Disturbi alimentari e falsi miti: può succedere anche a 50 anni, anche agli uomini. “Uscirne da soli? Impossibile”

In Italia sarebbero circa tre milioni le persone che soffrono di DCA. Giorgia Bellini, fondatrice di Corabea, prima piattaforma online in Italia specializzata nella cura dei DCA attraverso un approccio integrato: “Non è soltanto un problema di cibo”

di EDOARDO MARTINI
26 aprile 2025
Disturbi alimentari, in Italia si stima che ne soffrano 3 milioni di persone

Disturbi alimentari, in Italia si stima che ne soffrano 3 milioni di persone

“Mangia di più, sforzati che così migliori“, “Sei uno scheletro che cammina, sei piatta“, “Ma quanto mangi?“. Queste sono solo alcune delle tante frasi che possono pesare come macigni soprattutto per chi soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Non solo anoressia e bulimia ma anche vigoressia e ortoressia. Disturbi con un'incidenza sempre maggiore e che non risparmiano nessuno. Ma il disturbo alimentare non è un capriccio. È una malattia per la quale attraverso il corpo si esprime la sofferenza che si prova dentro. Un buco nero nel quale si viene inghiottiti senza riuscire a trovare via d'uscita. 

Ma esiste un modo per scappare da questo tunnel? “Per fortuna" i Disturbi del Comportamento Alimentare sono patologie complesse ma curabili. La prevenzione passa attraverso l'educazione alimentare, la promozione del benessere psicologico e un attento monitoraggio dei segnali precoci. Investire in una cultura della salute mentale è essenziale per affrontare quella che è, a tutti gli effetti, una delle emergenze sanitarie e sociali più rilevanti del nostro tempo.

Ed è proprio quello che fa Corabea, la prima piattaforma online in Italia specializzata nella cura dei DCA attraverso un approccio integrato che, sabato 3 maggio a partire dalle 15 al Barton Park di Perugia, organizzerà “RIFLESSI“, un evento pubblico per accendere i riflettori su questo tema ancora troppo invisibile. 

Per fare chiarezza su questi disturbi, su quanto il contesto familiare e sociale influisce su di essi, su come sono cambiati con i social media e se è vero questa malattia colpisce maggiormente le donne abbiamo intervistato Giorgia Bellini, fondatrice di Corabea e autrice del libro “Nata due volte", che da anni si impegna per costruire un'alternativa concreta e accessibile per chi lotta con il proprio rapporto col cibo. 

Giorgia Bellini
Giorgia Bellini, fondatrice di Corabea

I principali tipi di DCA

Quali sono i principali tipi di disturbi del comportamento alimentare?

“I grandi classici sono anoressia, bulimia e binge eating che negli ultimi anni è aumentato moltissimo. Oltre a questi tre che sono i più conosciuti ce ne sono tantissimi altri come la vigoressia, l'arfid o l'ortoressia. Quello che stiamo vedendo ultimamente è che ci sono tantissime persone che ne soffrono e altre che non rientrano nei rigidi criteri diagnostici ma che comunque hanno un rapporto conflittuale con il cibo e con il corpo. Sicuramente la società di oggi influisce a causa dei canoni di bellezza e dei social. Ci sono tantissime cose che fanno aumentare i casi di disturbi alimentari. Oltre a questo, c'è sicuramente l'aspetto emotivo e psicologico. È bene ricordare che un disturbo alimentare prima di un problema con il cibo e con il corpo è un problema mentale”.  

Quali segnali possono indicare l'inizio di un DCA?

“Ci sono segnali prima di tutto alimentari, quando una persona inizia a cambiare le proprie abitudini. Mangia di meno, comincia con la classica dieta fai da te. C'è chi magari inizia a eliminare gruppi di alimenti come i carboidrati o i dolci perché considerati cibi fobici. Si iniziano a inventare scuse per non mangiare insieme agli altri. C'è chi si abbuffa, chi restringe, in base alla tipologia del disturbo. Quindi prima di tutto ci sono cambiamenti a livello alimentare. E poi i primi segnali cominciano ad arrivare a livello psicologico, emotivo e relazionale. La persona inizia ad isolarsi, ci sono degli sbalzi d'umore. C’è più apatia, tristezza, isolamento sociale. Vengono perse le relazioni. Il disturbo alimentare va piano piano a distruggere la vita della persona, a condizionare tanti aspetti come per esempio la relazione di coppia”. 

Quanto conta il contesto familiare e sociale nello sviluppo di un DCA?

“Quello che diciamo sempre è che per molti anni la famiglia è stata un po' colpevolizzata. Ci sono tanti casi che sicuramente hanno delle radici a livello familiare. Però come sappiamo più di colpevoli è importante parlare di responsabilità perché se rimaniamo in una condizione di colpa rimaniamo nella passività. Invece bisogna lavorare tutti insieme compresi i familiari perché quest'ultimi possono diventare una risorsa fondamentale nel capire che cosa ci sta segnalando quel disturbo alimentare. Cosa è mancato, cosa non ha funzionato, come ricostruire il rapporto tra genitori e figli perché molto spesso manca il dialogo“. 

Come influiscono l'autostima e l'immagine corporea nello sviluppo del disturbo?

“Influiscono perché chi ha un disturbo alimentare molto spesso è una persona insicura. Non gli piace il proprio corpo, non si trova bene con se stessa e c'è una forte tendenza al perfezionismo. Non solo nella ricerca di un corpo perfetto, ma molto spesso un perfezionismo anche in altri ambiti della vita. Ad esempio la classica ragazza che è bravissima a scuola, che vuole sempre raggiungere il massimo dei voti, che vuole essere una brava figlia. Però poi dietro a questa rincorsa alla perfezione, che è impossibile da raggiungere, si nasconde un grande bisogno di sentirsi amati, apprezzati. Un grande bisogno d'amore”.

Social media e falsi miti 

I social media che impatto hanno sui DCA, secondo la sua esperienza?

“I disturbi alimentari vanno a innescare ancora di più certi meccanismi quando c'è già un terreno fragile. Vedere persone sui social sempre perfette che condividono soltanto momenti di gioia ti porta alla domanda perché io non posso essere come lei. E questo crea nuove insicurezze. Ma anche dal punto di visto alimentare con i trend What I Eat in a Day (Cosa mangi in un giorno). Ma anche personal che fanno dei corsi dove ti dicono che in poco tempo perderai tantissimi chili. E le persone ci credono e cascano in questi meccanismi. I social possono essere dannosi ma al tempo stesso ci sono anche profili, come Corabea o il mio, che vanno a sensibilizzare attraverso una sana informazione. Sta sempre alla persone capire e riconoscere quale è buono e quale è cattivo”. 

Quali sono i falsi miti più comuni da sfatare? 

“Sicuramente il pensare che quando si ha un disturbo alimentare si è magri. In realtà, nella maggior parte dei casi, chi ne soffre è normopeso. A volte le persone che stanno intorno si accorgono del problema soltanto quando la persona perde del peso. Un altro è quello di pensare che soltanto le donne ne soffrono. E lo stesso discorso vale per gli adolescenti. In realtà ci sono tantissime donne e uomini sopra i 40/50 anni di età che ne soffrono. Ma anche il pensare che sia soltanto un problema con il cibo, quando prima di tutto è una patologia mentale”. 

È vero che questi tipi di disturbi si presentano soprattutto nelle donne? Perché? 

“Sicuramente sì verificano più nelle donne a causa della pesantezza imposta dalla società, quest'ultime devono rispettare certi canoni. Ma ci sono anche dei tratti caratteriali, c'è più sensibilità. Nell'uomo c’è quel concetto di macho che deve essere sempre forte e non deve mostrare le debolezze. In realtà poi vediamo che anche i maschi ne soffrono“.

Quante persone in Italia soffrono di DCA?

“C'è sempre quel numero che viene riportato dall'Istituto Superiore della Sanità che è di circa 3 milioni. Però non sappiamo quanto realmente sia valido questo numero perché ci sono tantissime persone che ne soffrono, ma non lo dicono per vergogna. È un po’ una stima“. 

Come fare prevenzione efficace 

Come si può fare prevenzione efficace, soprattutto tra i giovani?

“Noi di Corabea lavoriamo tantissimo con i social attraverso una sana comunicazione. Ogni giorno facciamo sensibilizzazione con i nostri esperti, pubblichiamo post, parliamo di storie di persone che ce l'hanno fatta, andiamo nelle scuole. Abbiamo anche realizzato un podcast che è il primo in Italia sui disturbi alimentari. Il primo lavoro che facciamo è quindi quello di comunicare e sensibilizzare più persone possibili sull'argomento per permettere a quest'ultime di riconoscersi in un problema e avere il coraggio di chiedere aiuto“.

Ha scritto il libro “Nata due volte” dove ripercorre l'esperienza di come ha affrontato il proprio disturbo alimentare. Che consiglio darebbe alle persone che decidono di non affrontare la malattia per paura di deludere chi gli sta vicino?

“Gli direi di essere sinceri con se stessi perché tanto da un disturbo alimentare è impossibile uscirne da soli. E che quindi bisogna trovare il coraggio di dirlo all'altro. In questo caso possono essere prima i familiari e poi gli esperti specializzati. Bisogna credere che esista una vita migliore anche per noi. Perché come abbiamo detto in precedenza con un disturbo alimentare non si conduce una vita così tanto bella”.