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Porto d'armi nel mirino: “In Italia è ancora impossibile monitorare i detentori legali di pistole e fucili”

Gabriella Neri, presidente di 'Ognivolta', ha perso il marito per un colpo esploso da un ex collaboratore con disturbi psichici che si è poi suicidato: "DisarmArte, per non dimenticare"

di CATERINA CECCUTI -
12 novembre 2022
L'associazione "Ognivolta" sensibilizza sull'uso e la detenzione delle armi

L'associazione "Ognivolta" sensibilizza sull'uso e la detenzione delle armi

Il 23 luglio del 2010 Luca Ceragioli e Jan Frederik Hilmer, rispettivamente direttore e responsabile amministrativo dell’azienda Gifas Electric di Massarosa (in Toscana), vengono barbaramente uccisi a colpi di arma da fuoco. Non si è trattato di un omicidio perpetrato dalla criminalità organizzata, né di una rapina a mano armata. L'assassino è un ex collaboratore esterno dell’azienda, Paolo Iacconi, che si è palesato nel corso di una riunione di lavoro. “Iacconi era stato rappresentante dell’azienda in Trentino Alto Adige - commenta Gabriella Neri, moglie del direttore Ceragioli -, ma il rapporto di collaborazione era stato interrotto un anno prima a seguito dei suoi problemi di salute e di depressione. Stiamo parlando di una persona con gravi disturbi psichici, che aveva addirittura tentato il suicidio e che era stato oggetto di intervento da parte delle autorità, per trattamenti sanitari obbligatori (Tso). Eppure, Iacconi continuava a detenere un regolare porto d’armi per uso sportivo. E proprio con una di queste pistole ha sparato a mio marito e al suo collega, suicidandosi infine all’interno dell’azienda”.
L'Associazione toscana Ognivolta promuoe varie iniziative per sensibilizzare sul tema della detenzione delle armi

L'Associazione toscana Ognivolta promuoe varie iniziative per sensibilizzare sul tema della detenzione delle armi

Pur devastate dal dolore, Gabriella e le sue figlie poco più che adolescenti capiscono subito che la responsabilità della tragedia non è da attribuirsi esclusivamente ad un individuo malato di mente, ma all'intero sistema di controllo sui legali detentori di armi e alle normative che regolamentano le licenze. Con un atto di eroica resilienza, i parenti delle vittime - insieme a numerosi amici che fin da subito gli si sono stretti attorno - fondano “Ognivolta - Familiari e amici di Luca e Jan” (www.ognivoltaonlus.it), ad appena due anni dall'accaduto, con il triplice scopo di “stimolare le rappresentanze politiche e il Parlamento affinché la normativa preveda norme più stingenti all’atto del rilascio di porto d’armi e controlli più frequenti ed efficaci all’atto del rinnovo; prevenire atti illeciti e delittuosi da parte di persone malate o mentalmente disturbate; promuovere e collaborare con iniziative a livello scolastico, educativo e formativo per diffondere la cultura della prevenzione, dell’attenzione ai segnali della depressione e della violenza, con particolare attenzione alle problematiche connesse alla detenzione di armi da fuoco”. In ultimo, ma non ultimo, il sostegno alle vittime e ai familiari di quanti hanno subito abusi o sono stati uccisi da armi da fuoco legalmente detenute. Anche promuovendo iniziative culturali e di sensibilizzazione come sarà, per esempio, il Festival “DisarmArte”, in programma sabato 3 dicembre dalle 16 alle 20, al Gran Teatro del Festival Pucciniano di Torre del Lago, vicino alla bella Viareggio.
Giorgio Beretta (a sinistra) insieme alla presidente di "Ognivolta" Gabriella Neri

Giorgio Beretta (a sinistra) insieme alla presidente di "Ognivolta" Gabriella Neri

Signora Neri, quali sono a suo parere le principali falle nella regolamentazione del porto d'armi in Italia? “Le dinamiche che hanno condotto alla morte di mio marito Luca e del suo collega Jan, hanno portato in luce il fatto che una persona con evidenti problemi psichici possa detenere un regolare porto d'armi, nonostante precedentemente avesse tentato di compiere atti estremi come il suicidio e fosse stato ricoverato in maniera coatta con un Tso. La missione della nostra associazione in tutti questi anni è stata quella di cercare il dialogo con chi ha il potere di fare le leggi, di cambiarle, ma soprattutto di farle rispettare. Sono stati numerosi i tavoli di lavoro portati avanti con legislatori e politici di riferimento. Insieme alla Senatrice Marilena Adamo, che per prima ha sposato la causa e, in seguito, anche grazie al contributo di altri senatori, abbiamo presentato un disegno di legge il cui punto fondamentale è quello di uno scambio di informazioni efficace e tempestivo tra Istituzioni sanitarie e Questure, poiché le Istituzioni sanitarie conoscono la condizione dei pazienti con disturbi mentali e le Questure sono responsabili del rilascio del porto d'armi. Le nostre istanze non hanno ancora trovato applicazione, principalmente a causa delle vicissitudini politiche del nostro Paese, tra cadute di Governo e susseguirsi di legislazioni. Qualcosa però negli ultimi due anni si è smosso: un emendamento ottenuto nel 2021 grazie al deputato Umberto Buratti, già sindaco di Forte dei Marmi, prevede che, in caso di Tso, il sindaco che firma il ricovero coatto deve comunicare alla Questura il nome della persona, per verificare se questa sia detentrice o meno di un porto d'armi. Ciò permetterà di poterlo eventualmente bloccare in maniera tempestiva. Purtroppo questo emendamento non copre tutti i casi di malattia psichiatrica, per esempio non contempla i casi di normale ricovero in strutture sanitarie causati da disturbi mentali, né prende in considerazione le persone che fanno regolarmente uso di psicofarmaci. Ma è comunque un buon inizio. Altro traguardo che abbiamo raggiunto in questi anni è stato l'Ordine del giorno presentato a suo tempo dall'ex senatore Gianluca Ferrara (sempre nel 2021) che ha ottenuto l'impegno del Governo ad attuare la normativa del 2010”.
Giorgio Beretta, ricercatore e analista di Opal

Giorgio Beretta, ricercatore e analista di Opal

Di quale normativa si tratta? “Del recepimento della direttiva della Comunità Europea del 2017 per l'istituzione di una banca dati digitalizzata in cui verranno registrati i possessori di porto d'armi in Italia. Benché prevista, non sono mai stati emessi decreti attuativi che l'abbiano fatta entrare in vigore. Se esistesse una banca dati simile, invece, lo scambio di informazioni tra Istituzioni sanitarie e Questure che andiamo richiedendo da anni, risulterebbe finalmente agevolato. Ovviamente, in Italia il percorso è molto ostacolato dalla questione della privacy. Per poterla risolvere stiamo lavorando ad appositi tavoli di discussione presso il Ministero della Salute, a cui partecipa anche il Garante sulla privacy, al fine di mettere in pratica ciò che è previsto dall'Ordine del giorno. Nel corso degli anni, come Onlus abbiamo fatto un lavoro importante, siamo stati anche più volte ascoltati in Senato e a tutti gli effetti rappresentiamo l'unica realtà italiana che si occupa dell'argomento anche a livello normativo”.
La preparazione di un'iniziativa dell'associazione toscana "Ognivolta"

La preparazione di un'iniziativa dell'associazione toscana "Ognivolta"

Ma il vostro impegno non si ferma qui. Avete anche una forte vocazione nel sensibilizzare il pubblico... “Esatto, la nostra seconda mission è sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema del possesso delle armi dal punto di vista sociale ed etico, attraverso incontri, convegni, e borse di studio per le scuole. Purtroppo, nel nostro Paese esiste una cultura positiva legata al possesso delle armi, che devono poter essere usate per legittima difesa. La politica ha alimentato un clima di paura negli italiani, invece, nei nostri incontri, dati alla mano noi spieghiamo che certi timori sono eccessivi e che ben maggiori possono essere i rischi ad armare con troppa leggerezza le persone. Cerchiamo di infondere una cultura diversa, soprattutto nei giovani, una cultura che contrasti la giustizia privata derivante dalla paura di essere aggrediti nelle proprie case. Per farle un esempio, recenti dati presentati da Opal (Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa) registrano una diminuzione degli omicidi per furti e rapine, mentre è in aumentano l'omicidio in ambito familiare e affettivo, dovuto anche al fatto che nelle case ci sono armi legalmente detenute. Perché, come ripetiamo spesso, quando in casa c'è un'arma prima o poi viene usata. Non sempre, infatti, un'arma è sinonimo di sicurezza; a volte viene usata per uccidere il coniuge o per difendersi in maniera impropria, col rischio che anche un minore vi abbia accesso e che la possa usare. Un'arma in casa non è indice di sicurezza ma di pericolo, e nella normativa in vigore nel nostro Paese esiste anche una falla che riguarda proprio l'aspetto della comunicazione ai familiari del possesso di un'arma, che è prevista ma che, di fatto, non viene verificata”. Qualche dettaglio in più sull'evento “Disarmarte” del prossimo 3 dicembre a Torre del Lago? “Da dieci anni la nostra associazione organizza questa giornata di sensibilizzazione sul tema del controllo della diffusione delle armi da fuoco, con una duplice connotazione: offrire al pubblico un momento di riflessione e confronto tra vari relatori, e uno spazio per il linguaggio artistico. All'interno della giornata assisteremo al monologo del cabarettista Graziano Salvadori e ascolteremo la musica della giovane band '43.9'. Dopo di che sarà possibile partecipare al dibattito con gli esperti. Insomma, ci saranno momenti seri alternati ad altri di divertimento. Come diciamo sempre in associazione, 'Ognivolta vuol dire far tesoro di ciò che non è andato come doveva andare, ma che è comunque uno stimolo per andare avanti e coltivare di nuovo il nostro futuro'. È quanto è successo anche a me e alla mia famiglia a livello personale: di certo non rappresenta nulla nell'economia del mondo intero, perché il dolore è stato tutto nostro, mio, delle mie figlie e degli amici di Luca. Ma il fatto che abbiamo voluto rendere pubblico l'accaduto non ha niente a che fare con la spettacolarizzazione, piuttosto intendevamo fare luce su una causa di interesse collettivo, e portare le persone ad indirizzare le proprie scelte nel quotidiano in maniera consapevole, verso una società in cui ci si possa confrontare in maniera pacifica, senza l'uso di un'arma”.
DisarmArte22: il 3 dicembre dalle 16 in poi, al Gran Teatro Puccini di Torre del Lago (Viareggio)

DisarmArte22: il 3 dicembre dalle 16 in poi, al Gran Teatro Puccini di Torre del Lago (Viareggio)

  Per avere un quadro più chiaro e dettagliato sulla situazione del porto d'armi collegato agli omicidi nel nostro Paese, abbiamo ascoltato anche la testimonianza di Giorgio Beretta, ricercatore e analista di Opal, che recentemente ha pubblicato il libro “Il paese delle armi. Falsi miti, zone grigie e lobby nell'Italia armata” (Altreconomie Edizioni). Dottor Beretta, ci racconta qualcosa di più sul collegamento che esiste tra il possesso legale di armi da fuoco e gli omicidi in Italia? “I dati Istat dimostrano che in Italia la possibilità di essere uccisi durante una rapina nella propria abitazione è inferiore a quella di morire a causa della scarica di un fulmine. Con ciò non intendo minimizzare il problema dei furti e delle aggressioni in casa da parte di estranei, che resta gravissimo: ma questo genere di omicidi non supera i due o tre casi l'anno e non giustifica l'allarme sociale che viene spesso sollevato. I dati Istat evidenziano inoltre che, già dagli anni '90, il numero di omicidi volontari è in forte calo in Italia. Ciò che purtroppo persiste sostanzialmente invariato è invece la percentuale di omicidi che hanno come vittima una donna. Se infatti sono in forte calo quelli che riguardano la criminalità organizzata e la criminalità comune, dal 2000 ad oggi permangono pressoché costanti gli omicidi di tipo familiare, affettivo e relazionale di cui la gran parte delle vittime sono proprio le donne. In altre parole, oggi l'ambito di maggiore pericolosità per le donne non è quello pubblico, ma quello della sfera privata, delle relazioni familiari, parentali e interpersonali. I dati di un'ampia indagine presentati dall'Istituto di ricerca Eures dimostrano inoltre che il principale strumento utilizzato negli omicidi nella sfera familiare sono le armi da fuoco, detenute sia legalmente che illegalmente. Tra il 2000 e il 2018 sono stati 1.139 gli omicidi in famiglia perpetrati con un’arma da fuoco (il 32,2% del totale), mentre risultano invece 1.118 gli omicidi familiari commessi con armi da taglio (il 31,6%), 550 quelli con armi improprie o percosse (il 15,5%) e 426 i casi di strangolamento e soffocamento (il 12%).
L'ultimo libro di Giorgio Beretta, ricercatore e analista di Opal

L'ultimo libro di Giorgio Beretta, ricercatore e analista di Opal

Un'altra ricerca rilevante è il “Rapporto del Senato sul femminicidio” pubblicato lo scorso novembre sulla base delle analisi di indagini e sentenze negli anni 2017 e 2018. Dal rapporto emerge che in Italia, nei due anni in esame, l’arma da fuoco è, dopo l’accoltellamento (32%), la seconda modalità per commettere un femminicidio: si tratta di 49 casi su un totale di 195, pari ad un femminicidio su quattro (il 25%). Non solo – ed è questo il punto rilevante-: il rapporto documenta che in 31 casi su 192 (pari al 16,1%) i femminicidi sono stati commessi da persone che erano in possesso di regolare porto d’armi. Se si considera che, al massimo, i legali detentori di armi rappresentano solo l'8% della popolazione adulta italiana, ciò significa che la percentuale dei femminicidi commessi con armi da fuoco regolarmente detenute è praticamente il doppio rispetto a coloro che le posseggono. Infine, dai dati riportati nel database dell'Osservatorio OPAL, che sono pubblici e consultabili sul sito, emerge che nel triennio dal 2017 al 2019 – cioè nel periodo prima del lockdown a causa dell'emergenza da Covid – sono stati almeno 131 gli omicidi perpetrati con armi regolarmente detenute a fronte di 91 omicidi di tipo mafioso e di 37 omicidi per furto o rapina. In altre parole, oggi in Italia è più facile essere uccisi da un legale detentore di armi che dalla mafia o dai rapinatori”.