Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Attualità » “È arrivata lì solamente perché è passata da quel letto: anche questa è discriminazione”

“È arrivata lì solamente perché è passata da quel letto: anche questa è discriminazione”

Attrice, modella, una laurea con il massimo dei voti, Martina Pinzani racconta: "Il Metoo? Un movimento essenziale: mi sono trovata di fronte a richieste di registi e produttori che mi hanno portato a pensare ‘magari ho sbagliato io’"

Giovanni Bogani
19 Dicembre 2021
Share on FacebookShare on Twitter

Martina Pinzani è fra le protagoniste del film di Domenico Costanzo Play Boy, presentato pochi giorni fa al Teatro della Compagnia di Firenze. Dopo gli studi al Liceo linguistico, si è laureata in Scienze della nutrizione. Ma parallelamente ha lavorato come modella, ha preso parte in un breve ruolo al film di Paolo Sorrentino Loro, e nel film di Domenico Costanzo interpreta una ragazza che accudisce cavalli, e che rappresenta l’ultima passione del playboy del titolo. Occhi azzurri, capelli biondi, fisico elegante e longilineo, Martina ha le idee chiare sul ruolo della donna nella società odierna.

 

Gli ultimi anni hanno visto affermarsi il movimento #MeToo, in difesa dei diritti delle donne. Quale è la sua posizione, al riguardo?
“Il Metoo penso sia un movimento essenziale, necessario. Condanna le molestie sessuali e le violenze sulle donne: e c’è ancora bisogno di ricorrere a questi movimenti di piena solidarietà femminile, perché ancora viviamo in una società in cui assistiamo quotidianamente, costantemente ad atti di violenza perpetrati dal genere maschile su quello femminile. Non parlo solo di violenze sessuali: ci sono anche le violenze psichiche, verbali, qualsiasi forma di abuso che il genere maschile può esercitare su quello femminile, per lesionare la dignità della donna o invadere la sua sfera intima, personale”.

Dal caso Weinstein in poi, c’è stato un grande incoraggiamento a denunciare molestie, abusi, comportamenti inappropriati.
“Harvey Weinstein è stato il caso più emblematico: fa rabbrividire il pensiero che un uomo possa abusare della sua posizione, del suo potere e del suo genere per esercitare molestie fisiche e verbali su una donna. Penso che assolutamente occorra motivare le donne a denunciare qualsiasi forma di molestia e di abuso. Anche un commento fuori luogo è comunque una violenza, perché significa sottoporre un individuo a una frustrazione psicologica”.

Lei, nel mondo che ha conosciuto da vicino, è stata testimone di episodi del genere?
“Sì, nel mondo in cui sono ho toccato con mano questo genere di cose. Molto spesso mi sento dire ‘sì, ma per arrivare lì che cosa ha fatto, chissà da dove è passata, per quale letto’. Anche questa è una forma di bullismo, di violenza inaudita che dovrebbe essere stata superata da molto tempo. Si parla di parità dei sessi, ma siamo molto lontani dal raggiungerla. Anche nella differenza dei salari: due persone di sesso opposto che hanno la stessa mansione, ma salari diversi. O la forte minoranza del genere femminile in molti settori lavorativi”.

Il cinema riesce a raccontare questi temi, secondo lei?
“In merito alla disparità dei sessi, penso a un film uscito da poco nelle sale, ‘La scuola cattolica’, che racconta del massacro del Circeo, la violenza esercitata da un gruppo di giovani della Roma-bene su due ragazze: una delle quali non sopravvisse alle violenze. È un film che mi ha provato tantissimo a livello emotivo, un turbinio di emozioni mi si è innescato. Ma penso che sia veramente efficace: film come questo dovrebbero essere prodotti più spesso. Il cinema dovrebbe raccontare la realtà, con autenticità, con coraggio. Sul grande schermo viene racconto un fatto di una crudeltà inaudita, devastante. Questo ti fa prendere consapevolezza che la violenza sulle donne non appartiene solamente al passato: episodi come quello raccontato dal film accadono anche nel presente. Occorre educare i giovani a costruire una società migliore”.

Temi come quello dell’inclusività sono molto dibattuti, ma forse ancora poco presenti nel vivere comune. Che ne pensa?
“Quella dell’inclusività è una tematica che mi sta molto a cuore. Viviamo in una società che ha ancora forme di discriminazione verso il genere, la religione, l’etnia, anche verso la disabilità, e questo è raccapricciante, fa venire i brividi. Dovremmo – anche attraverso il cinema – portare i giovani verso un mondo migliore, che cancelli queste forme di violenza, di discriminazione”.

Lei è stata modella, un lavoro nel quale la bellezza è parte fondamentale. Come vive il rapporto con la bellezza?
“Viviamo in una società in cui la bellezza, l’apparenza, l’aspetto fisico hanno assunto una preponderanza, un ruolo di primaria importanza. Io penso che la bellezza si possa usare a nostro favore, perché può sicuramente presentarsi come una agevolazione in ogni settore. Ma ho potuto constatare anche il rovescio della medaglia della bellezza. Mi sono trovata di fronte a frasi stereotipate come ‘è solamente bella’, ‘è tutta copertina, solo involucro’, ‘è solo copertina, dentro ha solo pagine bianche’. Sono pregiudizi e forme di discriminazione. Ho conosciuto tante colleghe che hanno conseguito titoli accademici, che hanno studiato. Ragazze bellissime che avevano un sacco di passioni, interessate alla vita, curiose, colte. Penso che la bellezza possa aprire delle strade, ma che possa anche ritorcersi contro, creare dei disagi psicologici. E penso che alla bellezza vada data la giusta importanza, perché è sempre qualcosa di effimero, che passa con il tempo, che svanisce e che deve sempre essere accompagnato dalla bellezza interiore, dall’intelligenza, dall’emotività”.

Le è accaduto di subire pressioni, considerazioni sulla sua persona che derivavano, in qualche modo, dall’aspetto fisico?
“Più volte nel mio ambito lavorativo mi sono trovata di fronte a frasi assolutamente frustranti quali ‘è arrivata lì solamente perché è bella’, o ‘solamente perché è passata da quel letto’. È un modo di pensare increscioso. E mi sono trovata di fronte a richieste irripetibili da parte di registi, produttori, persone che mi hanno creato un grosso disagio psicologico, che mi hanno portato a pensare ‘magari ho sbagliato io’, ‘magari ho avuto una atteggiamento non consono’, ‘magari me la sono cercata’. Questo è un atteggiamento che non deve in alcun modo passare. Bisogna insegnare, bisogna far passare il messaggio che non esiste donna sbagliata, non esiste giustificazione a un atto inaudito di violenza che viene fatta contro una donna. Penso che ancora il lavoro da fare sia veramente tanto, che occorra dar voce a questi temi, e incoraggiare le donne a denunciare qualsiasi forma di aggressione e di violenza”.

Potrebbe interessarti anche

La piccola di saki oggi a 5 mesi di vita sulle spalle di mamma Yuta, (Ph: Elena Livia Pennacchioni)
Attualità

Festa del papà, anche tra gli animali ci sono padri modello e non

19 Marzo 2023
Ellie Goulding (Instagram)
Spettacolo

Musica contro l’isolamento. Ellie Goulding: “Il palco il mio posto sicuro”

21 Marzo 2023
Nessun angolo della Terra è libero dall’inquinamento atmosferico (Ansa)
Scienze e culture

L’inquinamento atmosferico ricopre (quasi) tutta la Terra

23 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Martina Pinzani è fra le protagoniste del film di Domenico Costanzo Play Boy, presentato pochi giorni fa al Teatro della Compagnia di Firenze. Dopo gli studi al Liceo linguistico, si è laureata in Scienze della nutrizione. Ma parallelamente ha lavorato come modella, ha preso parte in un breve ruolo al film di Paolo Sorrentino Loro, e nel film di Domenico Costanzo interpreta una ragazza che accudisce cavalli, e che rappresenta l’ultima passione del playboy del titolo. Occhi azzurri, capelli biondi, fisico elegante e longilineo, Martina ha le idee chiare sul ruolo della donna nella società odierna.   Gli ultimi anni hanno visto affermarsi il movimento #MeToo, in difesa dei diritti delle donne. Quale è la sua posizione, al riguardo? "Il Metoo penso sia un movimento essenziale, necessario. Condanna le molestie sessuali e le violenze sulle donne: e c’è ancora bisogno di ricorrere a questi movimenti di piena solidarietà femminile, perché ancora viviamo in una società in cui assistiamo quotidianamente, costantemente ad atti di violenza perpetrati dal genere maschile su quello femminile. Non parlo solo di violenze sessuali: ci sono anche le violenze psichiche, verbali, qualsiasi forma di abuso che il genere maschile può esercitare su quello femminile, per lesionare la dignità della donna o invadere la sua sfera intima, personale". Dal caso Weinstein in poi, c’è stato un grande incoraggiamento a denunciare molestie, abusi, comportamenti inappropriati. "Harvey Weinstein è stato il caso più emblematico: fa rabbrividire il pensiero che un uomo possa abusare della sua posizione, del suo potere e del suo genere per esercitare molestie fisiche e verbali su una donna. Penso che assolutamente occorra motivare le donne a denunciare qualsiasi forma di molestia e di abuso. Anche un commento fuori luogo è comunque una violenza, perché significa sottoporre un individuo a una frustrazione psicologica". Lei, nel mondo che ha conosciuto da vicino, è stata testimone di episodi del genere? "Sì, nel mondo in cui sono ho toccato con mano questo genere di cose. Molto spesso mi sento dire ‘sì, ma per arrivare lì che cosa ha fatto, chissà da dove è passata, per quale letto’. Anche questa è una forma di bullismo, di violenza inaudita che dovrebbe essere stata superata da molto tempo. Si parla di parità dei sessi, ma siamo molto lontani dal raggiungerla. Anche nella differenza dei salari: due persone di sesso opposto che hanno la stessa mansione, ma salari diversi. O la forte minoranza del genere femminile in molti settori lavorativi". Il cinema riesce a raccontare questi temi, secondo lei? "In merito alla disparità dei sessi, penso a un film uscito da poco nelle sale, ‘La scuola cattolica’, che racconta del massacro del Circeo, la violenza esercitata da un gruppo di giovani della Roma-bene su due ragazze: una delle quali non sopravvisse alle violenze. È un film che mi ha provato tantissimo a livello emotivo, un turbinio di emozioni mi si è innescato. Ma penso che sia veramente efficace: film come questo dovrebbero essere prodotti più spesso. Il cinema dovrebbe raccontare la realtà, con autenticità, con coraggio. Sul grande schermo viene racconto un fatto di una crudeltà inaudita, devastante. Questo ti fa prendere consapevolezza che la violenza sulle donne non appartiene solamente al passato: episodi come quello raccontato dal film accadono anche nel presente. Occorre educare i giovani a costruire una società migliore". Temi come quello dell’inclusività sono molto dibattuti, ma forse ancora poco presenti nel vivere comune. Che ne pensa? "Quella dell’inclusività è una tematica che mi sta molto a cuore. Viviamo in una società che ha ancora forme di discriminazione verso il genere, la religione, l’etnia, anche verso la disabilità, e questo è raccapricciante, fa venire i brividi. Dovremmo – anche attraverso il cinema – portare i giovani verso un mondo migliore, che cancelli queste forme di violenza, di discriminazione". Lei è stata modella, un lavoro nel quale la bellezza è parte fondamentale. Come vive il rapporto con la bellezza? "Viviamo in una società in cui la bellezza, l’apparenza, l’aspetto fisico hanno assunto una preponderanza, un ruolo di primaria importanza. Io penso che la bellezza si possa usare a nostro favore, perché può sicuramente presentarsi come una agevolazione in ogni settore. Ma ho potuto constatare anche il rovescio della medaglia della bellezza. Mi sono trovata di fronte a frasi stereotipate come ‘è solamente bella’, ‘è tutta copertina, solo involucro’, ‘è solo copertina, dentro ha solo pagine bianche’. Sono pregiudizi e forme di discriminazione. Ho conosciuto tante colleghe che hanno conseguito titoli accademici, che hanno studiato. Ragazze bellissime che avevano un sacco di passioni, interessate alla vita, curiose, colte. Penso che la bellezza possa aprire delle strade, ma che possa anche ritorcersi contro, creare dei disagi psicologici. E penso che alla bellezza vada data la giusta importanza, perché è sempre qualcosa di effimero, che passa con il tempo, che svanisce e che deve sempre essere accompagnato dalla bellezza interiore, dall’intelligenza, dall’emotività". Le è accaduto di subire pressioni, considerazioni sulla sua persona che derivavano, in qualche modo, dall’aspetto fisico? "Più volte nel mio ambito lavorativo mi sono trovata di fronte a frasi assolutamente frustranti quali ‘è arrivata lì solamente perché è bella’, o ‘solamente perché è passata da quel letto’. È un modo di pensare increscioso. E mi sono trovata di fronte a richieste irripetibili da parte di registi, produttori, persone che mi hanno creato un grosso disagio psicologico, che mi hanno portato a pensare ‘magari ho sbagliato io’, ‘magari ho avuto una atteggiamento non consono’, ‘magari me la sono cercata’. Questo è un atteggiamento che non deve in alcun modo passare. Bisogna insegnare, bisogna far passare il messaggio che non esiste donna sbagliata, non esiste giustificazione a un atto inaudito di violenza che viene fatta contro una donna. Penso che ancora il lavoro da fare sia veramente tanto, che occorra dar voce a questi temi, e incoraggiare le donne a denunciare qualsiasi forma di aggressione e di violenza".
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto