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Home » Attualità » Differenza Donna segnala la puntata di C’è posta per te all’Agcom: “Misoginia in diretta”

Differenza Donna segnala la puntata di C’è posta per te all’Agcom: “Misoginia in diretta”

La lettera della ong a Maria De Filippi e il parere della psicologa e psicoterapeuta Elisa Caponetti, esperta di relazioni tossiche

Marianna Grazi
12 Gennaio 2023
Valentina e Stefano

Valentina e Stefano

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Non si spengono i fuochi della polemica sulla puntata di “C’è posta per te”, la trasmissione condotta da Maria De Filippi in prima serata su Canale 5, andata in onda sabato 7 gennaio. Ad alzare il polverone della critica è stata la storia di Valentina e Stefano, da molti ritenuta non solo ingiustamente strumentalizzata ai fini degli ascolti, ma che soprattutto ha evidenziato come ancora in Italia non si sappia affrontare con gli strumenti e le parole giuste la questione della violenza sulle donne e delle relazioni cosiddette ‘tossiche’.

“Vittime di violenza: storie di ordinaria quotidianità”

Un tema, quest’ultimo, di cui su Luce! avevamo parlato con una delle massime esperte in materia, la psicoterapeuta Elisa Caponetti, autrice del libro “Vittime di violenza: storie di ordinaria quotidianità“, in cui ha cercato di rispondere ad alcune domande fondamentali quanto urgenti: cos’è, esattamente, la violenza? Come si espleta? Come si contrasta? Come si può intervenire onde evitare una tragica deriva? Quali sono i comportamenti da adottare nei confronti delle vittime? E nei confronti dei carnefici? Perché se è vero che il tema è assolutamente reale e concreto, altrettanto vero è che solo in tempi recenti ha acquistato dignità giuridica. “In seguito al caso suscitato dalla trasmissione C’è Posta per te, ripropongo i concetti contro la violenza […] Il mio testo, nel rispondere a queste domande e attingendo ai fondamentali contributi dell’avvocata Maria Letizia Sassi e del questore Emanuele Ricifari, offre notevoli spunti di riflessione e importanti testimonianze, intese, in particolare, a comprendere che cosa spinga tante donne e uomini a non denunciare e come si possa fare prevenzione in un ambito così complesso”, sottolinea la psicologa giuridica e psicoterapeuta, che opera sia in ambito clinico che giuridico forense.

La psicoterapeuta Caponetti

La psicoterapeuta Elisa Caponetti

Caponetti infatti nel su testo, attraverso anche molte testimonianze di donne vittime di abusi e molestie, ha approfondito anche “il ruolo assunto dalla dimensione culturale e sociale di cui siamo costantemente permeati, a volte nella più totale inconsapevolezza”. Una questione fondamentale, su cui rientra appunto anche il discorso sui come si debba affrontare il tema in determinati contesti, non certo spettacolarizzandolo o liquidandolo a mero episodio ‘di dolore’ che va a nutrire il morboso bisogno di argomenti pruriginosi del pubblico televisivo. “Ho ritenuto di dover dedicare ampio spazio anche ai diversi volti della violenza e questo per far meglio comprendere che esistono differenti manifestazioni e forme di realizzazione della stessa”. Quella di Stefano su Valentina non era una violenza fisica – per quanto trapelato dalle loro parole durante la puntata – ma una forma di controllo al limite dell’ossessione, da cui la donna era ‘fuggita’ tramite una relazione extra coniugale, per poi essere ossessionata dai sensi di colpa – comuni tra le vittime di violenza – tanto da voler tornare col marito. Che non ha avuto alcuna pietà nello screditarla ancora di fronte alle telecamere, spingendo non pochi spettatori a “colpevolizzare” a loro volta la ragazza. “Molto spesso si parla dell’autore del reato dando risalto al crimine commesso – dichiara Caponetti – raramente si studia e si dà voce alla vittima. Questo libro vuole offrire quindi non soltanto spunti di riflessione su questo complesso tema […] ma vuole avere anche l’ambizione di riuscire a suscitare una qualche forma di consapevolezza in tutti coloro che si trovano a vivere una situazione di violenza (e purtroppo sono tanti) e che hanno difficoltà a riconoscerla o a chiedere aiuto”.

La denuncia all’Agcom

Consapevolezza e aiuto che sono mancati a Valentina, che piuttosto che vedersi ancora umiliare, ancora sminuire, ancora molestare in diretta televisiva di fronte a milioni di persone, avrebbe dovuto invece essere supportata da esperti, dalla rete anti-violenza, per potersi rendere conto davvero della drammatica situazione in cui stava per ricadere. A telecamere spente, infatti, nessuno di noi sa cosa sia successo nella casa della coppia, come la loro vita sia ripresa a scorrere. Ma certamente le premesse, come sottolineato dall’uomo che nell’aprire “la busta”, ha voluto ribadire di non essere ancora pronto per lasciarsi alle spalle il tradimento della moglie.

Valentina è stata protagonista della dibattuta vicenda a C’è posta per te

Per questo, per denunciare il trattamento riservato alla vicenda da parte della padrona di casa Maria De Filippi e di tutta la produzione di “C’è Posta per te”, la ong Differenza Donna ha segnalato la puntata del 7 gennaio scorso all’Agcom, che ha la competenza di valutare la violazione dei principi legislativi e regolamentari riguardanti la corretta rappresentazione dell’immagine della donna nei programmi di informazione e intrattenimento, sollecitando anche l’esercizio dei poteri sanzionatori. “La trasmissione ha divulgato la storia – ricorda Differenza Donna – di una relazione sentimentale connotata da sopraffazione, denigrazione e mortificazione dell’uomo sulla donna, rappresentando una dinamica misogina delle relazioni in assenza di qualsivoglia intervento correttivo da parte della conduttrice. Ciò per noi è molto grave in quanto ha riprodotto e legittimato in un vasto pubblico, quale è quello di un programma di prima serata del sabato, trattamenti inaccettabili che configurano – conclude l’associazione, che gestisce dal luglio 2020 il 1522, il numero nazionale antiviolenza e antistalking -, se abitualmente riprodotti nelle relazioni, reati molto gravi che offendono beni giuridici di rango costituzionale”.

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  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
  • II problema è che sei sola. Arrivi lì persino convinta: è la cosa più naturale che tu, donna, sia mai stata chiamata a fare: partorire. 

Te lo hanno ripetuto per 9 mesi nei corsi preparto, e te l’hanno ripetuto ancora prima che tu venissi al mondo: non c’è niente che sia più naturale, per una donna, nei secoli dei secoli. E il bello è che aver ottenuto la possibilità di scegliere che il tuo parto non sia "medicalizzato", che il tuo neonato non ti sia strappato subito dalle braccia e che resti, subito dopo, al tuo fianco nella tua stanza, e non nella nursery, è il risultato di una lunga battaglia, intrapresa oltre 30 anni fa. 

Una battaglia vinta? No, se si è passati dal troppo medicalizzato all’abbandono. 

Il problema è che c’è un’altra verità – nei secoli dei secoli – ed è il paradosso: nell’esatto momento in cui vieni pervasa dalla furiosa coscienza che sei onnipotente perché sei come Dio e hai dato la vita, vieni pure annientata dalla furiosa consapevolezza che la sopravvivenza di quella vita dipende da te, dipende da te tutto, la sua felicità o la sua infelicità, e non sai se sarai in grado di accudirla, quella nuova vita, come devi, e hai paura, la paura più pura e cristallina e terribile che tu abbia mai provato, e altro che Dio, sei l’ultimo dei miserabili. 

È stata la cultura patriarcale ad aver tramandato la maternità come destino ineluttabile della femminilità: la paura della donna non è mai stata né contemplata, né tanto meno accettata. È stata condivisa tra le donne, quando vi era un tessuto sociale che lo permetteva. È stata omessa dalla contemporaneità anche dalle donne stesse perché ammetterla comporta arretrare dall’emancipazione, dalla rivendicazione della parità: partorisci naturalmente, allatti naturalmente, naturalmente performi due giorni dopo come nulla fosse. 

Ma non c’è nulla di naturale in questo. È un’altra storia di prevaricazione. E una nuova storia di solitudine. Tra le più feroci.

di Chiara Di Clemente✍🏻

#lucenews #editoriale #allattamento #maternita #ospedalepertini
  • Theodore (Teddy) Hobbs vive a Portishead, nella contea inglese del Somerset, insieme ai genitori, mamma Beth, 31 anni, e il padre Will Hobbs, 41 anni. Il piccolo, che ora ha quasi quattro anni, è entrato nel Mensa (l’associazione internazionale fondata nel 1947 per chi ha il Quoziente Intellettivo almeno 1,5 volte quello regolare, ndr) a tre anni dopo aver superato un test del QI e ottenendo un punteggio di 139 su 160 nel test di Stanford Binet, scioccando i suoi genitori, che non avevano idea di quanto fosse intelligente. 

Ma il bambino dei segnali li aveva già dati visto che ha imparato a leggere da autodidatta all’età di soli due anni e quattro mesi e ora è persino in grado di leggere i libri di Harry Potter, quando i genitori glielo permettono, ed è in grado di contare in sei lingue diverse, mandarino compreso. I suoi passatempi preferiti? Le ricerche su Google e recitare le tabelline.

I genitori ammettono di non essersi mai aspettati che il figlio entrasse nel gruppo e non avevano nemmeno pianificato di fare domanda per l’adesione. “Ci è stato detto che non era mai entrato un membro dell’età di tre anni. A essere onesti, è davvero un colpo di fortuna che sia entrato” sono le parole di mamma Beth che spiega: “Non avevamo intenzione di farlo entrare nella società. Volevamo solo fargli fare un test prima di mandarlo a scuola per capire quale scegliere”. Ad ogni modo, continua la madre, “prima del test gli abbiamo detto che avrebbe dovuto risolvere qualche puzzle con una signora che lo guardava per un’oretta, e lui ne è rimasto felicissimo”.

I genitori del bimbo, che si sono sottoposti alla fecondazione in vitro per concepire il figlio e la sorella minore di Teddy, scherzano persino sul fatto che potrebbe esserci stato un pasticcio alla clinica della fertilità. “Non sappiamo come ha fatto a venire fuori così. Si sta rendendo conto di essere più dotato degli altri bambini. Io e mio marito scherziamo sempre dicendo che al dottore dev’essere sfuggita un’iniezione di qualche tipo. Da grande vuole fare il dottore perché gioca sempre a guarire i suoi giocattoli con il suo amico all’asilo”.

#lucenews #mensa #piccoligeni
  • “La lotta per garantire il diritto fondamentale delle donne all’assistenza sanitaria riproduttiva è tutt’altro che conclusa“.

In occasione del 50° anniversario della Roe v. Wade, lo scorso 22 gennaio, la storica sentenza della Corte Suprema che ha sancito il diritto costituzionale all’aborto, annullata la scorsa estate, la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris è stata in Florida per tenere un discorso di commemorazione.

#lucenews #roevwade #usa #abortionrights
Non si spengono i fuochi della polemica sulla puntata di "C'è posta per te", la trasmissione condotta da Maria De Filippi in prima serata su Canale 5, andata in onda sabato 7 gennaio. Ad alzare il polverone della critica è stata la storia di Valentina e Stefano, da molti ritenuta non solo ingiustamente strumentalizzata ai fini degli ascolti, ma che soprattutto ha evidenziato come ancora in Italia non si sappia affrontare con gli strumenti e le parole giuste la questione della violenza sulle donne e delle relazioni cosiddette 'tossiche'.

"Vittime di violenza: storie di ordinaria quotidianità"

Un tema, quest'ultimo, di cui su Luce! avevamo parlato con una delle massime esperte in materia, la psicoterapeuta Elisa Caponetti, autrice del libro "Vittime di violenza: storie di ordinaria quotidianità", in cui ha cercato di rispondere ad alcune domande fondamentali quanto urgenti: cos’è, esattamente, la violenza? Come si espleta? Come si contrasta? Come si può intervenire onde evitare una tragica deriva? Quali sono i comportamenti da adottare nei confronti delle vittime? E nei confronti dei carnefici? Perché se è vero che il tema è assolutamente reale e concreto, altrettanto vero è che solo in tempi recenti ha acquistato dignità giuridica. "In seguito al caso suscitato dalla trasmissione C'è Posta per te, ripropongo i concetti contro la violenza [...] Il mio testo, nel rispondere a queste domande e attingendo ai fondamentali contributi dell’avvocata Maria Letizia Sassi e del questore Emanuele Ricifari, offre notevoli spunti di riflessione e importanti testimonianze, intese, in particolare, a comprendere che cosa spinga tante donne e uomini a non denunciare e come si possa fare prevenzione in un ambito così complesso", sottolinea la psicologa giuridica e psicoterapeuta, che opera sia in ambito clinico che giuridico forense.

La psicoterapeuta Caponetti

La psicoterapeuta Elisa Caponetti
Caponetti infatti nel su testo, attraverso anche molte testimonianze di donne vittime di abusi e molestie, ha approfondito anche "il ruolo assunto dalla dimensione culturale e sociale di cui siamo costantemente permeati, a volte nella più totale inconsapevolezza". Una questione fondamentale, su cui rientra appunto anche il discorso sui come si debba affrontare il tema in determinati contesti, non certo spettacolarizzandolo o liquidandolo a mero episodio 'di dolore' che va a nutrire il morboso bisogno di argomenti pruriginosi del pubblico televisivo. "Ho ritenuto di dover dedicare ampio spazio anche ai diversi volti della violenza e questo per far meglio comprendere che esistono differenti manifestazioni e forme di realizzazione della stessa". Quella di Stefano su Valentina non era una violenza fisica - per quanto trapelato dalle loro parole durante la puntata - ma una forma di controllo al limite dell'ossessione, da cui la donna era 'fuggita' tramite una relazione extra coniugale, per poi essere ossessionata dai sensi di colpa - comuni tra le vittime di violenza - tanto da voler tornare col marito. Che non ha avuto alcuna pietà nello screditarla ancora di fronte alle telecamere, spingendo non pochi spettatori a "colpevolizzare" a loro volta la ragazza. "Molto spesso si parla dell’autore del reato dando risalto al crimine commesso - dichiara Caponetti - raramente si studia e si dà voce alla vittima. Questo libro vuole offrire quindi non soltanto spunti di riflessione su questo complesso tema [...] ma vuole avere anche l’ambizione di riuscire a suscitare una qualche forma di consapevolezza in tutti coloro che si trovano a vivere una situazione di violenza (e purtroppo sono tanti) e che hanno difficoltà a riconoscerla o a chiedere aiuto".

La denuncia all'Agcom

Consapevolezza e aiuto che sono mancati a Valentina, che piuttosto che vedersi ancora umiliare, ancora sminuire, ancora molestare in diretta televisiva di fronte a milioni di persone, avrebbe dovuto invece essere supportata da esperti, dalla rete anti-violenza, per potersi rendere conto davvero della drammatica situazione in cui stava per ricadere. A telecamere spente, infatti, nessuno di noi sa cosa sia successo nella casa della coppia, come la loro vita sia ripresa a scorrere. Ma certamente le premesse, come sottolineato dall'uomo che nell'aprire "la busta", ha voluto ribadire di non essere ancora pronto per lasciarsi alle spalle il tradimento della moglie.
Valentina è stata protagonista della dibattuta vicenda a C'è posta per te
Per questo, per denunciare il trattamento riservato alla vicenda da parte della padrona di casa Maria De Filippi e di tutta la produzione di "C'è Posta per te", la ong Differenza Donna ha segnalato la puntata del 7 gennaio scorso all'Agcom, che ha la competenza di valutare la violazione dei principi legislativi e regolamentari riguardanti la corretta rappresentazione dell'immagine della donna nei programmi di informazione e intrattenimento, sollecitando anche l'esercizio dei poteri sanzionatori. "La trasmissione ha divulgato la storia - ricorda Differenza Donna - di una relazione sentimentale connotata da sopraffazione, denigrazione e mortificazione dell'uomo sulla donna, rappresentando una dinamica misogina delle relazioni in assenza di qualsivoglia intervento correttivo da parte della conduttrice. Ciò per noi è molto grave in quanto ha riprodotto e legittimato in un vasto pubblico, quale è quello di un programma di prima serata del sabato, trattamenti inaccettabili che configurano - conclude l'associazione, che gestisce dal luglio 2020 il 1522, il numero nazionale antiviolenza e antistalking -, se abitualmente riprodotti nelle relazioni, reati molto gravi che offendono beni giuridici di rango costituzionale".
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