clienti abituati a pizze gourmet anche la tipica pizza napoletana”.

“L’ingrediente zero di una buona pizza è il calore”

Il conto per quattro persone da Crazy Pizza

Ma Briatore non si ferma: “Si stanno facendo pubblicità”. “La pizza napoletana non mi piace, ha troppo contorno e lievito, a Salerno la fanno diversa, più sottile. Ormai la pizza è un prodotto mondiale, con Napoli non ha nulla a che fare”. Infine, colpo di scena (preventivato più o meno da tutti) con l’annuncio da parte dell’imprenditore cuneese di aprire un nuovo Crazy Pizza anche nel capoluogo partenopeo: “Cerco di trovare una location, appena la trovo aprirò un Crazy Pizza a Napoli, città che amo”. Questa volta la sua dichiarazione viene registrata dalla Zanzara, il programma radiofonico di Giuseppe Cruciani e David Parenzo. “Nessuno può fare profitto con la pizza a 4 euro, grazie a me aumenteranno i loro prezzi”. Fortuna che alla logica del profitto e dell’esclusione, risponde l’ospitalità napoletana di Sorbillo: “L’ingrediente zero di una buona pizza è il calore”

 

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  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
  • Esplosiva, incantevole, nata dalla fantasia di un fumetto per trasformarsi nell’immagine potente di un poster dai colori acrilici alla Andy Warhol. Psichedelica e attraente, conturbante e sexy. Bella da guastare il sonno a molti. Maschio eppure femmina. 

Eva Robin’s, lei che ha fatto sognare generazioni, è stata e rimane il simbolo incontrastato della transessualità. 

Dicevano che somigliasse in modo sorprendente al personaggio di Diabolik Eva Kant, e lei su quell’immagine ci ha lavorato, quasi divertendosi, rendendola viva e facendone una star in carne e ossa. 

"Io sono attratta sessualmente da un uomo ma la mia affettività è diretta verso le donne. Senza dubbio il maschio che c’è in me pretende la sua parte”.

Attrice di cinema e teatro, showgirl e cantante, Eva continua a calcare le scene recitando in ruoli teatrali di grande spessore e impegno. La sua figura di oggi sembra sfumata, il suo volto un po’ flou, l’esuberanza di un tempo addolcita dal tempo. 

Leggi l
  • Al cinema e in tv serve una rappresentazione più reale dei corpi. Anche di quelli in carne.

A rivendicare il diritto di apparire per come si è, soprattutto nei ruoli che chiedono una determinata fisicità, è Shannon Purser, nota soprattutto per aver interpretato Barb Holland in "Stranger Things" e Ethel Muggs in “Riverdale". La 25enne statunitense ha criticato aspramente il trattamento riservato agli “attori grassi” a Hollywood, in particolare per quanto riguarda il casting.

“Non assumono attori grassi per ruoli iconici grassi perché vogliono grandi nomi. Non ci sono quasi mai star grasse di primo piano perché agli attori grassi non è consentita la possibilità di salire di livello. Non ci viene data la giusta visibilità perché l’industria ci vede come elementi bidimensionali“.

Shannon Purser aveva già affrontato la questione in un’intervista a Vanity Fair durante le riprese di “Sierra Burgess è una sfigata”. 

“Anche le donne plus size meritano di avere un principe e il libero arbitrio. Crescendo, se avessi avuto qualcuno che mi somigliava, mi sarei sentita molto meno sola e più compresa. Spero che questo film sfidi i giovani a ripensare il modo in cui guardano se stessi e l’un l’altro, imparando ad abbracciare l’autenticità”. 

E chissà che questa volta, oltre alle parole, non si arrivi anche ai fatti, per invertire la tendenza discriminante e grassofobica proprio nella culla dei sogni: Hollywood.

Di Marianna Grazi ✍

#lucenews #lucelanazione #shannonpurser #barbstrangerthings #hollywood #bodyshaming #sierraburgessisaloser
  • Sul tema dell
Non è nuovo a certe trovate mediatiche e - lasciatecelo dire - anche a certe volgarità, ma stavolta l'imprenditore del Billionaire e del mondo dello spettacolo Flavio Briatore si supera attaccando la pizza napoletana: costa troppo poco per essere buona, la sintesi. Nel 2015 il capo del Gruppo internazionale di hospitality di lusso sostenne di non credere all'università perché "contano di più le conoscenze. È più utile lavorare subito e fare esperienza, soprattutto in paesi avanzati ed economicamente forti, piuttosto che arrivare a 30 anni ancora con i libri sotto braccio". Oggi però, tocca i portafogli e i cuori degli italiani, scagliandosi contro il prezzo popolare della pizza: "Gli altri come fanno a venderla a 4 euro? Che ingredienti usano?" chiede il 19 giugno a Vanity Fair difendendo le sue pizze gourmet vendute nella catena Crazy pizza anche a 65 o a 36 euro, dimenticando che nessuno la vende più al di sotto dei 7 euro e che non tutti hanno né il vezzo, né la possibilità di potersi permettere un "prosciutto crudo da 300 euro al chilo, il Pata negra", come elenca lui su Telegram, in tempi di caro vita.

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