
Protestanti all’università di Harvard
La recente decisione del presidente statunitense Donald Trump di vietare l'iscrizione di studenti stranieri all'Università di Harvard ha suscitato forti reazioni sia a livello interno che internazionale. Notizia di oggi la condanna da parte della Cina, che ha definito la mossa una "politicizzazione dell'istruzione". È stato questo il commento del ministero degli Esteri Mao Ning, espresso nel briefing quotidiano.
Il sistema educativo statunitense, tra svolta “woke” e paura del “gender”
Negli ultimi anni, il sistema educativo statunitense si è trasformato in uno dei principali teatri della “guerra culturale” tra conservatori e progressisti. A innescare il conflitto è stata, tra le altre cose, la crescente attenzione all’educazione antirazzista e all’inclusività, che molte scuole e distretti scolastici hanno cercato di implementare attraverso programmi didattici, formazione del personale e revisioni dei materiali scolastici. A destra, queste scelte sono state spesso bollate come “indottrinamento woke”. Negli Stati governati da repubblicani (come Florida e Texas), sono state varate leggi che vietano l'insegnamento della “critical race theory” – una corrente accademica che analizza il razzismo come un fenomeno sistemico – anche se spesso non era realmente insegnata a livello di scuola superiore. Le accuse parlano di una scuola che “colpevolizza i bambini bianchi” e fomenta divisioni identitarie. L’ex governatore della Florida, Ron DeSantis, ha costruito parte della sua popolarità su una campagna contro il “wokismo nelle scuole”, vietando libri e corsi considerati ideologici, come alcuni testi dell’autrice Premio Nobel Toni Morrison.
Ma anche il progressismo non è immune da estremismi. In nome dell’inclusività, alcune scuole hanno adottato pratiche controverse, come l’eliminazione di classici della letteratura (come Il buio oltre la siepe o Le avventure di Huckleberry Finn) per la presenza di termini razzisti, anche se contestualizzati. In alcune università, si è arrivati al punto di fornire trigger warning per testi come 1984 di Orwell, giudicati “psicologicamente disturbanti”.
Il sistema scolastico cinese e la politicizzazione sistemica
Ma qual è la situazione dell’istruzione nella Repubblica Popolare Cinese, che ha attaccato duramente la decisione di Trump? In Cina, la politicizzazione della scuola non è un effetto collaterale del dibattito pubblico: è un elemento strutturale del sistema. Fin dalle elementari, il curriculum scolastico prevede l’insegnamento del pensiero di Xi Jinping, inserito ufficialmente nei programmi a partire dal 2021, e ampie sezioni di “educazione patriottica”, che celebrano la storia del Partito Comunista Cinese e promuovono un’interpretazione univoca della realtà politica e sociale del paese. I manuali vengono regolarmente revisionati per allinearsi alla linea del partito e alcuni eventi storici – come la protesta di piazza Tiananmen del 1989 – vengono omessi del tutto. L’istruzione, in questo contesto, diventa uno strumento di coesione ideologica e sociale, volto a formare cittadini fedeli alla narrazione ufficiale dello Stato. Le università, pur eccellendo in ambiti come la matematica o l’ingegneria, sono soggette a stretto controllo politico: docenti e studenti sanno di doversi attenere a determinate linee, pena conseguenze accademiche e legali.
E in Italia? Una politicizzazione più sottile, ma presente
Anche in Italia, pur con toni meno accesi rispetto agli Stati Uniti, la scuola è periodicamente oggetto di tensioni politiche e ideologiche. Il dibattito si riaccende ciclicamente su temi come l'educazione sessuale, l’orientamento dell'insegnamento della storia o le attività legate alla Giornata della Memoria e al 25 aprile.
Negli ultimi anni, ad esempio, alcuni istituti hanno ricevuto pressioni per ridimensionare o sospendere iniziative legate alla parità di genere, accusate da esponenti di destra di “propaganda gender”. Di questa linea fanno parte le ultime decisioni prese dal Ministro dell’Istruzione Valdiatara e approvate dal Consiglio dei Ministri che stringono le maglie sulle attività extracurricolari di formazione sull’affettività e il sesso in classe: alle superiori ci vorrà il consenso scritto dei genitori, mentre alla materna e alle elementari ci si dovrà fermare a ciò che si insegna in biologia e dunque allo studio del corpo umano e della riproduzione. L’estrema polarizzazione ideologica che caratterizza il contesto americano non sembra replicarsi con la stessa forza in Italia, anche per via di un sistema scolastico tendenzialmente più centralizzato e meno soggetto al controllo politico locale. Tuttavia, l’uso della scuola come veicolo di battaglie simboliche è un rischio che riguarda anche il nostro paese.