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Home » Attualità » Chi ha diritto ad avere una casa? Lo sfratto di una donna a Torino è sintomo di un problema sociale

Chi ha diritto ad avere una casa? Lo sfratto di una donna a Torino è sintomo di un problema sociale

Paola è stata messa alla porta, insieme al figlio disabile, perché faticava a pagare l’affitto. Sempre più persone oggi in Italia rischiano di restare senza un posto in cui vivere

Nicolò Guelfi
19 Dicembre 2022
Paola Pincelli è stata sfrattata di casa con il cane e il figlio disabile

Paola Pincelli è stata sfrattata di casa con il cane e il figlio disabile

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La casa è un diritto, non un lusso. Ad affermarlo è la Costituzione, all’articolo 47, ma purtroppo tale diritto è messo a rischio da condizioni socioeconomiche e a farne le spese sono le persone più fragili. È il caso di Paola Pincelli, la quale mercoledì 14 dicembre ha ricevuto la visita a sorpresa delle forze dell’ordine, le quali hanno fatto irruzione nel suo appartamento in affitto in corso Marche a Torino per accompagnare fuori lei, il figlio (minorenne e disabile) e i loro cani.

La vicenda di Paola

La storia comincia mesi fa: Paola, in difficoltà economiche e con un minore a carico, non riesce a pagare l’affitto e il proprietario le intima di lasciare l’appartamento. La signora chiede quindi aiuto ai servizi sociali, i quali però non sono in grado di fornirle una soluzione abitativa adatta alle sue esigenze. A ottobre il primo incontro con l’ufficiale giudiziario in occasione dello sfratto esecutivo, il quale decide di rimandare la procedura poiché non esistono le condizioni per poterla mettere in atto. Lo scorso 14 dicembre lo sfratto è stato infine eseguito e la signora è stata trasferita in una residenza in via Ravenna. Il problema è che tale residenza non è consona: si tratta di una Rsa, dove gli animali domestici non possono entrare e dove lo spazio per i singoli e la libertà di entrare e uscire sono limitati. Paola è da tempo disoccupata e con problemi di salute. Si sostiene tramite il reddito di cittadinanza (misura assistenzialistica che l’attuale governo ha deciso di rimuovere) e ha anche la responsabilità del figlio sedicenne con disabilità. In passato il suo caso era stato preso in carico anche dal Comune di Torino, il quale si era offerto di pagare le mensilità arretrate al proprietario dell’appartamento al fine di garantire una soluzione abitativa alla signora, ma la proposta è stata rigettata al mittente.

L’associazione Prendocasa Torino

Il caso della signora Pincelli è entrato nella cronaca grazie all’intervento dell’associazione Prendocasa Torino, che si occupa proprio di assistere le persone che subiscono lo sfratto, una problematica sociale sempre più diffusa e preoccupante. “Con l’aumento del costo della vita sempre più persone non riescono ad arrivare a fine mese e a pagare l’affitto – afferma Alessandro Fiumara dell’associazione Prendo Casa –. Dalle informazioni che abbiamo raccolto più o meno i provvedimenti di sfratto a Torino sono 1900 di cui 1200 in esecuzione. Mentre le esecuzioni richieste in Piemonte sono circa 4200. Sta diventato un’emergenza sociale, in più la scelta di applicare l’articolo 610 è totalmente a sfavore dell’affittuario che rischia di finire in mezzo a una strada prima di trovare una soluzione abitativa alternativa”.

Del caso della signora Pincelli si è interessata l’associazione Prendocasa Torino

Le ragioni del fenomeno sono molteplici: l’aumento del costo dell’affitto nei centri urbani (che in alcune città è diventato una crisi immobiliare, come a Milano), la crisi energetica che ha portato al caro bollette, l’inflazione che ha diminuito il potere d’acquisto della moneta. Tutti fattori che hanno spinto un numero crescente di persone al di sotto della soglia di povertà, al punto da spingere la Regione Piemonte a erogare un fondo da 12 milioni di euro.
C’è un’ulteriore problematica: l’applicazione dell’articolo 610 del Codice di procedura civile, che consente al proprietario di casa di eliminare le condizioni materiali che impediscano l’esecuzione della sua richiesta di sfratto. In altre parole, lo si esegue a prescindere dallo stato in cui si trovi l’inquilino. Una pratica prevista dai codici ma caduta in disuso data la sua brutalità.

La signora Paola si trova ora, insieme a due figli, in una Rsa, struttura poi riconvertita anche in centro di prima accoglienza. Non le è possibile portare dentro i cani e anche per lei gli ingressi e le uscite sono limitati. Gli animali domestici sono considerati un lusso ma in realtà la loro presenza può avere effetti molto positivi, specie per una persona con disabilità, come mostrano pratiche quali la pet therapy. La signora avrebbe diritto per reddito alle case popolari (in gran parte sfitte), ma la prossima occasione per fare domanda sarà a febbraio. Interessarsi della sorte di queste persone non è difendere la morosità e l’abusivismo, è fare una scelta di civiltà.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
La casa è un diritto, non un lusso. Ad affermarlo è la Costituzione, all’articolo 47, ma purtroppo tale diritto è messo a rischio da condizioni socioeconomiche e a farne le spese sono le persone più fragili. È il caso di Paola Pincelli, la quale mercoledì 14 dicembre ha ricevuto la visita a sorpresa delle forze dell’ordine, le quali hanno fatto irruzione nel suo appartamento in affitto in corso Marche a Torino per accompagnare fuori lei, il figlio (minorenne e disabile) e i loro cani.

La vicenda di Paola

La storia comincia mesi fa: Paola, in difficoltà economiche e con un minore a carico, non riesce a pagare l’affitto e il proprietario le intima di lasciare l’appartamento. La signora chiede quindi aiuto ai servizi sociali, i quali però non sono in grado di fornirle una soluzione abitativa adatta alle sue esigenze. A ottobre il primo incontro con l’ufficiale giudiziario in occasione dello sfratto esecutivo, il quale decide di rimandare la procedura poiché non esistono le condizioni per poterla mettere in atto. Lo scorso 14 dicembre lo sfratto è stato infine eseguito e la signora è stata trasferita in una residenza in via Ravenna. Il problema è che tale residenza non è consona: si tratta di una Rsa, dove gli animali domestici non possono entrare e dove lo spazio per i singoli e la libertà di entrare e uscire sono limitati. Paola è da tempo disoccupata e con problemi di salute. Si sostiene tramite il reddito di cittadinanza (misura assistenzialistica che l’attuale governo ha deciso di rimuovere) e ha anche la responsabilità del figlio sedicenne con disabilità. In passato il suo caso era stato preso in carico anche dal Comune di Torino, il quale si era offerto di pagare le mensilità arretrate al proprietario dell’appartamento al fine di garantire una soluzione abitativa alla signora, ma la proposta è stata rigettata al mittente.

L'associazione Prendocasa Torino

Il caso della signora Pincelli è entrato nella cronaca grazie all’intervento dell’associazione Prendocasa Torino, che si occupa proprio di assistere le persone che subiscono lo sfratto, una problematica sociale sempre più diffusa e preoccupante. "Con l’aumento del costo della vita sempre più persone non riescono ad arrivare a fine mese e a pagare l’affitto – afferma Alessandro Fiumara dell’associazione Prendo Casa –. Dalle informazioni che abbiamo raccolto più o meno i provvedimenti di sfratto a Torino sono 1900 di cui 1200 in esecuzione. Mentre le esecuzioni richieste in Piemonte sono circa 4200. Sta diventato un’emergenza sociale, in più la scelta di applicare l’articolo 610 è totalmente a sfavore dell’affittuario che rischia di finire in mezzo a una strada prima di trovare una soluzione abitativa alternativa”.
Del caso della signora Pincelli si è interessata l'associazione Prendocasa Torino
Le ragioni del fenomeno sono molteplici: l’aumento del costo dell’affitto nei centri urbani (che in alcune città è diventato una crisi immobiliare, come a Milano), la crisi energetica che ha portato al caro bollette, l’inflazione che ha diminuito il potere d’acquisto della moneta. Tutti fattori che hanno spinto un numero crescente di persone al di sotto della soglia di povertà, al punto da spingere la Regione Piemonte a erogare un fondo da 12 milioni di euro. C’è un’ulteriore problematica: l’applicazione dell’articolo 610 del Codice di procedura civile, che consente al proprietario di casa di eliminare le condizioni materiali che impediscano l’esecuzione della sua richiesta di sfratto. In altre parole, lo si esegue a prescindere dallo stato in cui si trovi l’inquilino. Una pratica prevista dai codici ma caduta in disuso data la sua brutalità. La signora Paola si trova ora, insieme a due figli, in una Rsa, struttura poi riconvertita anche in centro di prima accoglienza. Non le è possibile portare dentro i cani e anche per lei gli ingressi e le uscite sono limitati. Gli animali domestici sono considerati un lusso ma in realtà la loro presenza può avere effetti molto positivi, specie per una persona con disabilità, come mostrano pratiche quali la pet therapy. La signora avrebbe diritto per reddito alle case popolari (in gran parte sfitte), ma la prossima occasione per fare domanda sarà a febbraio. Interessarsi della sorte di queste persone non è difendere la morosità e l’abusivismo, è fare una scelta di civiltà.
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