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Home » Attualità » Ascensori fuori servizio all’aeroporto di Fiumicino, disagi per i disabili: “Costretta a fare le scale a piedi”

Ascensori fuori servizio all’aeroporto di Fiumicino, disagi per i disabili: “Costretta a fare le scale a piedi”

La denuncia di Antonella Celano: "Ho segnalato il guasto, dopo 45 minuti nessun intervento. Ho e devo avere pari opportunità rispetto a tutte le altre persone”

Barbara Berti
6 Febbraio 2023
Antonella Celano (Facebook)

Antonella Celano (Facebook)

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Costretta a dover fare due rampe di scale a piedi per poter raggiungere l’area lounge dell’aeroporto internazionale di Roma Fiumicino, a causa di due ascensori fuori servizio. È questa la denuncia che arriva da Antonella Celano, presidente Apmarr (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) affetta dall’età di 4 anni da una patologia reumatologica che la costringe, nei suoi spostamenti, a muoversi in sedia a rotelle.

“Dopo aver spedito i bagagli per il volo di ritorno Roma-Brindisi ho chiesto che l’assistenza WCHS, riservata ai passeggeri che non possono percorrere lunghe distanze e non possono salire e scendere le scale di un aereo, fosse disponibile dall’area lounge che si trova nell’ex area D dello scalo di Roma Fiumicino” racconta Celano. E poi entra nei dettagli: “L’area lounge è raggiungibile attraverso tre possibili opzioni: scale, scale mobili e in ascensore. Quest’ultima opzione purtroppo mi è stata preclusa a causa del fatto che entrambi gli ascensori attivi nella zona erano fuori servizio, senza peraltro alcun cartello che avvertisse del disservizio”. La donna, quindi, è stata costretta “a dover fare le scale in salita a piedi, con mia sorella accanto. Poi mia sorella, con l’aiuto di una dipendente, ha portato su la sedia a rotelle con la scala mobile”. Raggiunta finalmente e a fatica la sala lounge, Celano ha segnalato subito agli addetti il mancato funzionamento. “Ma, dopo circa 45 minuti di permanenza, il guasto purtroppo non era stato ancora risolto” prosegue la presidente, spiegando che “sono stata quindi costretta a dover rinunciare a poter usufruire di un servizio del quale avrebbero potuto aver bisogno non solo persone con disabilità come me ma anche donne incinta e/o tutte quelle persone che per qualsiasi motivo hanno la necessità di usufruire dell’ascensore per muoversi”.

Antonella Celano (Facebook)
Antonella Celano (Facebook)

Il disservizio degli ascensori e la conseguente scala a piedi sono situazioni che limitano non poco le persone con disabilità. “E’ stato davvero mortificante per me vivere questa situazione ed è impensabile che un aeroporto internazionale nel quale transitano migliaia di passeggeri al giorno abbia delle carenze così gravi sul fronte della manutenzione” commenta ancora Celano ricordando che “vivere una condizione di disabilità, infatti, non deve in alcun modo togliere e precludere alcuna possibilità: io ho e devo avere pari opportunità rispetto a tutte le altre persone”.

 

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Costretta a dover fare due rampe di scale a piedi per poter raggiungere l’area lounge dell’aeroporto internazionale di Roma Fiumicino, a causa di due ascensori fuori servizio. È questa la denuncia che arriva da Antonella Celano, presidente Apmarr (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) affetta dall’età di 4 anni da una patologia reumatologica che la costringe, nei suoi spostamenti, a muoversi in sedia a rotelle. “Dopo aver spedito i bagagli per il volo di ritorno Roma-Brindisi ho chiesto che l’assistenza WCHS, riservata ai passeggeri che non possono percorrere lunghe distanze e non possono salire e scendere le scale di un aereo, fosse disponibile dall’area lounge che si trova nell’ex area D dello scalo di Roma Fiumicino” racconta Celano. E poi entra nei dettagli: “L’area lounge è raggiungibile attraverso tre possibili opzioni: scale, scale mobili e in ascensore. Quest’ultima opzione purtroppo mi è stata preclusa a causa del fatto che entrambi gli ascensori attivi nella zona erano fuori servizio, senza peraltro alcun cartello che avvertisse del disservizio”. La donna, quindi, è stata costretta “a dover fare le scale in salita a piedi, con mia sorella accanto. Poi mia sorella, con l’aiuto di una dipendente, ha portato su la sedia a rotelle con la scala mobile”. Raggiunta finalmente e a fatica la sala lounge, Celano ha segnalato subito agli addetti il mancato funzionamento. “Ma, dopo circa 45 minuti di permanenza, il guasto purtroppo non era stato ancora risolto” prosegue la presidente, spiegando che “sono stata quindi costretta a dover rinunciare a poter usufruire di un servizio del quale avrebbero potuto aver bisogno non solo persone con disabilità come me ma anche donne incinta e/o tutte quelle persone che per qualsiasi motivo hanno la necessità di usufruire dell’ascensore per muoversi”.
Antonella Celano (Facebook)
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