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Dal delitto di Cogne a oggi, dopo 20 anni ecco quanti figli vengono ancora uccisi in Italia

di REMY MORANDI -
28 gennaio 2022
Annamaria Franzoni

Annamaria Franzoni

Il piccolo Samuele Lorenzi, ucciso a 3 anni

Diciassette colpi. Nessun’arma trovata. Otto minuti. Nessuna certezza su cosa sia successo. Vent’anni sono passati da quella mattina del 30 gennaio 2002. E il delitto di Cogne resta ancora un mistero. Le certezze sono poche, ma pesano come un macigno: alle 09:55 Samuele Lorenzi, 3 anni, viene dichiarato morto. Nel 2008 Annamaria Franzoni viene riconosciuta colpevole dell’omicidio del figlio. Il delitto sconvolge l’Italia. E 20 anni dopo, tutti cercano ancora verità e risposte a quelle tante, troppe, domande rimaste aperte.

La villetta di Montroz, frazione di Cogne (Valle d'Aosta), dove fu ucciso Samuele

Delitto di Cogne, la ricostruzione della vicenda

I fatti. Alle ore 08:28 del 30 gennaio 2002 Annamaria Franzoni, dalla sua villetta a Montroz, frazione di Cogne in Valle d’Aosta, chiama il 118 preoccupata perché il figlio Samuele, 3 anni, ancora nel suo letto, sta perdendo "sangue dalla bocca". Poi fa un’altra chiamata: “Gli è scoppiato il cervello”. E un’altra ancora: “Sta vomitando sangue”. Al fianco della signora Franzoni, al momento della telefonata, c’è Ada Satragni, dottoressa e amica di famiglia. È lei la prima ad accorrere e per la dottoressa si tratta di un aneurisma cerebrale. Arrivano i soccorritori con l’elicottero. Non hanno dubbi: è omicidio. Alle 09:55 Samuele viene dichiarato morto. E l’autopsia stabilisce come causa del decesso almeno diciassette colpi sferrati con un corpo contundente. Ma l’arma del delitto non verrà mai trovata.

Annamaria Franzoni con il figlio Gioele (Foto del 2004)

Dal carcere all’apertura di un agriturismo, che cosa fa oggi Annamaria Franzoni

Nel 2004 Annamaria Franzoni viene condannata in primo grado con rito abbreviato a 30 anni di reclusione. Nel 2007, la Corte d’Assise d’appello di Torino conferma la colpevolezza della signora Franzoni ma la pena viene ridotta a 16 anni. Il 21 maggio 2008 la Corte suprema di Cassazione conferma la sentenza d’appello e Annamaria Franzoni viene portata in carcere. Dopo sei anni di reclusione, la signora Franzoni viene scarcerata grazie a una perizia psichiatrica che esclude il rischio di recidività e sconta altri cinque anni ai domiciliari. Undici anni, tra carcere e domiciliari. Dal settembre del 2018 Annamaria Franzoni è una donna libera. Oggi gestisce un agriturismo a Monteacuto Vallese, sull’Appennino emiliano. Vive con il marito Stefano Lorenzi, con cui, un anno dopo la morte di Samuele, la signora Franzoni ha avuto un altro figlio. Un mese fa, per trascorrere le vacanze di Natale e Capodanno, i coniugi Annamaria Franzoni e Stefano Lorenzi si sono recati proprio in quella casa, in quella villetta di Cogne dove morì il piccolo Samuele, il loro figlio.

Annamaria Franzoni oggi ha 51 anni

Annamaria Franzoni nella prima intervista dopo il delitto: “Ho pianto troppo?”

Il delitto di Cogne suscitò un clamore fuori dal comune in Italia. Diventò uno di quei casi di cronaca nera rimasti impressi nel ricordo collettivo. Un caso che anche dopo 20 anni divide ancora l’opinione pubblica in innocentisti e colpevolisti. Numerosissime sono state in tutto questo periodo di tempo le apparizioni di Annamaria Franzoni in televisione, dal Maurizio Costanzo Show, a Porta a Porta, a Buona Domenica. La prima intervista fu realizzata in esclusiva per Studio Aperto dal giornalista Maurizio Zuffi, solo pochi mesi dopo l’omicidio del piccolo Samuele. In quell’occasione la Franzoni raccontò la sua versione sul delitto di Cogne, spesso interrotta da pianti e singhiozzi. A telecamere spente, tuttavia, si lasciò sfuggire un “Ho pianto troppo?” che fu oggetto di moltissime polemiche nonché di dubbi e domande che in seguito si posero i giudici.

Il letto dove fu ucciso il piccolo Samuele

Il nuovo documentario sul delitto di Cogne, dove e quando guardarlo

Oggi, in occasione dei 20 anni dal delitto di Cogne, un nuovo documentario in due puntate finisce sul teleschermo: “Il delitto di Cogne”, una produzione originale Crime+Investigation, in onda domenica 30 e lunedì 31 gennaio alle ore 22:55 sul canale 119 di Sky. Nel documentario si cerca di rispondere ai tanti dubbi ancora rimasti aperti, ripercorrendo i fatti attraverso le voci dei giornalisti – tra cui Alessandra Comazzi de La Stampa, Michele Cucuzza e Gigi Iorio, il primo fotoreporter ad arrivare sulla scena del crimine – che racconteranno in prima persona quello che hanno vissuto e visto insieme alle testimonianze del Procuratore capo di Aosta, Maria del Savio Bonaudio, e dell’avvocato di Annamaria Franzoni, Carlo Taormina.

Annamaria Franzoni con la famiglia

Depressione post partum, quanto dura e quali sono i sintomi

Il delitto di Cogne è stato uno dei casi più eclatanti nel quale anche un altro tema è stato portato alla ribalta in Italia e ha fatto riflettere negli anni: il tema della solitudine di una madre e della depressione post partum. Quest’ultima è un grave disturbo dell’umore che insieme agli attacchi d’ansia colpisce per lo più le donne nel periodo perinatale (che precede e segue la nascita del figlio). Secondo il Policlinico di Milano, sono più soggette alla depressione post partum le donne che hanno sofferto di ansia o depressione in gravidanza, donne che hanno una storia pregressa di disturbi psichiatrici e donne che hanno vissuto eventi stressanti quali lutti, violenza domestica, percezione di supporto sociale e famigliare inadeguato, problemi lavorativi ed economici. Nel periodo della depressione post partum – che solitamente si manifesta nel corso della gravidanza o nelle prime quattro settimane dopo il parto, ma che può durare fino a 36 mesi dalla nascita di un figlio – le donne si sentono deboli, vulnerabili e spiazzate quando in quello che viene normalmente percepito come un momento gioioso si trovano a provare sensazioni negative anche nei confronti del proprio figlio. Tutto ciò può provocare ansia, sensi di colpa, pensieri ossessivi, senso di solitudine e anche rabbia. Che in alcuni casi può sfociare in violenza.

Il piccolo Samuele

Infanticidi, quanti figli vengono uccisi in Italia?

Dal 2000 al 2018 i figlicidi in Italia sono stati 473. Questo il risultato di un’indagine condotta da Rapporto Eures sugli omicidi in famiglia. In particolare, le vittime di età compresa tra 1 e 5 anni sono state 93 (il 19,7%), quelle da 14 a 17 anni 26 (il 5,5%) e quelle ultra 18enni 180 (il 38,1%). I bambini con meno di un anno di vita uccisi dai genitori sono stati 85, per una media di almeno 4 l’anno. I responsabili dei delitti sono per lo più le madri: nell’arco di tempo in questione, l’89,4% degli omicidi di figli di meno di un anno (76 casi in valori assoluti) sono stati commessi dalle madri, il 10,6% (9 casi) dai padri. La responsabilità delle madri negli omicidi dei figli – sempre secondo il Rapporto Eures 2019 – si riduce all’aumentare dell’età del bambino, attestandosi al 48,4% nei figlicidi di bambini di 1-5 anni (45 madri omicide e 48 padri); scendendo al 35,6% nella fascia 6-13 anni (dove i figli uccisi dai padri salgono a 56, pari al 64,4%) per raggiungere il valore minimo di 13% nei figlicidi di adolescenti o giovani adulti (27 casi, a fronte di 181 commessi dai padri).