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Colombia, la mattanza in nome dei diritti umani: 90 gli attivisti uccisi da inizio anno

Le vittime dal 2016, anno della firma degli Accordi di pace a L'Avana, sono 1.317. A sabotare il processo di pace sono esponenti della politica nazionale

di DOMENICO GUARINO -
10 luglio 2022
mattanza attivisti colombia

mattanza attivisti colombia

Si chiamava Jhon Jerson Camacho ed era membro del Community Action Board del villaggio di La Meseta, in Colombia, dove svolgeva anche compiti di coordinamento sportivo. È stato ucciso lo scorso 29 maggio nel Comune di Tame del dipartimento di Arauca (Est). Secondo le stime dell’Istituto colombiano di studi per lo sviluppo e la pace (Indepaz), Camacho è solo l’ultimo dei 90 difensori dei diritti umani e civili uccisi nello Stato dall’inizio dell’anno. A partire dalla firma degli Accordi di pace a L'Avana nel 2016, che pure avevano suscitato molte speranze, le vittime sono addirittura 1.317, numero che è andato crescendo con l'estensione dei progetti di estrazione petroliferi. "Iniziare una giornata in Colombia - Francesca Caprini su Nuova Ecologia - significa spesso dover leggere l’elenco dei caduti del giorno prima. Al momento di scrivere, arriva la notizia dell’omicidio di tre fratelli, di 25, 22 e 18 anni, a Yurilla, in Putumayo, regione al confine con l’Ecuador. Il secondo massacro in pochi giorni, il diciottesimo della zona, dove si contendono il territorio gruppi dissidenti Farc del Frente Carolina Ramirezn'".

Un soldato colombiano presidia una zona interna dai trafficanti di droga

Camacho è stato stato assassinato sulla strada che da Puerto San Salvador porta all'area urbana di Tame, dove è stato intercettato da uomini armati che lo hanno prima costretto a scendere dalla sua auto e poi lo hanno freddato sul posto con un'arma da fuoco. In precedenza, la Joel Sierra Human Rights Foundation aveva messo in guardia su questo fatto, sottolineando come "il nuovo crimine mostra la condizione di rischio e vulnerabilità in cui si trova la leadership impegnata nella difesa dei diritti nella regione e nel Paese". Dopo sei anni dagli Accordi del 2016 la Colombia è ancora in piena guerra sucia (guerra sporca) e la pace, auspicata dalle numerose comunità contadine indigene e afrodiscendenti, così come dalle formazioni armate degli ex guerriglieri, e con la benedizione della Chiesa, appare ancora una chimera.

indigeni-colombiani

Tra le vittime 'preferite' dei gruppi armati ci sono le popolazioni indigene

Secondo molte organizzazioni umanitarie attive nel Paese dietro la repressione e gli omicidi degli attivisti ci sarebbero rappresentanti della politica nazionale, molti dei quali con responsabilità di governo, che utilizzano il terrore per sabotare la pacificazione. Uno degli epicentri della guerra sporca sono le montagne nella valle del Cauca in Colombia, famose per i loro paesaggi, ma anche per il fatto di essere il crocevia del traffico di droga, dove la fanno da padrone le violenze dei gruppi armati posti a protezione dei 16mila ettari di piantagioni di coca. A Cauca, negli ultimi anni, c'è stato vero e proprio un massacro degli indigeni Nasa che si oppongono alla coltivazioni. Ottantanove sono i capi indigeni assassinati in Colombia dal 2018, la maggioranza di loro viveva proprio in quella zona. Vittime innocenti, spesso giovani, come come Bréiner, un ragazzo di appena 14 anni ucciso all’inizio del 2021.

Autori dei crimini "sono gruppi armati, spesso composti proprio da minorenni. Non hanno una guida politica. Una linea guida rivoluzionaria. Sono solo concentrati sull’aspetto economico. Fare soldi. Inoltre puntano sulla difesa dell'intera questione della coltivazione illecita e di tutto ciò che questo comporta" dice Fabián Camayo Gueitio che negli ultimi anni ha perso due fratelli.