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Home » Attualità » Catania, la (breve) storia della panchina rainbow Lgbt inaugurata due settimane fa, e già vandalizzata

Catania, la (breve) storia della panchina rainbow Lgbt inaugurata due settimane fa, e già vandalizzata

L'inaugurazione in piazza Gandhi, a Catania, era avvenuta lo scorso 23 aprile. Dopo solamente 15 giorni, quella panchina arcobaleno è stata deturpata. Non è la prima volta che vengono commessi atti vandalici contro la comunità Lgbtq+: il precedente a Torino (e la soluzione dagli Stati Uniti)

Remy Morandi
7 Maggio 2022
panchina lgbt catania

panchina lgbt catania

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Una breve storia. Durata solo due settimane. A Catania, lo scorso sabato 23 aprile, è stata inaugurata al parco Gandhi, nel quartiere Cibali, una panchina “rainbow” – così si chiama per i suoi colori arcobaleno -, simbolo della comunità Lgbt in Sicilia e della lotta contro l’omotransfobia sull’isola. Oggi, dopo due settimane, quella panchina è già stata vandalizzata. Sullo schienale, infatti, era stata posta una targa dedicata all’inclusione e alla vicinanza per quella comunità. Quella targa ora risulta essere già scomparsa. Qualcuno l’ha rimossa.

La panchina rainbow, simbolo della comunità Lgbt, vandalizzata a Catania (Foto Facebook / Arcigay Catania)

La denuncia di Arcigay: “Non ci facciamo intimorire, rimetteremo la targa”

“Qui non c’è posto per le discriminazioni. No alla LGBT-fobia!”, recitava la targa. E invece pare proprio il contrario, visto che la panchina è già stata vandalizzata e visto che quella targa è scomparsa. La denuncia è arrivata dall’associazione Arcigay Catania: “Quanto accaduto – ha dichiarato il presidente Armando Caravini – è la dimostrazione di come l’odio possa essere riversato anche sugli oggetti, andando a colpire in questo caso una panchina simbolo di inclusione e di lotta contro l’omolesbotransfobia. Questo gesto, infatti, sottende l’intenzione di volere colpire la comunità Lgbt+”. “Non ci facciamo intimorire – ha concluso il presidente di Arcigay Catania – e rimetteremo la targa mantenendo inoltre la promessa fatta insieme alla IV municipalità di rendere il parco dignitoso. I nostri volontari, infatti, presto puliranno e renderanno vivibile paco Gandhi, ‘spazzando’ via l’inciviltà”.

Con un post su Facebook, poi, l’associazione Arcigay Catania ha voluto rimarcare: “La targa è stata staccata, ma in questa panchina continuerà a non esserci alcun posto per le discriminazioni! Rimetteremo la targa e ci impegneremo a rivalutare il parco Gandhi come promesso”.

L’inaugurazione della panchina rainbow di Catania, lo scorso 23 aprile (Foto Facebook / Arcigay Catania)

Due settimane fa l’inaugurazione: “Necessario tutelare chi viene discriminato”

La panchina rainbow in piazza Gandhi – la prima realizzata a Catania – è stata inaugurata lo scorso 23 aprile, due settimane fa. A proporla erano stati il consigliere di quartiere Mirko Giacone e il presidente di Arcigay Catania Armando Caravini. All’inaugurazione, oltre a loro, erano presenti anche il presidente del quarto municipio Erio Buceti, altri consiglieri di circoscrizione, e infine un ospite speciale: il professore, giornalista e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone.

La panchina rainbow è “un simbolo – ha dichiarato nel corso dell’inaugurazione il consigliere Mirko Giacone -, necessario per sensibilizzare sempre di più la cittadinanza verso un tema quanto mai attuale. L’omofobia va contrastata con iniziative come questa, ma soprattutto con progetti da realizzare, così come faremo, già a partire dalle scuole, dove crescono le generazioni future”. “A livello nazionale – ha aggiunto il consigliere – è giusto che si discuta e si affronti il tema, tutelando chi, ancora oggi, purtroppo viene discriminato anche all’interno dell’ambiente familiare, oltre che all’esterno. Noi come municipio e in particolare la commissione da me presieduta ha voluto fortemente realizzare questa panchina rainbow, per lanciare un messaggio alla cittadinanza e aprire ad una cooperazione con Arcigay Catania, che ringrazio a partire dal suo presidente Armando Caravini”. “L’inaugurazione di questa panchina – sottolineò quel giorno Cecchi Paone – rappresenta un gesto simbolico, ma di forte impatto per la comunità. È necessario attuare politiche volte alla tutela di coloro che soffrono a causa di continue discriminazioni e che purtroppo alle volte scaturiscono in suicidi”.

A Torino vandalizzata (e poi ripulita) la targa dedicata a Ottavio Mai, il fondatore del Lovers Film Festival

Due giorni dopo l’inaugurazione della panchina di Catania, a Torino veniva vandalizzata un’altra targa Lgbt

Tante volte le targhe, le panchine e le opere dedicate alla comunità Lgbt vengono prese di mira e vandalizzate. Lo scorso 26 aprile, ossia tre giorni dopo l’inaugurazione della panchina rainbow di Catania, a Torino veniva vandalizzata la targa dedicata a Ottavio Mai, il fondatore insieme a Giovanni Minerba del Lovers Film Festival. Nella strada che era stata intitolata nel 2015 al regista, attore, nonché attivista Lgbt, un insulto omofobo era stato scritto al posto della parola ‘omosessuali’. Lo stesso giorno, fortunatamente, la targa venne ripulita da alcuni volontari. Ma fu l’ennesimo caso di un attacco alla comunità Lgbt.

Una soluzione al problema degli atti vandalici contro le opere dedicate alla comunità Lgbt è arrivata dagli Stati Uniti. Nel sud della Florida un uomo deturpò un murale simbolo Lgbt in una piazza (ne avevamo parlato qui). L’uomo fu arrestato e condannato dal giudice a scrivere un tema di 25 pagine sulla strage omofobica di Orlando. L’uomo in tribunale si scusò per quello che aveva compiuto e adesso – visto che la consegna del tema è stata fissata a giugno – sta scrivendo quelle 25 pagine.

Certamente, la similitudine tra deturpare un gigantesco murale e vandalizzare una panchina è forzata. Ma per evitare che gesti simili possano ripetersi, prendere esempio dalla condanna di quel giudice in Florida potrebbe servire a qualcosa. Sicuramente, l’uomo che è stato costretto a scrivere un tema di 25 pagine ci penserà di nuovo prima di deturpare un murale Lgbt. Potremmo pensarci anche noi in Italia.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Una breve storia. Durata solo due settimane. A Catania, lo scorso sabato 23 aprile, è stata inaugurata al parco Gandhi, nel quartiere Cibali, una panchina "rainbow" - così si chiama per i suoi colori arcobaleno -, simbolo della comunità Lgbt in Sicilia e della lotta contro l'omotransfobia sull'isola. Oggi, dopo due settimane, quella panchina è già stata vandalizzata. Sullo schienale, infatti, era stata posta una targa dedicata all'inclusione e alla vicinanza per quella comunità. Quella targa ora risulta essere già scomparsa. Qualcuno l'ha rimossa.
La panchina rainbow, simbolo della comunità Lgbt, vandalizzata a Catania (Foto Facebook / Arcigay Catania)

La denuncia di Arcigay: "Non ci facciamo intimorire, rimetteremo la targa"

"Qui non c'è posto per le discriminazioni. No alla LGBT-fobia!", recitava la targa. E invece pare proprio il contrario, visto che la panchina è già stata vandalizzata e visto che quella targa è scomparsa. La denuncia è arrivata dall'associazione Arcigay Catania: "Quanto accaduto - ha dichiarato il presidente Armando Caravini - è la dimostrazione di come l'odio possa essere riversato anche sugli oggetti, andando a colpire in questo caso una panchina simbolo di inclusione e di lotta contro l'omolesbotransfobia. Questo gesto, infatti, sottende l'intenzione di volere colpire la comunità Lgbt+". "Non ci facciamo intimorire - ha concluso il presidente di Arcigay Catania - e rimetteremo la targa mantenendo inoltre la promessa fatta insieme alla IV municipalità di rendere il parco dignitoso. I nostri volontari, infatti, presto puliranno e renderanno vivibile paco Gandhi, 'spazzando' via l'inciviltà". Con un post su Facebook, poi, l'associazione Arcigay Catania ha voluto rimarcare: "La targa è stata staccata, ma in questa panchina continuerà a non esserci alcun posto per le discriminazioni! Rimetteremo la targa e ci impegneremo a rivalutare il parco Gandhi come promesso".
L'inaugurazione della panchina rainbow di Catania, lo scorso 23 aprile (Foto Facebook / Arcigay Catania)

Due settimane fa l'inaugurazione: "Necessario tutelare chi viene discriminato"

La panchina rainbow in piazza Gandhi - la prima realizzata a Catania - è stata inaugurata lo scorso 23 aprile, due settimane fa. A proporla erano stati il consigliere di quartiere Mirko Giacone e il presidente di Arcigay Catania Armando Caravini. All'inaugurazione, oltre a loro, erano presenti anche il presidente del quarto municipio Erio Buceti, altri consiglieri di circoscrizione, e infine un ospite speciale: il professore, giornalista e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone. La panchina rainbow è "un simbolo - ha dichiarato nel corso dell'inaugurazione il consigliere Mirko Giacone -, necessario per sensibilizzare sempre di più la cittadinanza verso un tema quanto mai attuale. L'omofobia va contrastata con iniziative come questa, ma soprattutto con progetti da realizzare, così come faremo, già a partire dalle scuole, dove crescono le generazioni future". "A livello nazionale - ha aggiunto il consigliere - è giusto che si discuta e si affronti il tema, tutelando chi, ancora oggi, purtroppo viene discriminato anche all'interno dell'ambiente familiare, oltre che all'esterno. Noi come municipio e in particolare la commissione da me presieduta ha voluto fortemente realizzare questa panchina rainbow, per lanciare un messaggio alla cittadinanza e aprire ad una cooperazione con Arcigay Catania, che ringrazio a partire dal suo presidente Armando Caravini". "L'inaugurazione di questa panchina - sottolineò quel giorno Cecchi Paone - rappresenta un gesto simbolico, ma di forte impatto per la comunità. È necessario attuare politiche volte alla tutela di coloro che soffrono a causa di continue discriminazioni e che purtroppo alle volte scaturiscono in suicidi".
A Torino vandalizzata (e poi ripulita) la targa dedicata a Ottavio Mai, il fondatore del Lovers Film Festival

Due giorni dopo l'inaugurazione della panchina di Catania, a Torino veniva vandalizzata un'altra targa Lgbt

Tante volte le targhe, le panchine e le opere dedicate alla comunità Lgbt vengono prese di mira e vandalizzate. Lo scorso 26 aprile, ossia tre giorni dopo l'inaugurazione della panchina rainbow di Catania, a Torino veniva vandalizzata la targa dedicata a Ottavio Mai, il fondatore insieme a Giovanni Minerba del Lovers Film Festival. Nella strada che era stata intitolata nel 2015 al regista, attore, nonché attivista Lgbt, un insulto omofobo era stato scritto al posto della parola 'omosessuali'. Lo stesso giorno, fortunatamente, la targa venne ripulita da alcuni volontari. Ma fu l'ennesimo caso di un attacco alla comunità Lgbt. Una soluzione al problema degli atti vandalici contro le opere dedicate alla comunità Lgbt è arrivata dagli Stati Uniti. Nel sud della Florida un uomo deturpò un murale simbolo Lgbt in una piazza (ne avevamo parlato qui). L'uomo fu arrestato e condannato dal giudice a scrivere un tema di 25 pagine sulla strage omofobica di Orlando. L'uomo in tribunale si scusò per quello che aveva compiuto e adesso - visto che la consegna del tema è stata fissata a giugno - sta scrivendo quelle 25 pagine. Certamente, la similitudine tra deturpare un gigantesco murale e vandalizzare una panchina è forzata. Ma per evitare che gesti simili possano ripetersi, prendere esempio dalla condanna di quel giudice in Florida potrebbe servire a qualcosa. Sicuramente, l'uomo che è stato costretto a scrivere un tema di 25 pagine ci penserà di nuovo prima di deturpare un murale Lgbt. Potremmo pensarci anche noi in Italia.
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