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Home » Attualità » Clonazione animale, per riavere il suo gatto paga 25mila dollari: il business sull’eternità

Clonazione animale, per riavere il suo gatto paga 25mila dollari: il business sull’eternità

Dal Texas alla Corea del Sud sono varie le cliniche specializzate nell'impresa di 'riportare' ai propri padroni gli amici a 4 zampe scomparsi

Sofia Francioni
12 Aprile 2022
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La clonazione degli animali domestici è diventata un business di successo

Gli antichi egizi se li portavano nella tomba per assicurarsi la loro compagnia anche nell’Aldilà, oggi oltreoceano cani, gatti e anche cavalli vengono direttamente clonati per chi non si arrende a perderli in vita. Se la Pecora Dolly nel 1996 aveva infatti fini prettamente scientifici, oggi la clonazione degli animali domestici è diventata un business, un servizio a pagamento. Dal Texas alla Corea del Sud, paese leader nel settore avendo prodotto il primo cane clonato nel 2005, sono varie le cliniche specializzate nell’impresa. Guardando al tariffario della Viagen Pets and Equine, prima e unica azienda statunitense a offrire la clonazione commerciale, costa 85mila dollari clonare il cavallo, 50mila dollari il cane, 35mila il gatto e 1.600 conservare i geni del proprio animale.

Nel 2018 Barbra Streisand ha fatto clonare due cuccioli del suo barboncino

Controversa, criticata, dibattuta, la clonazione di animali domestici sta crescendo in popolarità. L’agenzia Viagen in un’intervista alla Bbc ha affermato di clonare “sempre più animali domestici ogni anno” e di averne clonati “centinaia” da quando ha aperto per la prima volta nel 2015. Nel 2018, è stata la cantante Barbra Streisand a rivolgersi all’agenzia per clonare due cuccioli del suo barboncino Samantha. Nello stesso anno, anche il magnate della musica Simon Cowell ha pagato per ottenere la copia esatta dei suoi tre Yorkshire terrier. La clonazione del migliore amico dell’uomo non è, però, solo un’eccentricità solo da vip o super ricchi.

Il poliziotto in pensione John Mendola con due copie geneticamente identiche della sua cagnolina Princess

Di recente a New York è stato il poliziotto in pensione John Mendola a far clonare la sua Princess per produrre Jasmine e Ariel, due copie geneticamente identiche dell’adorata shih apso. Nel 2016, non riuscendo a rassegnarsi all’idea di perdere il suo amato cagnolino per un cancro diagnosticato, il signor Mendola si è rivolto all’agenzia Viagen, che lo ha accontentato. “Lo spotting, il pelo, è praticamente tutto identico, anche i manierismi”, dice alla Bbc il padrone di Ariel e Jasmine. “Hai presente quando i cani si alzano per scuotersi? Entrambi lo fanno proprio come lo faceva Princess”.

Kelly Anderson con la copia ‘quasi esatta’ del suo gatto Chai

Un anno dopo, nel 2017, anche l’americana Kelly Anderson bussa alla porta dell’agenzia dopo aver perso il suo amato gattino Chai. Quattro anni dopo, la padrona si fa fotografare con la copia “quasi” esatta del felino: “Belle è esattamente come Chai, tranne che nella personalità. Hanno alcuni tratti caratteriali di base simili, sono gatti molto audaci, impertinenti…ma Belle è un gatto completamente diverso da Chai”, ha dichiarato la donna. In effetti, se gli specialisti dell’agenzia assicurano che fisicamente gli animali non cambieranno di un pelo, altrettanto non possono dire riguardo alla personalità, dal momento che “ogni animale la sviluppa sulla base di fattori esterni”.

Le organizzazioni per il benessere degli animali sono preoccupate per le richieste di clonazioni in crescita. Studi scientifici hanno suggerito che gli animali clonati sono più inclini alle malattie. Altri invece hanno denunciato l’alto tasso di fallimento del processo e il gran numero di cloni che non nascono o nascono insani. Un rapporto del 2018 della Columbia University di New York ha stimato il tasso medio di successo ad appena il 20%, che significa anche aver bisogno di molte mamme surrogate per consentire più tentativi. L’associazione animalista Peta, che definisce la pratica una “moda crudele per fare soldi“, sposta l’attenzione anche sul problema delle adozioni: “Incoraggiamo chiunque voglia portare un altro compagno-animale nella propria vita ad adottarne uno  dai rifugi locali, dai canili e gattili, invece di alimentare la clonazione. Non critichiamo il dolore che scatena la perdita di un animale amato, ma la scelta di spendere tempo e soldi in un esperimento di laboratorio, pur di avere un clone del precedente amico a quattro zampe”. Peta ricorda inoltre che “dietro la storia di questa tecnologia riproduttiva c’è tanta sofferenza e l’esito è incerto”. Basti pensare che la pecora Dolly è stata l’unica sopravvissuta dopo 277 tentativi falliti.

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  • ✨Tra i pretendenti a un ruolo di protagonista del 73° Sanremo, Ariete è probabilmente quella con l’"X factor" più alto. E non tanto per aver partecipato da ragazzina al talent di Sky o per quel "non so che" capace di differenziare tutto quel che fa, ma perché in due anni è riuscita a diventare la musa “indie“ della Generazione X. 

Arianna Del Giaccio mostra la timidezza della debuttante. E che lei sia una "nuova persona" portata a cadere nei "soliti vecchi errori" lo racconta parlando del debutto davanti al popolo del Festival con Mare di guai, ballata in cui racconta la fine della relazione con la sua ex.

«Gli squali che si aggirano nella vasca di cui parlo sono le mie insicurezze e le mie ansie. Il peso delle aspettative, anche se non provo sensi di inadeguatezza verso quel che faccio. I pescecani basta conoscerli per sapere che non sono tutti pericolosi.»

 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
La clonazione degli animali domestici è diventata un business di successo
Gli antichi egizi se li portavano nella tomba per assicurarsi la loro compagnia anche nell’Aldilà, oggi oltreoceano cani, gatti e anche cavalli vengono direttamente clonati per chi non si arrende a perderli in vita. Se la Pecora Dolly nel 1996 aveva infatti fini prettamente scientifici, oggi la clonazione degli animali domestici è diventata un business, un servizio a pagamento. Dal Texas alla Corea del Sud, paese leader nel settore avendo prodotto il primo cane clonato nel 2005, sono varie le cliniche specializzate nell’impresa. Guardando al tariffario della Viagen Pets and Equine, prima e unica azienda statunitense a offrire la clonazione commerciale, costa 85mila dollari clonare il cavallo, 50mila dollari il cane, 35mila il gatto e 1.600 conservare i geni del proprio animale.
Nel 2018 Barbra Streisand ha fatto clonare due cuccioli del suo barboncino
Controversa, criticata, dibattuta, la clonazione di animali domestici sta crescendo in popolarità. L’agenzia Viagen in un’intervista alla Bbc ha affermato di clonare "sempre più animali domestici ogni anno" e di averne clonati "centinaia" da quando ha aperto per la prima volta nel 2015. Nel 2018, è stata la cantante Barbra Streisand a rivolgersi all'agenzia per clonare due cuccioli del suo barboncino Samantha. Nello stesso anno, anche il magnate della musica Simon Cowell ha pagato per ottenere la copia esatta dei suoi tre Yorkshire terrier. La clonazione del migliore amico dell’uomo non è, però, solo un’eccentricità solo da vip o super ricchi.
Il poliziotto in pensione John Mendola con due copie geneticamente identiche della sua cagnolina Princess
Di recente a New York è stato il poliziotto in pensione John Mendola a far clonare la sua Princess per produrre Jasmine e Ariel, due copie geneticamente identiche dell'adorata shih apso. Nel 2016, non riuscendo a rassegnarsi all’idea di perdere il suo amato cagnolino per un cancro diagnosticato, il signor Mendola si è rivolto all’agenzia Viagen, che lo ha accontentato. “Lo spotting, il pelo, è praticamente tutto identico, anche i manierismi", dice alla Bbc il padrone di Ariel e Jasmine. "Hai presente quando i cani si alzano per scuotersi? Entrambi lo fanno proprio come lo faceva Princess".
Kelly Anderson con la copia 'quasi esatta' del suo gatto Chai
Un anno dopo, nel 2017, anche l’americana Kelly Anderson bussa alla porta dell’agenzia dopo aver perso il suo amato gattino Chai. Quattro anni dopo, la padrona si fa fotografare con la copia “quasi” esatta del felino: "Belle è esattamente come Chai, tranne che nella personalità. Hanno alcuni tratti caratteriali di base simili, sono gatti molto audaci, impertinenti...ma Belle è un gatto completamente diverso da Chai”, ha dichiarato la donna. In effetti, se gli specialisti dell’agenzia assicurano che fisicamente gli animali non cambieranno di un pelo, altrettanto non possono dire riguardo alla personalità, dal momento che "ogni animale la sviluppa sulla base di fattori esterni". Le organizzazioni per il benessere degli animali sono preoccupate per le richieste di clonazioni in crescita. Studi scientifici hanno suggerito che gli animali clonati sono più inclini alle malattie. Altri invece hanno denunciato l'alto tasso di fallimento del processo e il gran numero di cloni che non nascono o nascono insani. Un rapporto del 2018 della Columbia University di New York ha stimato il tasso medio di successo ad appena il 20%, che significa anche aver bisogno di molte mamme surrogate per consentire più tentativi. L'associazione animalista Peta, che definisce la pratica una "moda crudele per fare soldi", sposta l'attenzione anche sul problema delle adozioni: "Incoraggiamo chiunque voglia portare un altro compagno-animale nella propria vita ad adottarne uno  dai rifugi locali, dai canili e gattili, invece di alimentare la clonazione. Non critichiamo il dolore che scatena la perdita di un animale amato, ma la scelta di spendere tempo e soldi in un esperimento di laboratorio, pur di avere un clone del precedente amico a quattro zampe". Peta ricorda inoltre che "dietro la storia di questa tecnologia riproduttiva c’è tanta sofferenza e l’esito è incerto". Basti pensare che la pecora Dolly è stata l’unica sopravvissuta dopo 277 tentativi falliti.
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