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Home » Attualità » Budapest Pride: la marcia dei 30mila contro le politiche discriminatorie di Orban verso la comunità Lgbtq+

Budapest Pride: la marcia dei 30mila contro le politiche discriminatorie di Orban verso la comunità Lgbtq+

Migliaia di persone hanno marciato sulle strade di Budapest sabato per la manifestazione dell'orgoglio lgbtq+. Tra i partecipanti anche esponenti della politica italiana come Alessandro Zan, promotore del ddl contro l'omotransfobia in discussione in parlamento: "Vicini ai fratelli ungheresi. In corteo per la mia legge, non diventiamo come questo Paese"

Marianna Grazi
26 Luglio 2021
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Poteva sembrare una manifestazione come tante, sempre più diffuse in tutto il mondo, ma si è trattato di un baluardo di resistenza che non ha eguali in tutta Europa. Durante il weekend Budapest si è tinta di arcobaleno. In occasione del Pride infatti, migliaia di persone hanno sfilato lungo le strade della capitale magiara contro l’escalation omofoba del governo di Viktor Orban, che poco più di un mese fa ha introdotto una legge che vieta la diffusione di informazioni riguardanti i temi Lgbtq+ ai minori di 18 anni.

Oltre 30mila persone, ottomila in più rispetto a due anni fa, quando si era celebrato l’ultima volta, sono scese per strada in modo pacifico, tra musica, bandiere e ombrellini rainbow per difendersi  anche dal caldo. L’obiettivo non era solo quello di rivendicare la propria libertà di esistere, ma anche opporsi in modo deciso ma non violento ad un regime che delle politiche anti lgbtq+ sta facendo un fiore all’occhiello della propria politica. Soprattutto dopo la recente decisione approvata da Fidesz, partito di Orban, di quella che a molti appare come una legge oblio, che vorrebbe ‘cancellare’ l’esistenza dell’omosessualità e della diversa identità di genere agli occhi delle nuove generazioni.

In merito, pochi giorni fa la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Ungheria, definendo la legge discriminatoria e contraria ai valori europei della tolleranza e delle libertà individuali, e al rispetto della dignità umana sanciti dai Trattati europei. In tutta risposta il premier nazionalista ha annunciato un referendum sul controverso provvedimento “per fermare Bruxelles come avvenne cinque anni fa sulla questione dei migranti”. Il leader, che guarda già alle elezioni del prossimo anno, è convinto di poggiare su un consenso popolare molto solido, ma secondo un sondaggio Ipsos, il 46% degli ungheresi è favorevole alle nozze gay e secondo una ricerca del Globsec il 55% non è d’accordo con la “demonizzazione della comunità”.

“Invece di proteggere le minoranze, il governo sta usando le leggi per emarginare gli Lgbtq nel proprio Paese”, hanno denunciato gli organizzatori del Pride, mostrando, con il successo dell’evento “ai politici assetati di potere che la comunità non si farà intimidire”.
“Quella legge è un oltraggio. Viviamo nel ventunesimo secolo e cose del genere non dovrebbero accadere. Non siamo più in epoca comunista, siamo in Ue e tutti dovrebbero poter vivere liberamente”, ha detto invece Istvan, 27 anni, che ha partecipato alla marcia nel centro di Budapest con il suo ragazzo.

Alla marcia di protesta e di orgoglio magiara ha preso parte una delegazione di politici italiani, tra cui Brando Benifei e Alessandro Zan del Pd, Vladimir Luxuria ed esponenti di Più Europa che hanno sfilato assieme al sindaco della capitale, Gergely Karácsony, esponente di punta dell’opposizione. “Siamo qui a Budapest per dimostrare che le persone Lgbt ungheresi non sono sole di fronte all’attacco da parte del governo di Orban”, ha affermato in diretta Facebook Yuri Guaiana, membro della direzione di Più Europa. “In Ungheria  si gioca la partita dello stato di diritto, della democrazia, della libertà e dei diritti in tutta l’Unione europea – ha aggiunto Benedetto Della Vedova, segretario del partito e sottosegretario agli Esteri -. I Paesi che hanno scelto di stare in Ue hanno sottoscritto il trattato di Lisbona che contiene la carta dei diritti fondamentali di Nizza. E quindi i Paesi membri hanno un obbligo: non si può rimanere in Europa se si hanno leggi che violano palesemente i diritti di libertà fondamentali, come è il caso dei diritti delle persone Lgbt, che invece sono colpiti e violati in Ungheria”.

Quaranta ambasciate e istituzioni culturali presenti in Ungheria, hanno pubblicato un comunicato di sostegno al Budapest Pride. “Incoraggiamo iniziative in ogni Paese per garantire l’uguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro orientamento sessuale o identità di genere”, si legge nella nota firmata, tra gli altri, dalle ambasciate italiana, britannica, tedesca e americana.

Nel frattempo, però, come ha dimostrato il silenzio indifferente del premier ungherese durante la protesta, vivere in Ungheria significa resistere e ogni atto di resistenza è un atto politico. Ogni bacio, ogni bandiera, ogni cartello mostrato con orgoglio al Pride di Budapest allora, assumono una nobiltà politica in riposta (pacifica) a quel diktat di democrazia illiberale – termine coniato dallo stesso Orban – che vede nel diverso, in ciò che è marginale, uno sfogo per politiche discriminatorie e violente.

 

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Poteva sembrare una manifestazione come tante, sempre più diffuse in tutto il mondo, ma si è trattato di un baluardo di resistenza che non ha eguali in tutta Europa. Durante il weekend Budapest si è tinta di arcobaleno. In occasione del Pride infatti, migliaia di persone hanno sfilato lungo le strade della capitale magiara contro l'escalation omofoba del governo di Viktor Orban, che poco più di un mese fa ha introdotto una legge che vieta la diffusione di informazioni riguardanti i temi Lgbtq+ ai minori di 18 anni. Oltre 30mila persone, ottomila in più rispetto a due anni fa, quando si era celebrato l'ultima volta, sono scese per strada in modo pacifico, tra musica, bandiere e ombrellini rainbow per difendersi  anche dal caldo. L'obiettivo non era solo quello di rivendicare la propria libertà di esistere, ma anche opporsi in modo deciso ma non violento ad un regime che delle politiche anti lgbtq+ sta facendo un fiore all'occhiello della propria politica. Soprattutto dopo la recente decisione approvata da Fidesz, partito di Orban, di quella che a molti appare come una legge oblio, che vorrebbe 'cancellare' l'esistenza dell'omosessualità e della diversa identità di genere agli occhi delle nuove generazioni. In merito, pochi giorni fa la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Ungheria, definendo la legge discriminatoria e contraria ai valori europei della tolleranza e delle libertà individuali, e al rispetto della dignità umana sanciti dai Trattati europei. In tutta risposta il premier nazionalista ha annunciato un referendum sul controverso provvedimento "per fermare Bruxelles come avvenne cinque anni fa sulla questione dei migranti". Il leader, che guarda già alle elezioni del prossimo anno, è convinto di poggiare su un consenso popolare molto solido, ma secondo un sondaggio Ipsos, il 46% degli ungheresi è favorevole alle nozze gay e secondo una ricerca del Globsec il 55% non è d'accordo con la "demonizzazione della comunità". "Invece di proteggere le minoranze, il governo sta usando le leggi per emarginare gli Lgbtq nel proprio Paese", hanno denunciato gli organizzatori del Pride, mostrando, con il successo dell'evento "ai politici assetati di potere che la comunità non si farà intimidire". "Quella legge è un oltraggio. Viviamo nel ventunesimo secolo e cose del genere non dovrebbero accadere. Non siamo più in epoca comunista, siamo in Ue e tutti dovrebbero poter vivere liberamente", ha detto invece Istvan, 27 anni, che ha partecipato alla marcia nel centro di Budapest con il suo ragazzo. Alla marcia di protesta e di orgoglio magiara ha preso parte una delegazione di politici italiani, tra cui Brando Benifei e Alessandro Zan del Pd, Vladimir Luxuria ed esponenti di Più Europa che hanno sfilato assieme al sindaco della capitale, Gergely Karácsony, esponente di punta dell'opposizione. "Siamo qui a Budapest per dimostrare che le persone Lgbt ungheresi non sono sole di fronte all'attacco da parte del governo di Orban", ha affermato in diretta Facebook Yuri Guaiana, membro della direzione di Più Europa. "In Ungheria  si gioca la partita dello stato di diritto, della democrazia, della libertà e dei diritti in tutta l'Unione europea - ha aggiunto Benedetto Della Vedova, segretario del partito e sottosegretario agli Esteri -. I Paesi che hanno scelto di stare in Ue hanno sottoscritto il trattato di Lisbona che contiene la carta dei diritti fondamentali di Nizza. E quindi i Paesi membri hanno un obbligo: non si può rimanere in Europa se si hanno leggi che violano palesemente i diritti di libertà fondamentali, come è il caso dei diritti delle persone Lgbt, che invece sono colpiti e violati in Ungheria". Quaranta ambasciate e istituzioni culturali presenti in Ungheria, hanno pubblicato un comunicato di sostegno al Budapest Pride. "Incoraggiamo iniziative in ogni Paese per garantire l'uguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro orientamento sessuale o identità di genere", si legge nella nota firmata, tra gli altri, dalle ambasciate italiana, britannica, tedesca e americana. Nel frattempo, però, come ha dimostrato il silenzio indifferente del premier ungherese durante la protesta, vivere in Ungheria significa resistere e ogni atto di resistenza è un atto politico. Ogni bacio, ogni bandiera, ogni cartello mostrato con orgoglio al Pride di Budapest allora, assumono una nobiltà politica in riposta (pacifica) a quel diktat di democrazia illiberale - termine coniato dallo stesso Orban - che vede nel diverso, in ciò che è marginale, uno sfogo per politiche discriminatorie e violente.  
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