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Dal Kurdistan alla Bielorussia fino all'Italia: l'odissea di Taman e la speranza che rinasce

di MARIANNA GRAZI -
29 gennaio 2022
BIELORUSSIA_RICONGIUNGIMENTO_MINORI-18

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Aladin arrivò dalla Bosnia nel 1995, Mustafa dalla Siria una settimana fa e ora anche Taman, che il suo viaggio l’ha iniziato nel Kurdistan Iraqueno, suo Paese d’origine, è arrivato in Italia in cerca di un futuro. Atterrato a Bologna due giorni fa è dal capoluogo emiliano che inizierà la nuova vita di questo bambino di 8 anni a cui una malattia congenita ha costretto all’amputazione degli arti inferiori, sostituiti da protesi, e per la sua sorellina Tanya di 11 mesi, per la quale si teme la stessa patologia. Dopo la prima notte trascorsa nel nostro Paese il piccolo Taman si è detto “finalmente felice”. E mentre gioca con i fratelli, o viene coccolato dai volontari della Croce Rossa, il cui aiuto e intervento è stato fondamentale per portarlo qui in Italia, non si potrebbe dire altrimenti. Finalmente per Taman è iniziato un capitolo nuovo, un capitolo chiamato speranza.

La fuga dall’Iraq

Un viaggio, quello di Taman e della sua famiglia, iniziato mesi fa. Il papà Sangar, 32 anni e la mamma Kanar di 30, sono partiti dalla provincia di Sulaymaniyah, nel Kurdistan iracheno, con i loro tre figli, con un solo obiettivo in testa: arrivare in Europa per permettere loro di essere curati e di avere un futuro. "Mio figlio necessita di cure mediche e anche la più piccola è affetta da una malattia congenita – spiega il papà ai media italiani –. Per questo abbiamo deciso di lasciare tutto e tentare disperatamente di arrivare in un Paese con strutture ospedaliere adeguate". Dopo aver venduto tutti i loro beni la famiglia ha intrapreso il cammino verso il nostro continente, verso un posto più sicuro di quello che stavano lasciando, in un disperato viaggio che li ha portati fino in Bielorussia.

La famiglia di Taman arrivata a Bologna (foto Croce Rossa Italiana)

Il limbo Bielorusso

Qui sono stati bloccati, come tanti, tantissimi profughi, al confine con la Polonia. Una pausa forzata e terribile, al freddo, patendo fame e mancanza di riparo. “Sono stati giorni terribili – prosegue nel racconto il 32enne – eravamo con altre migliaia di persone nella foresta al confine con la Polonia con temperature che arrivavano a - 18 gradi. L’Europa tanto sognata era lì a pochi metri ma il confine era presidiato ed era impossibile raggiungerla”. Sul cellulare conserva la prova di quel periodo così difficile, i video e le foto testimonianza di cosa vuol dire vivere sospesi in quel limbo gelato, senza acqua né cibo: "Questi sono i piedi di mio figlio – afferma mostrando le immagini delle protesi del bimbo di 8 anni – sono tutti spaccati dal freddo e cerca di riscaldarsi vicino al fuoco".

L'arrivo in Italia

Taman, 8 anni, con la sorellina di 11 mesi Tanya e il fratello di 12 anni Haryad nella nuova casa di Bologna

Ma per la famiglia irachena, a differenza di altre migliaia di migranti bloccati al confine bielorusso sulla soglia europea, le porte del continente si sono aperte e per Taman e i suoi fratelli l'avventura ha avuto un lieto fine. Anzi, un lieto inizio di quella che potrebbe essere la loro favola di rinascita. Atterrati a Fiumicino pochi giorni fa, grazie alla collaborazione della Croce Rossa Italiana con il ministro Luigi Di Maio e tutto il personale del Ministero degli Affari Esteri, la Regione Emilia Romagna, il Comitato della Croce Rossa di Bologna e l’Istituto Ortopedico Rizzoli, ora papà Sangar, mamma Kanar, 30, Taman, Haryad e Tanya hanno trovato una nuova casa, calda e accogliente, a Bologna, dove poter ricostruire la loro esistenza. E proprio al Rizzoli i due bambini senza gli arti potranno finalmente ricevere le cure mediche urgenti di cui hanno bisogno. “Grazie di cuore a tutti voi della Croce Rossa”, sono state le prime parole che il padre, una volta atterrato in Italia, ha voluto rivolgere alle volontarie che lo hanno accompagnato e ai volontari del Comitato di Bologna che li hanno accolti. “L’unica cosa che conta per noi è la salute dei nostri figli –  conclude Sangar – mi sembra un sogno, ora finalmente potranno accedere a strutture ospedaliere specializzate e, finalmente, essere curati”. E agli operatori della Croce Rossa che hanno chiesto al bambino cosa sogna di fare da grande lui ha risposto senza esitazione: "Il dottore".