
Edoardo Zedda (foto da suo profilo Instagram)
Edoardo Zedda, 19enne sardo, salirà per la prima volta su un palco per il musical “Clichè” al Teatro Repower di Milano, il 17 e 18 maggio. Un’interpretazione d’eccezione, perché il personaggio interpretato da Edoardo compirà lo stesso percorso del suo giovane interprete: quello della transizione di genere. Dal suo profilo TikTok, che raccoglie più di 130mila follower, Edoardo ha iniziato a raccontare la sua quotidianità di ragazzo trans e i cambiamenti che hanno interessato il suo corpo e la sua vita dopo aver intrapreso questo cammino. Ora ha la possibilità di farlo in un nuovo contesto, continuando a sensibilizzare e informare su questa tematica fondamentale.

“Clichè”, organizzato da Italy Bares a favore di Anlaids Lombardia ETS, vede protagonisti Katia Follesa e Angelo Pisani, accompagnati dalla verve comica di Paolo Camilli. Con loro sul palco: Gabriele Foschi, Martina Lunghi, Giulia Chiovelli e Gaia Baldi e per la prima volta in scena, oltre a Edoardo Zedda, Agata Pisani. Completa il cast la speciale partecipazione di Virna Toppi, prima ballerina del Corpo di ballo del Teatro alla Scala.
Abbiamo parlato con Edoardo Zedda per farci raccontate cosa rappresenta per lui la partecipazione a questo musical e perché non si parla ancora abbastanza di transizione di genere.

Com’è iniziata questa avventura con Cliché? Cosa ti ha spinto ad accettare questa sfida e metterti in gioco su un palco?
"È una storia piuttosto divertente: Mauro Simone, il regista di Clichè, mi seguiva su TikTok e mi conosceva tramite il mio profilo, su cui racconto parte del mio percorso di transizione, ma condivido anche video in cui canto. La produzione del musical mi ha mandato una mail, su richiesta di Simone, ma io ero convinto fosse spam, quindi l'ho cancellata, una prima, una seconda, e poi una terza volta. Finché non mi ha scritto Guglielmo Scilla su Instagram e ho capito che si trattava di una proposta reale. Non avevo mai fatto esperienza di questo tipo ma mi è sempre piaciuta moltissimo l'idea di partecipare a un musical. Ho accettato perché questo mondo mi ha sempre appassionato, ma anche perché la tematica dello spettacolo mi riguarda in prima persona. È fantastico per me poter unire la passione del canto, del ballo e della recitazione con il tema della transizione di genere. Non ci ho pensato veramente un secondo, per me rappresentava un'opportunità incredibile e l’ho colta al volo”.
Lo spettacolo nasce con l’intento di decostruire stereotipi attraverso arte e ironia. Secondo te, quanto può aiutare la comicità a rendere più accessibili temi complessi come la transizione?
"Io sono del parere che sia importante per entrare in connessione soprattutto con le persone che non sono toccate da questo tema in prima persona, non hanno nessuno in famiglia che sta affrontando o ha affrontato la transizione di genere, perché non conoscono nessuno che abbia compiuto questo percorso. L’unico modo per attirare la loro attenzione è la comicità, per fare in modo che le persone non si annoino e non si disinteressino. Invece, cominciare con l'ironia e concludere con una parte più riflessiva, che invita a farsi un esame di coscienza è la chiave per entrare nei cuori del pubblico e per riuscire a veicolare un messaggio molto importante”.
E qual è il messaggio più forte che speri di trasmettere con la tua partecipazione a questo spettacolo?
"Ce ne sono tanti, però forse quello che vorrei principalmente è far capire alle persone che essere transgender non è una scelta. Far capire che effettivamente c'è un disagio forte dietro, a cui non ci si può sottrarre. E poi vorrei anche far capire forse anche alle persone transgender cosa provano i genitori, i famigliari, chi ci sta vicino nel momento in cui si fa un coming out. Da entrambe le parti serve tanta comprensione e io vorrei far capire davvero cosa si prova sia da un lato che dall'altro”.
Quanto ti sei ritrovato nel personaggio che interpreti?
"Mi sono ritrovato tanto in questo personaggio, nelle dinamiche che vive, che corrispondo alla mia esperienza. Per questo ho trovato a volte difficile emotivamente questa interpretazione: era complicato per me distinguere la realtà dall’interpretazione. Però questo mi ha anche aiutato ad immedesimarmi moltissimo nella storia”.
Come vivi l’idea di condividere con il pubblico una parte così intima del tuo vissuto?
"A prescindere da questo musical, io ho sempre portato sui social contenuti che riguardano la mia storia, e quindi il mio percorso di transizione. Poter portare questa esperienza sopra un palco e all'interno di un musical per me era un'opportunità ulteriore per continuare a farlo e per sensibilizzare sull’argomento attraverso l’arte”.
E com'è andata la tua esperienza sui social network in questi anni?
“Ho cominciato più o meno due anni e mezzo fa a raccontarmi su TikTok, perché erano iniziate ad arrivarmi domande sull’uso del tape, sul binder (metodi che utilizzano i ragazzi e gli uomini trans per nascondere il seno). Sono dei mezzi che noi transgender utilizziamo per nascondere delle parti del corpo e mi sembrava utile parlarne. All’inizio è stato semplice perché ricevevo tanto affetto dalle persone. Ma poi, quando ho iniziato ad avere un seguito più grande, circa un anno e mezzo fa, ho cominciato a ricevere moltissimi insulti. E ho deciso di prendere una pausa di qualche mese. Adesso sto ricominciando piano piano a postare”.
Cosa ti ha fatto scegliere di riprendere a raccontarti, nonostante l’esperienza negativa?
"Ho deciso di tornare perché alla fine mi sono detto "Ho cominciato coi social perché volevo fare informazione. E se mi è arrivato questo odio è perché l'informazione ancora manca”. Non aveva senso allora smettere di parlarne. Era una contraddizione: se voglio che questo odio prima o poi smetta di esistere devo far conoscere alle persone quello che si prova facendo un percorso di questo tipo. Poi ci saranno persone che purtroppo continueranno a pensarla così, però chi vuole mettersi in dubbio potrebbe effettivamente cambiare mentalità incontrando contenuti di questo tipo”.
Perché pensi sia importante che nel teatro, nei musical – ma anche nel cinema e nella televisione – aumenti la rappresentazione delle persone trans?
“Nel mondo del teatro, in Italia, praticamente non se ne parla. È importante che le persone trans vengano rappresentate perché - come dicevo prima - sul tema della transizione c'è tantissima ignoranza. E non parlo solo di transfobia. Il fatto è che c'è poca informazione e le persone non sanno, non conoscono. Parlare della transizione anche tramite cinema, spettacolo può aiutare anche a far conoscere questo mondo e a contrastare la tanta disinformazione diffusa”.
Nel tuo percorso, ci sono stati modelli che ti hanno ispirato e aiutato a capire e formare la tua identità?
"Io ho scoperto il mondo transgender tramite Leonardo Elyah Santuari. Il suo racconto mi ha effettivamente fatto capire tante cose. Seguo molto anche Francesco Cicconetti (@mehths su Instagram) e Jessica Giorgia Senesi. Due digital creator trans che apprezzo tanto per quello che fanno sui social, perché riescono ad unire il racconto della propria transizione con contenuti ironici e divertenti e a parlarne senza cadere nella vittimizzazione”.
Hai un consiglio da dare alle giovani persone trans, che stanno scoprendo o hanno scoperto da poco la propria identità di genere?
"Credo che spesso le persone transgender si limitino a causa della famiglia. Il messaggio che vorrei che arrivasse è che la propria identità non è qualcosa che si può sopprimere. E che la vita è nostra e non dei nostri genitori. Non dobbiamo vivere per rispettare le loro aspettative. Può sembrare egoista - me ne rendo conto -, ma penso che sia necessario per sentirsi davvero sé stessi distaccarsi dall’idea di perfezione dei nostri famigliari e pensare solo a sé. È un tema che in parte emerge nello spettacolo, cosa che mi rende molto contento”.