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Home » Attualità » Conferenza nazionale sulle dipendenze: Dadone “è ora di agire”, i Radicali rivendicano “Non ignorate il referendum”

Conferenza nazionale sulle dipendenze: Dadone “è ora di agire”, i Radicali rivendicano “Non ignorate il referendum”

Pronti, via! "Oltre le fragilità", la sesta Conferenza nazionale sulle droghe, torna a distanza di 12 anni dall’ultima. Merito del ministro alle Politiche Giovanili. Ma nella conferenza di presentazione non si fa cenno referendum sulla cannabis che c’è ed è stato un successo

Ettore Maria Colombo
23 Novembre 2021
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“Pubblicherò gli esiti del mio test antidroga” dice la ministra alle Politiche giovanili del governo Draghi, Fabiana Dadone (M5s) rispondendo a una domanda durante la conferenza stampa di presentazione della VI^ conferenza nazionale sulle Dipendenze (dal titolo “Oltre le fragilità”, in programma a Genova il 27 e 28 novembre). La ministra – che però non ha specificato quando e in che modo renderà pubblici i risultati del test antidroga su sé stessa – nei giorni scorsi ha visitato tre comunità terapeutiche a Roma: il Centro Italiano di Solidarietà “Don Mario Picchi”, la cooperativa sociale “Magliana80” e l’associazione “Tenda Onlus”.

La ministra delle Politiche giovanili Fabiana Dadone

E il suo commento, tramite un post su Facebook, è stato questo: “È importantissimo ascoltare le storie che emergono da queste realtà, ma personalmente li ringrazio perché mi hanno ricaricata. Stare in mezzo a persone che lottano contro le proprie fragilità e vedere che passo dopo passo superano i problemi è qualcosa di immenso”.
Molto attiva su vari temi, sia di sua esclusiva competenza (oltre alle droghe, il servizio civile, le politiche giovanili, etc.), sia sui diritti civili (donne, famiglia, comunità Lgbt+, eutanasia), la Dadone – come ha già spiegato in una precedente intervista su Luce! (leggila qui) – ha le redini di un ministero ‘leggero’ (e non solo perché “senza portafoglio”, ma proprio a causa delle sue deleghe), ma lo interpreta in modo ‘pesante’. Insomma, non le manda mai a dire. Si espone, e si impone, su una lunga serie di argomenti. A partire, ovviamente, dal più ‘caldo’, le sostanze stupefacenti.

La conferenza nazionale per “Fornire strumenti utili al Parlamento e al sistema Paese”

“Fare sedere tutti le parti intorno a un tavolo per riuscire a fornire al Parlamento, come prevede la legge, uno strumento per valutare le correzioni della normativa e mettere in atto un piano di azione sulle dipendenze” sono gli obiettivi della VI^ Conferenza Nazionale sulle Dipendenze, come spiega la Dadone. “Ho voluto intitolare la Conferenza Oltre le fragilità – ha sottolineato – perché le fragilità non sono solo umane, ma del sistema sanitario, della normativa e talvolta anche delle prese di posizione“. Incredibile pensarci, considerando il tempo che è passato, ma l’ultima conferenza si è tenuta a Trieste nel 2009 (c’era in sella il IV governo Berlusconi, Capo di Stato Napolitano), quando invece deve essere convocata ogni 3 anni, impegno disatteso da allora fino a oggi. “Un appuntamento che ho fortemente voluto, impegnandomi già all’indomani della mia nomina, per raccogliere la sfida, affermare il principio di legalità e segnare una coraggiosa discontinuità rispetto al passato, dopo dodici anni di immobilismo” dice, puntuta, la ministra. “L’obiettivo dell’evento – ha continuato la ministra – è indicato dalla legge e, in buona sostanza, tende a favorire la ricerca di soluzioni per le problematiche di un mondo, quello del disagio e delle fragilità, che da troppo tempo non ha l’attenzione che merita. I numeri e le statistiche degli ultimi anni evidenziano un trend allarmante, recentemente acuito dalle conseguenze della fase pandemica. È necessario uno sforzo corale che coinvolga l’intero sistema Paese: dalla sanità alla scuola, dalla giustizia alla famiglia, dalla società scientifica a quella civile, dal mondo dello sport al lavoro”. “Al di là dei proclami, dobbiamo risposte concrete ai giovani e giovanissimi, specie a coloro che realizzano condizioni di fragilità. È tempo di agire”, ha sottolineato ancora Dadone. “Confronto, coordinamento e partecipazione, nazionale e internazionale, sono state le pietre miliari del nostro percorso, iniziato diversi mesi fa – ha concluso -; molteplici protagonisti e voci su -talvolta contrapposte- dipendenze: abbiamo lavorato all’insegna della partecipazione, della trasparenza, dell’inclusività, con un approccio evidence-based, basato sull’osservazione empirica e sulla forza dei dati”.

La ‘rivoluzione’ del referendum sulla cannabis e la spinta del Paese ‘reale’, quello dei giovani

Ma – “e qui si parrà la sua nobilitade” – è proprio il tema delle droghe al centro del dibattito sociale, civile (ma non, ovviamente, di quello politico…), molto più di altri temi (violenza sulle donne, eutanasia, diritti delle persone Lgbt+, etc.) che pure dovrebbero esserlo. Per ora, la Dadone non si è espressa, sul tema del referendum sulla cannabis, di cui parleremo ora, tranne quando ha detto, sempre a Luce! (leggi qui), “Penso sia civile garantire ai malati le sostanze utili ad alleviare il dolore. Sempre. Allo stesso tempo ritengo il Parlamento sovrano, quindi mi aspetto serietà e non giochetti che puntino al rinvio infinito piuttosto che al coraggio di affrontare nel merito i problemi degli italiani”. Ma, alla conferenza, non potrà eludere il tema.
Come si sa, infatti, da un lato l’ultima legge sulle droghe è un Testo Unico (datato 1990!), che ha, ovviamente, fatto da tempo il suo tempo. Dall’altro, giace sepolta una proposta di legge che legalizza la coltivazione della cannabis, in Parlamento: dopo tre anni in cui è stata ferma in commissione Giustizia, ora finalmente c’è un relatore del ddl, il presidente della commissione Mario Perantoni del M5s. Ma non è stata calendarizzata in Aula, nonostante l’impegno di un fronte trasversale di deputati (Magi di +Europa, Licatini M5s, Fratoianni SI).

Consegna in Cassazione delle firme per il referendum per la Cannabis Legale (ANSA)

Infine, ha fatto sonora irruzione, nel Paese, il referendum popolare sulla legalizzazione della cannabis, ha raccolto 630 mila firme in un amen (la raccolta delle firme, partita a fine agosto, si è chiusa a metà settembre: le 500 mila firme necessarie per il quorum arrivate in 7 giorni) e, lo scorso 28 ottobre, la Corte di Cassazione ha ricevuto i ‘pacchi’ della raccolta e li ha validati. Un boom reso possibile da due fattori, uno tecnico e uno politico. Quello tecnico è stato consentito dall’introduzione, nel nostro ordinamento, della firma digitale, via autenticazione tramite Spid, per la raccolta firme su ogni referendum proposto da luglio scorso in poi, grazie a Riccardo Magi(+Eu), che ha infilato la norma pro-Spid dentro il dl Sostegni e, sulla scorta di un ricorso presentato e vinto nel 2015, all’Onu, da Marco Staderini (segretario dei Radicali italiani), contro gli “irragionevoli ostacoli” frapposti da leggi di 50 anni fa alla raccolta delle firme. Una raccolta a tempo di record, dunque, ma anche una mobilitazione che è costata un milione di euro.
Qualcuno (leggi: la Lega e FdI) ci ha provato, a dir la verità, a invalidare le firme raccolte via Spid sugli ultimi quesiti referendari (eutanasia, cannabis, caccia), ma il tentativo, in uno degli ultimi decreti presentati in Parlamento, è stato respinto con perdite dal fronte compatto della ex maggioranza giallorossa più Iv, +Europa e Misto. In particolare, il costituzionalista e deputato Pd, Stefano Ceccanti, ha sollevato la giusta attenzione contro il tentativo di ‘scassare’ la raccolta firme, così il diritto alle firme digitali è rimasto intatto. Certo, la firma online via Spid rende assai più agevole la raccolta delle firme in luogo dei soliti, faticosi, banchetti, per non dire delle pastoie burocratiche negli uffici comunali; ma è evidente che, soprattutto presso i giovani, un tema come la legalizzazione della cannabis è molto sentito. Purtroppo, la diffusione delle droghe – leggere, ovviamente, ma anche pesanti (cocaina, anfetamine, pasticche di ogni genere, mentre da poco è balzata agli onori delle cronache anche la cosiddetta ‘droga dello stupro’) – è ormai impressionate, specie tra i ragazzi.

Il ‘sonno’ della Politica e la legislazione ad hoc dentro cui il referendum opera ‘a ritaglio’…

Ergo, il successo del referendum sulla cannabis – promosso dall’associazione Luca Coscioni, la stessa che ha spinto sul referendum sull’eutanasia e fa parte della galassia Radicale, più due piccole sigle: Sinistra italiana e Possibile – doveva essere messo in conto dalla Politica (la quale, ovviamente, dorme il ‘sonno dei Giusti’), perché è un tema molto sentito nel nostro Paese. Ma bisogna, appunto, distinguere tra droghe leggere e pesanti, nonché capire cosa serve per uso terapeutico e cosa no. Da questo punto di vista, il referendum opera, con il classico sistema del ‘ritaglio’ dentro la normativa vigente (il TU del 1990), prevedendo la depenalizzazione delle coltivazioni di varie piante, ma non della trasformazione delle stesse in sostanze, la cancellazione delle sanzioni penali per uso personale della cannabis e l’eliminazione della sospensione della patente per consumo della pianta, ma non per guida in stato alterato.
Insomma, un uso scientifico, tipico dei radicali, dello strumento referendario che ha ottenuto il risultato del boom della raccolta firme. Ma né ai Radicali né a Magi sta bene il fatto che, in buona sostanza, la Conferenza nazionale sulle droghe “omette, nei suoi lavori preparatori, e rischi di omettere, nel suo svolgimento, l’impianto repressivo della legge attuale, inquadrando tutto il suo dibattito su questioni di contorno e non strutturali, oltre che il quesito referendario“. Il quale, però, ora c’è e andrà votato, a giugno del 2022, sempre che la Consulta ammetta la validità del testo nell’attuale quadro della legislazione italiana e che questo stesso non confligga con i principi della Costituzione. In effetti, la Conferenza nazionale sulle Droghe, e pure la ministra Dadone, non potranno non parlare del referendum cannabis. È, invece, assai più improbabile che il Parlamento legiferi, in materia. Un Parlamento, ormai, che è ‘lumaca’.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia

"Pubblicherò gli esiti del mio test antidroga" dice la ministra alle Politiche giovanili del governo Draghi, Fabiana Dadone (M5s) rispondendo a una domanda durante la conferenza stampa di presentazione della VI^ conferenza nazionale sulle Dipendenze (dal titolo "Oltre le fragilità", in programma a Genova il 27 e 28 novembre). La ministra – che però non ha specificato quando e in che modo renderà pubblici i risultati del test antidroga su sé stessa – nei giorni scorsi ha visitato tre comunità terapeutiche a Roma: il Centro Italiano di Solidarietà "Don Mario Picchi", la cooperativa sociale "Magliana80" e l'associazione "Tenda Onlus".

La ministra delle Politiche giovanili Fabiana Dadone

E il suo commento, tramite un post su Facebook, è stato questo: "È importantissimo ascoltare le storie che emergono da queste realtà, ma personalmente li ringrazio perché mi hanno ricaricata. Stare in mezzo a persone che lottano contro le proprie fragilità e vedere che passo dopo passo superano i problemi è qualcosa di immenso". Molto attiva su vari temi, sia di sua esclusiva competenza (oltre alle droghe, il servizio civile, le politiche giovanili, etc.), sia sui diritti civili (donne, famiglia, comunità Lgbt+, eutanasia), la Dadone – come ha già spiegato in una precedente intervista su Luce! (leggila qui) – ha le redini di un ministero 'leggero' (e non solo perché "senza portafoglio", ma proprio a causa delle sue deleghe), ma lo interpreta in modo 'pesante'. Insomma, non le manda mai a dire. Si espone, e si impone, su una lunga serie di argomenti. A partire, ovviamente, dal più 'caldo', le sostanze stupefacenti.

La conferenza nazionale per "Fornire strumenti utili al Parlamento e al sistema Paese"

"Fare sedere tutti le parti intorno a un tavolo per riuscire a fornire al Parlamento, come prevede la legge, uno strumento per valutare le correzioni della normativa e mettere in atto un piano di azione sulle dipendenze" sono gli obiettivi della VI^ Conferenza Nazionale sulle Dipendenze, come spiega la Dadone. "Ho voluto intitolare la Conferenza Oltre le fragilità - ha sottolineato - perché le fragilità non sono solo umane, ma del sistema sanitario, della normativa e talvolta anche delle prese di posizione". Incredibile pensarci, considerando il tempo che è passato, ma l'ultima conferenza si è tenuta a Trieste nel 2009 (c'era in sella il IV governo Berlusconi, Capo di Stato Napolitano), quando invece deve essere convocata ogni 3 anni, impegno disatteso da allora fino a oggi. "Un appuntamento che ho fortemente voluto, impegnandomi già all'indomani della mia nomina, per raccogliere la sfida, affermare il principio di legalità e segnare una coraggiosa discontinuità rispetto al passato, dopo dodici anni di immobilismo" dice, puntuta, la ministra. "L'obiettivo dell’evento – ha continuato la ministra - è indicato dalla legge e, in buona sostanza, tende a favorire la ricerca di soluzioni per le problematiche di un mondo, quello del disagio e delle fragilità, che da troppo tempo non ha l’attenzione che merita. I numeri e le statistiche degli ultimi anni evidenziano un trend allarmante, recentemente acuito dalle conseguenze della fase pandemica. È necessario uno sforzo corale che coinvolga l'intero sistema Paese: dalla sanità alla scuola, dalla giustizia alla famiglia, dalla società scientifica a quella civile, dal mondo dello sport al lavoro". "Al di là dei proclami, dobbiamo risposte concrete ai giovani e giovanissimi, specie a coloro che realizzano condizioni di fragilità. È tempo di agire", ha sottolineato ancora Dadone. "Confronto, coordinamento e partecipazione, nazionale e internazionale, sono state le pietre miliari del nostro percorso, iniziato diversi mesi fa - ha concluso -; molteplici protagonisti e voci su -talvolta contrapposte- dipendenze: abbiamo lavorato all'insegna della partecipazione, della trasparenza, dell'inclusività, con un approccio evidence-based, basato sull’osservazione empirica e sulla forza dei dati".

La 'rivoluzione' del referendum sulla cannabis e la spinta del Paese 'reale', quello dei giovani

Ma – "e qui si parrà la sua nobilitade" – è proprio il tema delle droghe al centro del dibattito sociale, civile (ma non, ovviamente, di quello politico…), molto più di altri temi (violenza sulle donne, eutanasia, diritti delle persone Lgbt+, etc.) che pure dovrebbero esserlo. Per ora, la Dadone non si è espressa, sul tema del referendum sulla cannabis, di cui parleremo ora, tranne quando ha detto, sempre a Luce! (leggi qui), "Penso sia civile garantire ai malati le sostanze utili ad alleviare il dolore. Sempre. Allo stesso tempo ritengo il Parlamento sovrano, quindi mi aspetto serietà e non giochetti che puntino al rinvio infinito piuttosto che al coraggio di affrontare nel merito i problemi degli italiani". Ma, alla conferenza, non potrà eludere il tema. Come si sa, infatti, da un lato l'ultima legge sulle droghe è un Testo Unico (datato 1990!), che ha, ovviamente, fatto da tempo il suo tempo. Dall'altro, giace sepolta una proposta di legge che legalizza la coltivazione della cannabis, in Parlamento: dopo tre anni in cui è stata ferma in commissione Giustizia, ora finalmente c'è un relatore del ddl, il presidente della commissione Mario Perantoni del M5s. Ma non è stata calendarizzata in Aula, nonostante l'impegno di un fronte trasversale di deputati (Magi di +Europa, Licatini M5s, Fratoianni SI).

Consegna in Cassazione delle firme per il referendum per la Cannabis Legale (ANSA)

Infine, ha fatto sonora irruzione, nel Paese, il referendum popolare sulla legalizzazione della cannabis, ha raccolto 630 mila firme in un amen (la raccolta delle firme, partita a fine agosto, si è chiusa a metà settembre: le 500 mila firme necessarie per il quorum arrivate in 7 giorni) e, lo scorso 28 ottobre, la Corte di Cassazione ha ricevuto i 'pacchi' della raccolta e li ha validati. Un boom reso possibile da due fattori, uno tecnico e uno politico. Quello tecnico è stato consentito dall’introduzione, nel nostro ordinamento, della firma digitale, via autenticazione tramite Spid, per la raccolta firme su ogni referendum proposto da luglio scorso in poi, grazie a Riccardo Magi(+Eu), che ha infilato la norma pro-Spid dentro il dl Sostegni e, sulla scorta di un ricorso presentato e vinto nel 2015, all'Onu, da Marco Staderini (segretario dei Radicali italiani), contro gli "irragionevoli ostacoli" frapposti da leggi di 50 anni fa alla raccolta delle firme. Una raccolta a tempo di record, dunque, ma anche una mobilitazione che è costata un milione di euro. Qualcuno (leggi: la Lega e FdI) ci ha provato, a dir la verità, a invalidare le firme raccolte via Spid sugli ultimi quesiti referendari (eutanasia, cannabis, caccia), ma il tentativo, in uno degli ultimi decreti presentati in Parlamento, è stato respinto con perdite dal fronte compatto della ex maggioranza giallorossa più Iv, +Europa e Misto. In particolare, il costituzionalista e deputato Pd, Stefano Ceccanti, ha sollevato la giusta attenzione contro il tentativo di 'scassare' la raccolta firme, così il diritto alle firme digitali è rimasto intatto. Certo, la firma online via Spid rende assai più agevole la raccolta delle firme in luogo dei soliti, faticosi, banchetti, per non dire delle pastoie burocratiche negli uffici comunali; ma è evidente che, soprattutto presso i giovani, un tema come la legalizzazione della cannabis è molto sentito. Purtroppo, la diffusione delle droghe – leggere, ovviamente, ma anche pesanti (cocaina, anfetamine, pasticche di ogni genere, mentre da poco è balzata agli onori delle cronache anche la cosiddetta ‘droga dello stupro’) – è ormai impressionate, specie tra i ragazzi.

Il 'sonno' della Politica e la legislazione ad hoc dentro cui il referendum opera ‘a ritaglio’…

Ergo, il successo del referendum sulla cannabis - promosso dall’associazione Luca Coscioni, la stessa che ha spinto sul referendum sull’eutanasia e fa parte della galassia Radicale, più due piccole sigle: Sinistra italiana e Possibile - doveva essere messo in conto dalla Politica (la quale, ovviamente, dorme il 'sonno dei Giusti'), perché è un tema molto sentito nel nostro Paese. Ma bisogna, appunto, distinguere tra droghe leggere e pesanti, nonché capire cosa serve per uso terapeutico e cosa no. Da questo punto di vista, il referendum opera, con il classico sistema del 'ritaglio' dentro la normativa vigente (il TU del 1990), prevedendo la depenalizzazione delle coltivazioni di varie piante, ma non della trasformazione delle stesse in sostanze, la cancellazione delle sanzioni penali per uso personale della cannabis e l’eliminazione della sospensione della patente per consumo della pianta, ma non per guida in stato alterato. Insomma, un uso scientifico, tipico dei radicali, dello strumento referendario che ha ottenuto il risultato del boom della raccolta firme. Ma né ai Radicali né a Magi sta bene il fatto che, in buona sostanza, la Conferenza nazionale sulle droghe "omette, nei suoi lavori preparatori, e rischi di omettere, nel suo svolgimento, l’impianto repressivo della legge attuale, inquadrando tutto il suo dibattito su questioni di contorno e non strutturali, oltre che il quesito referendario". Il quale, però, ora c’è e andrà votato, a giugno del 2022, sempre che la Consulta ammetta la validità del testo nell’attuale quadro della legislazione italiana e che questo stesso non confligga con i principi della Costituzione. In effetti, la Conferenza nazionale sulle Droghe, e pure la ministra Dadone, non potranno non parlare del referendum cannabis. È, invece, assai più improbabile che il Parlamento legiferi, in materia. Un Parlamento, ormai, che è 'lumaca'.

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