
Una manifestazione per i diritti Lgbtq+
Il clima allarmante di erosione delle tutele democratiche in tutta Europa si esprime fortemente anche nelle politiche riguardanti i diritti Lgbtq+, che stanno subendo attacchi in tutto il continente. La denuncia di "un clima politico ostile fatto di aggressioni, retorica d’odio e tentativi di limitare le libertà fondamentali", portata avanti dalla manifestazione ‘La strada dei diritti’ del 17 maggio a Roma, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omolesbobitransfobia, trova conferma nel report per il 2025 di Rainbow Map. La relazione di ILGA-Europe si occupa dal 2009 di illustrare la situazione politica e legale delle persone Lgbtq+ in UE e nel continente europeo - assegnando ad ogni paese un punteggio da 1 a 100.
Quale Europa per le persone Lgbtq+?
Il trend generale individuato da ILGA-Europe è uno smantellamento sistematico dei diritti umani delle persone queer con il pretesto di preservare l’ordine pubblico: “In realtà, tali misure aprono la strada a restrizioni radicali delle libertà fondamentali, compresi i diritti di protesta e di dissenso politico”, si legge nel comunicato che accompagna la Rainbow Map 2025.

Tra gli eventi parte di questa tendenza, il divieto di organizzare eventi Pride in Ungheria e la criminalizzazione dei partecipanti, la sentenza della Corte Suprema del Regno Unito che limita il riconoscimento legale delle persone trans e il divieto generalizzato di tutte le forme di rappresentanza e di riunione LGBTI in Georgia. E viene citata anche l’Italia: il governo del nostro paese “sta portando avanti il disegno di legge 1660, che minaccia in modo analogo la libertà di riunione”, spiega l’associazione. Su 49 Paesi presi in considerazione, solo in 10 le pratiche di conversione sono proibite e il matrimonio egualitario è previsto da sole 22 legislazioni - mentre in 18 Stati non è previsto nessun tipo di tutela per le relazioni omosessuali. Per quanto riguarda i diritti delle persone trans, solamente in 12 Stati europei è previsto il riconoscimento legale del genere basato sull’auto-determinazione. E in ben 11 Paesi non è previsto alcuna procedura per il riconoscimento legale.
Qual è la situazione in Italia
Il nostro Paese si trova alla 35esima posizione della classifica, con un punteggio di 24.41 su 100 - al di sotto sia della Media dell’Unione Europea (51.13) che di quella dell’Europa geografica (41.85). Negli ultimi 5 anni, è la prima volta che il punteggio dell’Italia peggiora. Tra i criteri presi in considerazione dal ILGA-Europe, l’Italia ha ottenuto il massimo per quanto riguarda il “Civil society space”, ovvero la categoria che riguarda le leggi, le politiche e le pratiche che consentono il pieno esercizio della libertà di riunione, associazione ed espressione per le persone Lgbtq+. Non benissimo il riconoscimento legale di genere, in cui ottiene poco più di 42 punti, e l’asilo - ovvero il riconoscimento di identità di genere e sessuale come criterio per la richiesta di asilo politico -, in cui guadagna 33.33 punti. Molto basso il punteggio riguardante il riconoscimento dei diritti della famiglie arcobaleno (17.13) e la legislazione anti-discriminazione (8.74). E infine, riguardo i crimini di odio e l’hate speech e l’integrità corporea delle persone intersessuali, l’Italia non ottiene nessun punto, non prevedendo nulla nella propria legislazione. Secondo ILGA, il nostro Paese dovrebbe migliorare la situazione politica e legale delle persone queer introducendo il matrimonio omosessuale egualitario, depatologizzando le identità trans e riconoscendo in modo automatico la co-genitorialità per tutte le coppie.
I Paesi più virtuosi
La top 5 dei Paesi migliori in cui vivere per le persone Lgbtq+ vede al primo posto Malta - al vertice della classifica da 10 anni -, seguita da Belgio, Islanda, Danimarca e Spagna. Bruxelles è salito al secondo posto quest’anno, scalzando Reykjavik, grazie all’adozione di politiche che affrontano l'odio basato sull'orientamento sessuale, l'identità di genere e le caratteristiche sessuali. Il miglioramento più evidente è avvenuto in Austria, passata da un punteggio di 49.63 a 53.98, grazie al quale ha scalato 4 posti in classifica. Questo è avvenuto grazie all’approvazione di un emendamento federale, il ‘Federal Equal Treatment Act’, che ha chiarito come le protezioni basate sul genere includano l’identità di genere, l’espressione di genere e le caratteristiche sessuali. “Tuttavia, questi progressi sono a rischio: il Partito Popolare Austriaco (ÖVP) ha intenzione di annullare queste protezioni in ottobre”, sottoline ILGA-Europe.
La Polonia è avanzata di tre posizioni grazie alla fine degli ostacoli statali agli eventi pubblici queer e all'abolizione dell'ultima delle cosiddette “zone libere da LGBT”, smettendo così di essere il fanalino di coda dell’Unione Europea. Al 39esimo posto, il Paese si trova nella sua posizione più alta da quando viene redatta da Rainbow Map.
Il fondo della classifica
Gli ultimi 5 Paesi della classifica rimangono gli stessi del 2024 e nessuno di essi fa parte dell’Ue: all’ultimo posto la Russia, preceduta da Azerbaijan, Turchia, Armenia e Bielorussia. Le peggiori cadute nel ranking riguardano invece Ungheria, Georgia e il Regno Unito.

L’Ungheria ha perso ben 7 posizioni, arrivando alla sua posizione peggiore da quando viene redatta la Rainbow Map, a seguito dell’azione di diversi emendamenti che mirano a criminalizzare sempre di più l’appartenenza alla comunità Lgbtq+. Anche la Georgia è scesa di 7 posizioni per l'adozione di un pacchetto di leggi che vietano il riconoscimento legale del genere, l'assistenza sanitaria specifica per i trans, l'adozione da parte di coppie dello stesso sesso, il divieto di eventi pubblici e di espressione sulle persone LGBTI, oltre ad altre restrizioni.
Il Regno Unito è sceso al 22° posto della classifica: la sua posizione più bassa di sempre. Il motivo principale è la sentenza della Corte Suprema che definisce i termini “donna”, “uomo” e ‘sesso’ rigorosamente in base al “sesso biologico”: di conseguenza, il riconoscimento legale di genere (LGR) non è più pienamente efficace.
La necessità di reagire
Secondo il direttore esecutivo di ILGA-Europe, Chaber: "La Rainbow Map 2025 offre un'istantanea cruda della posizione dell'Europa in materia di diritti umani LGBTI e mette in evidenza l'urgente necessità di difendere e far progredire questi diritti nel contesto di una grave erosione democratica. Se non vengono contrastate, queste tattiche rischiano di diffondersi ulteriormente in Europa, minando un quadro di diritti umani che ha richiesto decenni per essere costruito".