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Home » Attualità » Camera Penale di Pisa: “Solidarietà agli avvocati minacciati in Afghanistan, i governi si mobilitino”

Camera Penale di Pisa: “Solidarietà agli avvocati minacciati in Afghanistan, i governi si mobilitino”

È questo l'appello partito dal Tribunale pisano in occasione della Giornata Internazionale degli Avvocati minacciati

Ilaria Vallerini
25 Gennaio 2023
La presidente della Camera Penale di Pisa, Serena Caputo

La presidente della Camera Penale di Pisa, Serena Caputo

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Una denuncia partita dalla Camera Penale di Pisa. Ancora una volta in prima linea nella difesa dei diritti umani. Sono parole di condanna quelle enunciate ieri in occasione della Giornata internazionale degli Avvocati minacciati in merito alle gravi condizioni dei legali in Afghanistan. Il documento è stato formulato dal direttivo della Camera Penale del Tribunale di Pisa sotto la supervisione della presidente Serena Caputo e del responsabile dell’Osservatorio Endangered Lawyers dell’Unione delle Camere Penali, Ezio Menzione, ed è stato letto dalla presidente sezione Penale Tribunale di Pisa, Beatrice Dani. “Esprimiamo solidarietà ai nostri colleghi – dicono indignati dall’aula 2 del tribunale -, che i governi si mobilitino subito per ristabilire lo stato di diritto“.

Afghanistan, la terra dei diritti calpestati

La presa del potere da parte dei Talebani in Afghanistan ha provocato cambiamenti devastanti nella professione legale e nell’amministrazione della giustizia. “Il 22 Novembre 2021 il Ministero della Giustizia ha emesso un decreto con cui si privava l’Associazione Indipendente Afghana degli Avvocati (AIBA) della sua indipendenza e del potere di rilasciare licenze professionali – si legge nel documento prodotto dalla Camera Penale di Pisa -. La sua sede fu devastata, i suoi fondi furono requisiti e, peggio di tutto, fu acquisito il suo database con le generalità di tutti gli iscritti. L’AIBA fu posta sotto il controllo del Ministero e dunque perse la sua specifica funzione e gli avvocati che negli anni precedenti si erano dedicati alla difesa di casi che riguardavano violazioni dei diritti umani, sono diventati facile bersaglio di feroci attacchi e rappresaglie da parte dei Talebani. Stando ai dati forniti dall’associazione, 7 avvocati sono stati ammazzati da quando l’AIBA è stata smantellata e 146 sono stati arrestati o sono sotto processo“. Molti avvocati che ne avevano la possibilità “hanno lasciato il paese – si evidenzia nel testo -, anche se molti di loro devono affrontare difficili condizioni in situazioni temporanee, in attesa di un permesso permanente, e molti altri si trovano in pericolo. Per di più, mentre prima del ritorno dei Talebani le donne avvocato costituivano il 25 % dei membri dell’Associazione Indipendente Afghana degli Avvocati, fino ad oggi le licenze professionali sono state rilasciate solo agli uomini. La sfida delle donne avvocato è per la loro stessa sopravvivenza”.

Ezio Menzione (Osservatorio avvocati minacciati) e la presidente della Camera Penale di Pisa, Serena Caputo

Ezio Menzione (Osservatorio Endangered Lawyers): “Interveniamo affinché venga ripristinato lo stato di diritto”

“Negli ultimi anni purtroppo ci ha impegnati molto la Turchia, dove c’è un vero e proprio accanimento contro la libertà di espressione degli avvocati – spiega Ezio Menzione -. Nel frattempo, si sono affacciate anche altre realtà come l’Iran dove si eseguono condanne a morte senza nemmeno un processo e lo stesso vale per l’Afghanistan dove le condanne vengono emesse nel nome della Sharia. E’ un panorama che ci desta molta preoccupazione, perché in questi le regole vengono completamente disattese e stravolte”. Entrando nel merito dell’importante ruolo che gioca l’Osservatorio, aggiunge: “Siamo chiamati ad intervenire nella speranza che la presenza di avvocati europei trattenga nei binari delle regole della procedura chi si trova a giudicare, per poi riportare nel nostro paese ciò di cui siamo stati testimoni diretti nel tentativo di far emergere queste realtà agli occhi dei colleghi e dell’opinione pubblica”.

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21 Gennaio 2023

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  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
  • II problema è che sei sola. Arrivi lì persino convinta: è la cosa più naturale che tu, donna, sia mai stata chiamata a fare: partorire. 

Te lo hanno ripetuto per 9 mesi nei corsi preparto, e te l’hanno ripetuto ancora prima che tu venissi al mondo: non c’è niente che sia più naturale, per una donna, nei secoli dei secoli. E il bello è che aver ottenuto la possibilità di scegliere che il tuo parto non sia "medicalizzato", che il tuo neonato non ti sia strappato subito dalle braccia e che resti, subito dopo, al tuo fianco nella tua stanza, e non nella nursery, è il risultato di una lunga battaglia, intrapresa oltre 30 anni fa. 

Una battaglia vinta? No, se si è passati dal troppo medicalizzato all’abbandono. 

Il problema è che c’è un’altra verità – nei secoli dei secoli – ed è il paradosso: nell’esatto momento in cui vieni pervasa dalla furiosa coscienza che sei onnipotente perché sei come Dio e hai dato la vita, vieni pure annientata dalla furiosa consapevolezza che la sopravvivenza di quella vita dipende da te, dipende da te tutto, la sua felicità o la sua infelicità, e non sai se sarai in grado di accudirla, quella nuova vita, come devi, e hai paura, la paura più pura e cristallina e terribile che tu abbia mai provato, e altro che Dio, sei l’ultimo dei miserabili. 

È stata la cultura patriarcale ad aver tramandato la maternità come destino ineluttabile della femminilità: la paura della donna non è mai stata né contemplata, né tanto meno accettata. È stata condivisa tra le donne, quando vi era un tessuto sociale che lo permetteva. È stata omessa dalla contemporaneità anche dalle donne stesse perché ammetterla comporta arretrare dall’emancipazione, dalla rivendicazione della parità: partorisci naturalmente, allatti naturalmente, naturalmente performi due giorni dopo come nulla fosse. 

Ma non c’è nulla di naturale in questo. È un’altra storia di prevaricazione. E una nuova storia di solitudine. Tra le più feroci.

di Chiara Di Clemente✍🏻

#lucenews #editoriale #allattamento #maternita #ospedalepertini
  • Theodore (Teddy) Hobbs vive a Portishead, nella contea inglese del Somerset, insieme ai genitori, mamma Beth, 31 anni, e il padre Will Hobbs, 41 anni. Il piccolo, che ora ha quasi quattro anni, è entrato nel Mensa (l’associazione internazionale fondata nel 1947 per chi ha il Quoziente Intellettivo almeno 1,5 volte quello regolare, ndr) a tre anni dopo aver superato un test del QI e ottenendo un punteggio di 139 su 160 nel test di Stanford Binet, scioccando i suoi genitori, che non avevano idea di quanto fosse intelligente. 

Ma il bambino dei segnali li aveva già dati visto che ha imparato a leggere da autodidatta all’età di soli due anni e quattro mesi e ora è persino in grado di leggere i libri di Harry Potter, quando i genitori glielo permettono, ed è in grado di contare in sei lingue diverse, mandarino compreso. I suoi passatempi preferiti? Le ricerche su Google e recitare le tabelline.

I genitori ammettono di non essersi mai aspettati che il figlio entrasse nel gruppo e non avevano nemmeno pianificato di fare domanda per l’adesione. “Ci è stato detto che non era mai entrato un membro dell’età di tre anni. A essere onesti, è davvero un colpo di fortuna che sia entrato” sono le parole di mamma Beth che spiega: “Non avevamo intenzione di farlo entrare nella società. Volevamo solo fargli fare un test prima di mandarlo a scuola per capire quale scegliere”. Ad ogni modo, continua la madre, “prima del test gli abbiamo detto che avrebbe dovuto risolvere qualche puzzle con una signora che lo guardava per un’oretta, e lui ne è rimasto felicissimo”.

I genitori del bimbo, che si sono sottoposti alla fecondazione in vitro per concepire il figlio e la sorella minore di Teddy, scherzano persino sul fatto che potrebbe esserci stato un pasticcio alla clinica della fertilità. “Non sappiamo come ha fatto a venire fuori così. Si sta rendendo conto di essere più dotato degli altri bambini. Io e mio marito scherziamo sempre dicendo che al dottore dev’essere sfuggita un’iniezione di qualche tipo. Da grande vuole fare il dottore perché gioca sempre a guarire i suoi giocattoli con il suo amico all’asilo”.

#lucenews #mensa #piccoligeni
  • “La lotta per garantire il diritto fondamentale delle donne all’assistenza sanitaria riproduttiva è tutt’altro che conclusa“.

In occasione del 50° anniversario della Roe v. Wade, lo scorso 22 gennaio, la storica sentenza della Corte Suprema che ha sancito il diritto costituzionale all’aborto, annullata la scorsa estate, la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris è stata in Florida per tenere un discorso di commemorazione.

#lucenews #roevwade #usa #abortionrights
Una denuncia partita dalla Camera Penale di Pisa. Ancora una volta in prima linea nella difesa dei diritti umani. Sono parole di condanna quelle enunciate ieri in occasione della Giornata internazionale degli Avvocati minacciati in merito alle gravi condizioni dei legali in Afghanistan. Il documento è stato formulato dal direttivo della Camera Penale del Tribunale di Pisa sotto la supervisione della presidente Serena Caputo e del responsabile dell'Osservatorio Endangered Lawyers dell'Unione delle Camere Penali, Ezio Menzione, ed è stato letto dalla presidente sezione Penale Tribunale di Pisa, Beatrice Dani. "Esprimiamo solidarietà ai nostri colleghi - dicono indignati dall'aula 2 del tribunale -, che i governi si mobilitino subito per ristabilire lo stato di diritto".

Afghanistan, la terra dei diritti calpestati

La presa del potere da parte dei Talebani in Afghanistan ha provocato cambiamenti devastanti nella professione legale e nell’amministrazione della giustizia. "Il 22 Novembre 2021 il Ministero della Giustizia ha emesso un decreto con cui si privava l’Associazione Indipendente Afghana degli Avvocati (AIBA) della sua indipendenza e del potere di rilasciare licenze professionali - si legge nel documento prodotto dalla Camera Penale di Pisa -. La sua sede fu devastata, i suoi fondi furono requisiti e, peggio di tutto, fu acquisito il suo database con le generalità di tutti gli iscritti. L’AIBA fu posta sotto il controllo del Ministero e dunque perse la sua specifica funzione e gli avvocati che negli anni precedenti si erano dedicati alla difesa di casi che riguardavano violazioni dei diritti umani, sono diventati facile bersaglio di feroci attacchi e rappresaglie da parte dei Talebani. Stando ai dati forniti dall’associazione, 7 avvocati sono stati ammazzati da quando l’AIBA è stata smantellata e 146 sono stati arrestati o sono sotto processo". Molti avvocati che ne avevano la possibilità "hanno lasciato il paese – si evidenzia nel testo -, anche se molti di loro devono affrontare difficili condizioni in situazioni temporanee, in attesa di un permesso permanente, e molti altri si trovano in pericolo. Per di più, mentre prima del ritorno dei Talebani le donne avvocato costituivano il 25 % dei membri dell’Associazione Indipendente Afghana degli Avvocati, fino ad oggi le licenze professionali sono state rilasciate solo agli uomini. La sfida delle donne avvocato è per la loro stessa sopravvivenza".
Ezio Menzione (Osservatorio avvocati minacciati) e la presidente della Camera Penale di Pisa, Serena Caputo

Ezio Menzione (Osservatorio Endangered Lawyers): "Interveniamo affinché venga ripristinato lo stato di diritto"

"Negli ultimi anni purtroppo ci ha impegnati molto la Turchia, dove c'è un vero e proprio accanimento contro la libertà di espressione degli avvocati - spiega Ezio Menzione -. Nel frattempo, si sono affacciate anche altre realtà come l'Iran dove si eseguono condanne a morte senza nemmeno un processo e lo stesso vale per l'Afghanistan dove le condanne vengono emesse nel nome della Sharia. E' un panorama che ci desta molta preoccupazione, perché in questi le regole vengono completamente disattese e stravolte". Entrando nel merito dell'importante ruolo che gioca l'Osservatorio, aggiunge: "Siamo chiamati ad intervenire nella speranza che la presenza di avvocati europei trattenga nei binari delle regole della procedura chi si trova a giudicare, per poi riportare nel nostro paese ciò di cui siamo stati testimoni diretti nel tentativo di far emergere queste realtà agli occhi dei colleghi e dell'opinione pubblica".
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