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Home » Attualità » Call4Margherita, Actionaid rinnova la sua campagna contro la violenza sulle donne

Call4Margherita, Actionaid rinnova la sua campagna contro la violenza sulle donne

La campagna prende spunto da un fatto di cronaca accaduto a Milano: una donna, per salvarsi dalle violenze del suo compagno, ha chiamato il 112 fingendo di ordinare una pizza a domicilio. Così gli agenti hanno potuto cogliere l'uomo in flagrante

Francesco Lommi
18 Novembre 2021
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Sembra strano da dire, ma capita anche che ordinare una pizza margherita possa salvare la vita. Ed è proprio quanto accaduto a una donna ormai un anno e mezzo fa, nell’estate del 2020, quando per salvarsi dalle violenze del compagno chiamò il 112. Non potendo denunciare apertamente  la situazione, la donna ha pensato di “ordinare una pizza margherita” al centralino della polizia. La richiesta di aiuto è stata compresa dall’agente che ha prontamente inviato una pattuglia all’indirizzo indicato. Così l’uomo, colto in flagranza di reato, è stato arrestato.

Da quell’episodio isolato, molte altre donne hanno adottato questo stratagemma per denunciare le violenze domestiche, tanto da dare spunto ad ActionAid per il nome della campagna contro la violenza sulle donne. L’ultimo in ordine di tempo è stato quest’anno a Milano, ma i casi ormai, sia in Italia che all’estero non si contano più. Margherita è il nome simbolico che ActionAid ha deciso di dare alla prima ragazza che ha inventato questo “messaggio in codice”, elevandola a rappresentante di tutte le donne  che ogni giorno rischiano di non trovare aiuto. In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), Call4Margherita compie due anni: in questo periodo la pizza margherita, da piatto caratteristico della cultura italiana, e diventa anche un simbolo di protesta per i fondi – milioni e milioni di euro – promessi e mai stanziati dai governi di tutto il mondo.

“Ancora oggi, in Italia e nel mondo salvarsi la vita e uscire da una situazione di violenza è un lusso. La violenza contro le donne è un problema globale che coinvolge persone di ogni paese, cultura, condizione economica e sociale. Stiamo parlando di un fenomeno strutturale a che tuttavia non viene affrontato con efficacia o con fondi adeguati dalle varie politiche nazionali di prevenzione, protezione e contrasto, perché purtroppo la lotta alla violenza contro le donne non è una priorità, e non lo è stata neanche durante questa pandemia globale. Con la campagna #Call4Margherita ActionAid vuole sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni affinché il tema del contrasto alla violenza sulle donne diventi un’urgenza concreta della politica: solo in questo modo sarà possibile far tornare la pizza a essere una semplice pizza e non ‘un bene di lusso’ dal costo esorbitante” afferma Katia Scannavini, vice segretaria generale ActionAid Italia, a margine del flash mob che è andato in scena a Roma con anche la partecipazione dell’attrice Claudia Gerini.

In Italia dal 2013 ad oggi solo il 14% dei fondi a disposizione è stato speso in prevenzione, in maniera difforme sul territorio e prevalentemente per attività di sensibilizzazione pubblica, progetti nelle scuole e corsi di formazione alle forze dell’ordine, al personale sanitario, alle assistenti sociali. Inoltre, i fondi per i centri antiviolenza e le case rifugio continuano a essere insufficienti e sempre in ritardo. Se guardiamo poi al resto del mondo la situazione è tutt’altro che rosea dal momento che 49 paesi non hanno una legge specifica contro la violenza domestica, in 45 non esiste una legislazione sulle molestie sessuali e 112 paesi non criminalizzano lo stupro coniugale. La pizza, invece, ha raggiunto ogni tavola del mondo, ora con la campagna di ActionAid l’obiettivo, oltre a raccogliere fondi per per sostenere i centri antiviolenza (nel 2020 si toccò quota 6mila euro in meno di due settimane), è quello di aumentare la consapevolezza rispetto alla tutela del genere femminile.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Sembra strano da dire, ma capita anche che ordinare una pizza margherita possa salvare la vita. Ed è proprio quanto accaduto a una donna ormai un anno e mezzo fa, nell'estate del 2020, quando per salvarsi dalle violenze del compagno chiamò il 112. Non potendo denunciare apertamente  la situazione, la donna ha pensato di "ordinare una pizza margherita" al centralino della polizia. La richiesta di aiuto è stata compresa dall'agente che ha prontamente inviato una pattuglia all'indirizzo indicato. Così l'uomo, colto in flagranza di reato, è stato arrestato. Da quell'episodio isolato, molte altre donne hanno adottato questo stratagemma per denunciare le violenze domestiche, tanto da dare spunto ad ActionAid per il nome della campagna contro la violenza sulle donne. L'ultimo in ordine di tempo è stato quest'anno a Milano, ma i casi ormai, sia in Italia che all'estero non si contano più. Margherita è il nome simbolico che ActionAid ha deciso di dare alla prima ragazza che ha inventato questo "messaggio in codice", elevandola a rappresentante di tutte le donne  che ogni giorno rischiano di non trovare aiuto. In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), Call4Margherita compie due anni: in questo periodo la pizza margherita, da piatto caratteristico della cultura italiana, e diventa anche un simbolo di protesta per i fondi - milioni e milioni di euro - promessi e mai stanziati dai governi di tutto il mondo. "Ancora oggi, in Italia e nel mondo salvarsi la vita e uscire da una situazione di violenza è un lusso. La violenza contro le donne è un problema globale che coinvolge persone di ogni paese, cultura, condizione economica e sociale. Stiamo parlando di un fenomeno strutturale a che tuttavia non viene affrontato con efficacia o con fondi adeguati dalle varie politiche nazionali di prevenzione, protezione e contrasto, perché purtroppo la lotta alla violenza contro le donne non è una priorità, e non lo è stata neanche durante questa pandemia globale. Con la campagna #Call4Margherita ActionAid vuole sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni affinché il tema del contrasto alla violenza sulle donne diventi un'urgenza concreta della politica: solo in questo modo sarà possibile far tornare la pizza a essere una semplice pizza e non 'un bene di lusso' dal costo esorbitante" afferma Katia Scannavini, vice segretaria generale ActionAid Italia, a margine del flash mob che è andato in scena a Roma con anche la partecipazione dell'attrice Claudia Gerini. In Italia dal 2013 ad oggi solo il 14% dei fondi a disposizione è stato speso in prevenzione, in maniera difforme sul territorio e prevalentemente per attività di sensibilizzazione pubblica, progetti nelle scuole e corsi di formazione alle forze dell'ordine, al personale sanitario, alle assistenti sociali. Inoltre, i fondi per i centri antiviolenza e le case rifugio continuano a essere insufficienti e sempre in ritardo. Se guardiamo poi al resto del mondo la situazione è tutt'altro che rosea dal momento che 49 paesi non hanno una legge specifica contro la violenza domestica, in 45 non esiste una legislazione sulle molestie sessuali e 112 paesi non criminalizzano lo stupro coniugale. La pizza, invece, ha raggiunto ogni tavola del mondo, ora con la campagna di ActionAid l'obiettivo, oltre a raccogliere fondi per per sostenere i centri antiviolenza (nel 2020 si toccò quota 6mila euro in meno di due settimane), è quello di aumentare la consapevolezza rispetto alla tutela del genere femminile.
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