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Home » Attualità » Chi lotta per i diritti e le discriminazioni troverà sempre Luce! al suo fianco

Chi lotta per i diritti e le discriminazioni troverà sempre Luce! al suo fianco

"Vi abbiamo raccontato la sofferenza degli esclusi e la bellezza dell’unicità. Abbiamo voluto diffondere, sopra ogni cosa, l’empatia. Perché, solo attraverso la consapevolezza di tutto questo, si può arrivare alla comprensione della parola più inflazionata dell’anno: inclusione"

Roberta Frezza
25 Novembre 2021
Moscow, Russia, 18-02-2021: clubhouse app icon on smatphone screen surrounded by other social media apps and user run clubhouse. Clubhouse drop-in audio chat social media network. Shallow DOF

Moscow, Russia, 18-02-2021: clubhouse app icon on smatphone screen surrounded by other social media apps and user run clubhouse. Clubhouse drop-in audio chat social media network. Shallow DOF

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Esistono progetti che si pongono obiettivi ed esistono progetti che si propongono missioni. Luce! appartiene alla seconda categoria. Raccontare, informare, sensibilizzare era il massimo che potevamo dare a una società in piena transizione, che vive di condivisioni e soffre di una così urgente necessità di farsi sentire? No, non potevano bastare. E ce lo siamo chiesti. Ce lo siamo chiesti il perché di questa impellenza di raccontarsi. E se ogni forma di espressione nasce da un bisogno, allora qual è quello della nostra società? La considerazione, l’ascolto, l’accettazione. Dunque, siamo partiti da tutti quegli stereotipi che, ormai da tempo, accompagnano e in parte stigmatizzano la concezione che abbiamo del web e in particolare dei social: un luogo dove tutti si sentono in diritto di poter dire tutto, un luogo dove l’odio dilaga con immensa facilità, un luogo che ci avvicina e al contempo ci allontana e aliena, rendendoci estremamente vulnerabili alla solitudine, alle insicurezze, al confronto con l’altro.

I social sono uno strumento gigantesco, noi lo usiamo per diffondere lampi di Luce!

Ma è tutto qui? Per fortuna no. I social sono, prima di ogni altra cosa, uno strumento. Uno strumento gigantesco messo a disposizione di ognuno di noi. E le realtà che abbiamo il dovere di far conoscere lampi di Luce! Fin dal primo giorno sui social, Luce! è stato verità, approfondimento, energia positiva e tanti colori. Dalle storie più esclusive ai trend più mainstream, vi abbiamo raccontato la transizione in atto. E allora ci siamo domandati: quanto sarebbe costruttivo portare un po’ di Luce! in questo cyber mondo che ci appare così pieno di ombre? Quanto sarebbe edificante riuscire a dar voce a coloro che non hanno voce: quelli che da sempre non vengono rappresentati; i protagonisti di storie di vita singolari, impegnate, uniche e bellissime; quelli che lottano per i propri diritti; quelli che denunciano le discriminazioni; quelli che rivendicano la libertà, l’equità, la pace, la propria diversità.

Vogliamo raccontare il mondo attraverso un #hashtag ma senza filtro

Quanto sarebbe potente raccontare il mondo attraverso un hashtag, ma senza alcun filtro? E ci siamo accorti che sono in tanti ad avere il diritto di parlare e infinite sono le realtà che abbiamo il dovere di far conoscere. Innescare questo meccanismo, cogliere questi lampi di Luce! è diventata allora la nostra missione. Abbiamo voluto far di Luce!, attraverso e grazie ai social, un faro alimentato dalle tante piccole scintille, delle più disparate sfumature, che meritano di emergere dal buio di questo complesso e immenso mondo. Vi abbiamo raccontato, in un lasso di tempo relativamente breve, le nuove dinamiche sociali, le mille sfaccettature delle nuove generazioni, ciò che desiderano e ciò che rivendicano.

Abbiamo tracciato con i protagonisti delle nostre storie, i lettori e il nostro comitato scientifico la strada verso l’accettazione della diversità; ma soprattutto vi abbiamo raccontato la sofferenza degli esclusi e la bellezza dell’unicità. Abbiamo voluto diffondere, sopra ogni cosa, l’empatia. Perché, solo attraverso la consapevolezza di tutto questo, si può arrivare alla comprensione della parola più inflazionata dell’anno: inclusione. E se un uomo con lo smalto un giorno ci scrivesse: “Oggi nessuno mi ha deriso, ma che è successo?”, sarebbe per noi un pezzo di giornalismo di successo”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Esistono progetti che si pongono obiettivi ed esistono progetti che si propongono missioni. Luce! appartiene alla seconda categoria. Raccontare, informare, sensibilizzare era il massimo che potevamo dare a una società in piena transizione, che vive di condivisioni e soffre di una così urgente necessità di farsi sentire? No, non potevano bastare. E ce lo siamo chiesti. Ce lo siamo chiesti il perché di questa impellenza di raccontarsi. E se ogni forma di espressione nasce da un bisogno, allora qual è quello della nostra società? La considerazione, l’ascolto, l’accettazione. Dunque, siamo partiti da tutti quegli stereotipi che, ormai da tempo, accompagnano e in parte stigmatizzano la concezione che abbiamo del web e in particolare dei social: un luogo dove tutti si sentono in diritto di poter dire tutto, un luogo dove l’odio dilaga con immensa facilità, un luogo che ci avvicina e al contempo ci allontana e aliena, rendendoci estremamente vulnerabili alla solitudine, alle insicurezze, al confronto con l’altro.

I social sono uno strumento gigantesco, noi lo usiamo per diffondere lampi di Luce!

Ma è tutto qui? Per fortuna no. I social sono, prima di ogni altra cosa, uno strumento. Uno strumento gigantesco messo a disposizione di ognuno di noi. E le realtà che abbiamo il dovere di far conoscere lampi di Luce! Fin dal primo giorno sui social, Luce! è stato verità, approfondimento, energia positiva e tanti colori. Dalle storie più esclusive ai trend più mainstream, vi abbiamo raccontato la transizione in atto. E allora ci siamo domandati: quanto sarebbe costruttivo portare un po’ di Luce! in questo cyber mondo che ci appare così pieno di ombre? Quanto sarebbe edificante riuscire a dar voce a coloro che non hanno voce: quelli che da sempre non vengono rappresentati; i protagonisti di storie di vita singolari, impegnate, uniche e bellissime; quelli che lottano per i propri diritti; quelli che denunciano le discriminazioni; quelli che rivendicano la libertà, l’equità, la pace, la propria diversità.

Vogliamo raccontare il mondo attraverso un #hashtag ma senza filtro

Quanto sarebbe potente raccontare il mondo attraverso un hashtag, ma senza alcun filtro? E ci siamo accorti che sono in tanti ad avere il diritto di parlare e infinite sono le realtà che abbiamo il dovere di far conoscere. Innescare questo meccanismo, cogliere questi lampi di Luce! è diventata allora la nostra missione. Abbiamo voluto far di Luce!, attraverso e grazie ai social, un faro alimentato dalle tante piccole scintille, delle più disparate sfumature, che meritano di emergere dal buio di questo complesso e immenso mondo. Vi abbiamo raccontato, in un lasso di tempo relativamente breve, le nuove dinamiche sociali, le mille sfaccettature delle nuove generazioni, ciò che desiderano e ciò che rivendicano. Abbiamo tracciato con i protagonisti delle nostre storie, i lettori e il nostro comitato scientifico la strada verso l’accettazione della diversità; ma soprattutto vi abbiamo raccontato la sofferenza degli esclusi e la bellezza dell’unicità. Abbiamo voluto diffondere, sopra ogni cosa, l’empatia. Perché, solo attraverso la consapevolezza di tutto questo, si può arrivare alla comprensione della parola più inflazionata dell’anno: inclusione. E se un uomo con lo smalto un giorno ci scrivesse: "Oggi nessuno mi ha deriso, ma che è successo?", sarebbe per noi un pezzo di giornalismo di successo".
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