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Perché molti detenuti in carcere vivono dentro a celle rosa?

di REMY MORANDI -
17 luglio 2022
La cella di un carcere in Svizzera ridipinta di rosa

La cella di un carcere in Svizzera ridipinta di rosa

Da qualche anno nelle carceri in Europa e in Nord America si sta diffondendo una strana usanza. Quello di dipingere di rosa le celle dei detenuti. Una tendenza inconsueta ma diventata talmente diffusa che nel 2014 una prigione su cinque in Svizzera - secondo alcune statistiche riportate dalla BBC - aveva almeno una cella dipinta di un rosa color fenicottero. Un modo per arredare in modo alternativo le carceri? Niente affatto. Si tratta di un piano ben preciso, organizzato e studiato a partire dagli anni Settanta. In quel periodo, o più precisamente alla fine degli anni Sessanta, un noto ricercatore statunitense, Alexander Schauss (che oggi gestisce l'American Institute for Biosocial Research di Tacoma, Washington), elaborò un articolato studio sui colori, in particolare il rosa appunto, dimostrando che i colori e le tonalità di colore riflettono gli stati emotivi delle persone. E che di conseguenza i colori possono cambiare le emozioni degli esseri umani.

Il ricercatore statunitense Alexander Schauss che ha elaborato la teoria in base alla quale i colori determinano un cambiamento degli stati d'animo nell'uomo

In alcuni test effettuati nel 1978, Alexander Schauss osservò che semplicemente fissare un foglio di carta rosa (la tonalità è stata chiamata "P-618") delle misure di 46 cm per 61 cm porterebbe l'osservatore a "un marcato effetto sull'abbassamento della frequenza cardiaca, del polso e della respirazione rispetto ad altri colori". Nel 1979 il ricercatore riuscì a convincere i direttori di un istituto minorile a Seattle, Washington, a far dipingere di rosa alcune celle di reclusione per studiarne gli effetti sui detenuti. Nella struttura furono monitorati i tassi di aggressione e di violenza prima e dopo la riverniciature delle celle. Secondo il rapporto diffuso alla fine dell'esperimento ne venne fuori che "dall'avvio di questa procedura il primo marzo 1979, non si sono verificati episodi di comportamento irregolare o ostile durante la fase iniziale del confinamento". (Qui il rapporto completo). Nuovi test vennero effettuati in altri altri centri di detenzione. E gli studi che ne emersero sembravano confermare le teorie del ricercatore statunitense Alexander Schauss. Per questo motivo, all'inizio degli anni Ottanta, in molte carceri di tutto il mondo molte celle vennero ridipinte di rosa. Nel 2018 in Svizzera, come riporta il sito poliziapenitenziaria.it, venne lanciato dal sistema carcerario svizzero il progetto "Cool Down Pink", con lo scopo di tranquillizzare i detenuti più aggressivi. In base al progetto, trenta celle in varie carceri svizzere furono ridipinte di rosa. La psicologa Daniela Spath dichiarò di essere molto soddisfatta dei risultati: i detenuti venivano ospitati nelle "pink cell" con turni da due ore e come sottolineò la dottoressa "i livelli di rabbia dei detenuti si sono ridotti sostanzialmente già nei primi 15 minuti". Ma ridipingere i muri di rosa per calmare gli animi non è stata una tecnica utilizzata solo nelle carceri. Qualche anno fa l'Università dell'Iowa riverniciò di rosa lo spogliatoio degli ospiti del Kinnick Stadium proprio con l'obiettivo di "scaricare" psicologicamente gli avversari. L'idea venne all'allenatore della squadra di football americano dell'Università dell'Iowa, Hayden Fry. Il tecnico si era infatti laureato in psicologia alla Baylor University, dove appunto studiò le teorie dei colori e soprattutto del rosa del ricercatore statunitense Alexander Schauss.