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Home » Attualità » Edy Ongaro, quanti sono i foreign fighters italiani in Ucraina. E cosa li spinge a morire per una guerra non loro

Edy Ongaro, quanti sono i foreign fighters italiani in Ucraina. E cosa li spinge a morire per una guerra non loro

Il 46enne veneziano è il primo concittadino morto dall'inizio del conflitto. Ma perché i combattenti decidono di arruolarsi? Tra motivi economici e politici, ecco per quale ragione decidono di sacrificare la propria vita

Remy Morandi
1 Aprile 2022
Edy Ongaro

Edy Ongaro

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Adesso anche gli italiani muoiono nella guerra in Ucraina. La prima vittima è Edy Ongaro, 46 anni, originario di Portogruaro, Venezia. Con il nome da battaglia ‘Bozambo‘, il miliziano italiano è stato ucciso nel Donbass, colpito da una bomba a mano. La sua morte fa sorgere spontanea una domanda: ci saranno altre vittime italiane nella guerra in Ucraina? Cosa spinge un italiano ad andare a combattere per una guerra che non lo riguarda direttamente? E soprattutto, quanti sono i foreign fighters, i combattenti italiani in Ucraina?

La storia della guerra nel Donbass

Prima di scoprire quanti foreign fighters italiani ci sono in Ucraina, è utile ricordare la storia e la guerra del Donbass, dove non a caso è morto Edy Ongaro. Il Donbass, o più correttamente il bacino del Donec, si estende nell’estremo est dell’Ucraina su tre oblast’, una suddivisione territoriale presente negli ex Paesi Urss corrispondente grossomodo alle nostre regioni. Il bacino del Donec si divide in ‘Donbass orientale’ (comprendente l’oblast’ di Doneck e l’oblast’ di Lugansk) e in ‘Donbass occidentale’ (comprendente l’oblast’ di Dnipropetrovs’k). L’intera regione del Donbass diventa indipendente nel 1991, in seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica e alla nascita dell’Ucraina come Stato. Fin da subito sorgono gruppi secessionisti contrari all’indipendenza dalla Russia. Le tensioni aumentano di anno in anno, fino a quando nel 2014 avviene la rottura definitiva. Nell’anno in cui la Russia annette la Crimea, alcuni secessionisti armati, forti dell’appoggio di Mosca, si impadroniscono dei palazzi governativi delle regioni del Donbass. Inizia la guerra del Donbass, tra le forze armate (e paramilitari) ucraine, da un lato, e le milizie separatiste sostenute dalla Russia, dall’altro. Il conflitto va avanti fino al 2015, quando a febbraio si arriva a un cessate il fuoco. In teoria però, perché di fatto gli scontri non si conclusero mai. Negli anni successivi la Russia continua a sostenere i due territori separatisti del Donbass orientale, le auto proclamate Repubbliche di Doneck e Lugansk. E infine, tre giorni prima dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina, il 21 febbraio 2022, il presidente Vladimir Putin ne riconosce ufficialmente l’indipendenza.

Dove si trova il Donbass (Mappa realizzata da Il Giorno)

Quanti sono i foreign fighters italiani in Ucraina

Secondo l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), da quando scoppiò la guerra nel 2014, almeno 17mila foreign fighters, da più di 50 Paesi, hanno combattuto nella regione del Donbass. La maggior parte di questi, circa 15mila volontari, proviene dalla Russia mentre dall’Occidente si calcola siano arrivate circa mille persone, una parte per sostenere le forze armate ucraine, l’altra per sostenere le milizie separatiste filo-russe. “Sulla base delle (frammentarie) informazioni attualmente disponibili – riporta una pubblicazione del ricercatore dell’Ispi Francesco Marone – si stima che dall’Italia possano essere partiti circa 50-60 combattenti, presumibilmente con una distribuzione abbastanza equilibrata tra le due parti del conflitto”.

Edy Ongaro, 46 anni veneziano, è il primo italiano morto nella guerra in Ucraina

Chi sono i foreign fighters italiani in Ucraina e perché decidono di combattere (e morire)

Come riporta ancora l’Ispi, i foreign fighters italiani in Ucraina sono per lo più adulti maschi, con livello socio-economico medio-basso e senza familiari al seguito. Ovvero, vanno da soli a combattere. Le motivazioni che spingono queste persone ad arruolarsi volontariamente e ad andare a combattere (e a morire come Edy Ongaro) sono varie. Per alcuni foreign fighters il motivo principale sembra essere di carattere economico e professionale. L’Ispi cita il caso di A.C. che con un altro volontario italiano si è unito alle milizie dell’autoproclamata Repubblica di Lugansk nel febbraio del 2015. A.C. – riporta ancora l’Istituto – aveva alle spalle una carriera come contractor (ovvero mercenario) all’estero. A.C. avrebbe deciso di unirsi alle milizie separatiste nel Donbass principalmente per ricevere un compenso economico e proseguire la sua carriera in questo settore. Per questa sua scelta, riferisce ancora l’Ispi, A.C. ha subito un processo in Italia, insieme con altri volontari filo-russi, e nel 2019 ha patteggiato una pena di poco inferiore ai tre anni.

Militare ucraino con in mano un kalashnikov. Foto realizzata a Kharkiv il 31 marzo 2022 (Ansa/AFP)

I combattenti italiani di estrema destra in Ucraina

Tuttavia, i motivi che spingono i foreign fighters ad andare a combattere in Ucraina non sono solo economici. Di mezzo c’è anche la politica. Secondo l’Ispi che cita stime di altri istituti stranieri, la maggior parte dei combattenti stranieri in Ucraina (dal 50 all’80% del totale) ha posizioni di estrema destra. Come nel caso di F.S.F., uno storico militante neofascista italiano che si è unito al famigerato battaglione Azov, “una formazione paramilitare ucraina – spiega l’Ispi – con ben note radici neonaziste”. Ma non tutti i foreign fighters di estrema destra, comunque, si sono uniti alla causa ucraina. Molti, per combattere il presunto “imperialismo” degli Stati Uniti e della Nato, si sono schierati al fianco della Russia di Putin, andando a combattere insieme alle milizie delle Repubbliche separatiste.

Riservisti ucraini partecipano a un’esercitazione militare vicino a Kiev, 18 dicembre 2021 (Foto Ansa/Epa)

I combattenti italiani di estrema sinistra in Ucraina

Schierati dalla parte opposta, poi ci sono – come nel caso di Edy Ongaro – i foreign fighters di estrema sinistra, “attirati – spiega l’Istituto per gli studi di politica internazionale – dalla prospettiva di sostenere quelli che ai loro occhi appaiono come eredi della gloriosa Unione Sovietica, in lotta contro il governo ucraino sostenuto dalla superpotenza americana”. Esattamente come nel caso del foreign fighter italiano morto nel Donbass. Nel suo ultimo post su Facebook, tanto per far capire chi era Edy Ongaro, il foreign fighter scriveva: “Piccolo non perder tempo con loro, perché nella testa dei fascisti può entrare solo del piombo. Verrà un tempo nel quale sapremo ascoltarci mutualmente, edificheremo una Società equa e senza distinzioni, dove tutto è di Tutti, basata sul Lavoro e sorretta dalle mani callose dei Proletari, che comparte e programma, che non lascerà nessuno per strada, che non sfrutta le masse per il profitto di qualche inutile avido egoista. Quel giorno verrà, ma prima dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità umane per rendere questo unico pianeta a disposizione un posto più vivibile. Sta a Noi combattere senza tregua il mostro, stanarlo da ogni tombino”. Così scriveva Edy Ongaro su Facebook.

Foreign fighters in Ucraina (Foto Ansa)

Combattere all’estero è reato, cosa rischiano i foreign fighters italiani

La scorsa settimana il ministero degli Esteri italiano ha diffuso una nota ricordando che “combattere in Ucraina è reato”. “In merito alle notizie apparse su alcuni organi di informazione relative alla partecipazione di cittadini italiani al conflitto in Ucraina”, la Farnesina ricorda che “tali condotte possono essere considerate penalmente rilevanti ai sensi della normativa vigente (articoli 244 e 288 del Codice Penale)”. Nello specifico, i due articoli sottolineano che per “atti ostili verso uno Stato estero che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra” è prevista una pena da 4 a 15 anni di carcere (o nel caso in cui “la guerra avviene”, è previsto anche l’ergastolo). Il ministero degli Affari esteri italiano ha specificato che “a tutela della sicurezza dei cittadini italiani” è vivamente sconsigliato recarsi in Ucraina.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Adesso anche gli italiani muoiono nella guerra in Ucraina. La prima vittima è Edy Ongaro, 46 anni, originario di Portogruaro, Venezia. Con il nome da battaglia 'Bozambo', il miliziano italiano è stato ucciso nel Donbass, colpito da una bomba a mano. La sua morte fa sorgere spontanea una domanda: ci saranno altre vittime italiane nella guerra in Ucraina? Cosa spinge un italiano ad andare a combattere per una guerra che non lo riguarda direttamente? E soprattutto, quanti sono i foreign fighters, i combattenti italiani in Ucraina?

La storia della guerra nel Donbass

Prima di scoprire quanti foreign fighters italiani ci sono in Ucraina, è utile ricordare la storia e la guerra del Donbass, dove non a caso è morto Edy Ongaro. Il Donbass, o più correttamente il bacino del Donec, si estende nell'estremo est dell'Ucraina su tre oblast', una suddivisione territoriale presente negli ex Paesi Urss corrispondente grossomodo alle nostre regioni. Il bacino del Donec si divide in 'Donbass orientale' (comprendente l'oblast' di Doneck e l'oblast' di Lugansk) e in 'Donbass occidentale' (comprendente l'oblast' di Dnipropetrovs'k). L'intera regione del Donbass diventa indipendente nel 1991, in seguito alla dissoluzione dell'Unione Sovietica e alla nascita dell'Ucraina come Stato. Fin da subito sorgono gruppi secessionisti contrari all'indipendenza dalla Russia. Le tensioni aumentano di anno in anno, fino a quando nel 2014 avviene la rottura definitiva. Nell'anno in cui la Russia annette la Crimea, alcuni secessionisti armati, forti dell'appoggio di Mosca, si impadroniscono dei palazzi governativi delle regioni del Donbass. Inizia la guerra del Donbass, tra le forze armate (e paramilitari) ucraine, da un lato, e le milizie separatiste sostenute dalla Russia, dall'altro. Il conflitto va avanti fino al 2015, quando a febbraio si arriva a un cessate il fuoco. In teoria però, perché di fatto gli scontri non si conclusero mai. Negli anni successivi la Russia continua a sostenere i due territori separatisti del Donbass orientale, le auto proclamate Repubbliche di Doneck e Lugansk. E infine, tre giorni prima dell'inizio dell'invasione russa in Ucraina, il 21 febbraio 2022, il presidente Vladimir Putin ne riconosce ufficialmente l'indipendenza.
Dove si trova il Donbass (Mappa realizzata da Il Giorno)

Quanti sono i foreign fighters italiani in Ucraina

Secondo l'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), da quando scoppiò la guerra nel 2014, almeno 17mila foreign fighters, da più di 50 Paesi, hanno combattuto nella regione del Donbass. La maggior parte di questi, circa 15mila volontari, proviene dalla Russia mentre dall'Occidente si calcola siano arrivate circa mille persone, una parte per sostenere le forze armate ucraine, l'altra per sostenere le milizie separatiste filo-russe. "Sulla base delle (frammentarie) informazioni attualmente disponibili - riporta una pubblicazione del ricercatore dell'Ispi Francesco Marone - si stima che dall'Italia possano essere partiti circa 50-60 combattenti, presumibilmente con una distribuzione abbastanza equilibrata tra le due parti del conflitto".
Edy Ongaro, 46 anni veneziano, è il primo italiano morto nella guerra in Ucraina

Chi sono i foreign fighters italiani in Ucraina e perché decidono di combattere (e morire)

Come riporta ancora l'Ispi, i foreign fighters italiani in Ucraina sono per lo più adulti maschi, con livello socio-economico medio-basso e senza familiari al seguito. Ovvero, vanno da soli a combattere. Le motivazioni che spingono queste persone ad arruolarsi volontariamente e ad andare a combattere (e a morire come Edy Ongaro) sono varie. Per alcuni foreign fighters il motivo principale sembra essere di carattere economico e professionale. L'Ispi cita il caso di A.C. che con un altro volontario italiano si è unito alle milizie dell'autoproclamata Repubblica di Lugansk nel febbraio del 2015. A.C. - riporta ancora l'Istituto - aveva alle spalle una carriera come contractor (ovvero mercenario) all'estero. A.C. avrebbe deciso di unirsi alle milizie separatiste nel Donbass principalmente per ricevere un compenso economico e proseguire la sua carriera in questo settore. Per questa sua scelta, riferisce ancora l'Ispi, A.C. ha subito un processo in Italia, insieme con altri volontari filo-russi, e nel 2019 ha patteggiato una pena di poco inferiore ai tre anni.
Militare ucraino con in mano un kalashnikov. Foto realizzata a Kharkiv il 31 marzo 2022 (Ansa/AFP)

I combattenti italiani di estrema destra in Ucraina

Tuttavia, i motivi che spingono i foreign fighters ad andare a combattere in Ucraina non sono solo economici. Di mezzo c'è anche la politica. Secondo l'Ispi che cita stime di altri istituti stranieri, la maggior parte dei combattenti stranieri in Ucraina (dal 50 all'80% del totale) ha posizioni di estrema destra. Come nel caso di F.S.F., uno storico militante neofascista italiano che si è unito al famigerato battaglione Azov, "una formazione paramilitare ucraina - spiega l'Ispi - con ben note radici neonaziste". Ma non tutti i foreign fighters di estrema destra, comunque, si sono uniti alla causa ucraina. Molti, per combattere il presunto "imperialismo" degli Stati Uniti e della Nato, si sono schierati al fianco della Russia di Putin, andando a combattere insieme alle milizie delle Repubbliche separatiste.
Riservisti ucraini partecipano a un'esercitazione militare vicino a Kiev, 18 dicembre 2021 (Foto Ansa/Epa)

I combattenti italiani di estrema sinistra in Ucraina

Schierati dalla parte opposta, poi ci sono - come nel caso di Edy Ongaro - i foreign fighters di estrema sinistra, "attirati - spiega l'Istituto per gli studi di politica internazionale - dalla prospettiva di sostenere quelli che ai loro occhi appaiono come eredi della gloriosa Unione Sovietica, in lotta contro il governo ucraino sostenuto dalla superpotenza americana". Esattamente come nel caso del foreign fighter italiano morto nel Donbass. Nel suo ultimo post su Facebook, tanto per far capire chi era Edy Ongaro, il foreign fighter scriveva: "Piccolo non perder tempo con loro, perché nella testa dei fascisti può entrare solo del piombo. Verrà un tempo nel quale sapremo ascoltarci mutualmente, edificheremo una Società equa e senza distinzioni, dove tutto è di Tutti, basata sul Lavoro e sorretta dalle mani callose dei Proletari, che comparte e programma, che non lascerà nessuno per strada, che non sfrutta le masse per il profitto di qualche inutile avido egoista. Quel giorno verrà, ma prima dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità umane per rendere questo unico pianeta a disposizione un posto più vivibile. Sta a Noi combattere senza tregua il mostro, stanarlo da ogni tombino". Così scriveva Edy Ongaro su Facebook.
Foreign fighters in Ucraina (Foto Ansa)

Combattere all'estero è reato, cosa rischiano i foreign fighters italiani

La scorsa settimana il ministero degli Esteri italiano ha diffuso una nota ricordando che "combattere in Ucraina è reato". "In merito alle notizie apparse su alcuni organi di informazione relative alla partecipazione di cittadini italiani al conflitto in Ucraina", la Farnesina ricorda che "tali condotte possono essere considerate penalmente rilevanti ai sensi della normativa vigente (articoli 244 e 288 del Codice Penale)". Nello specifico, i due articoli sottolineano che per "atti ostili verso uno Stato estero che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra" è prevista una pena da 4 a 15 anni di carcere (o nel caso in cui "la guerra avviene", è previsto anche l'ergastolo). Il ministero degli Affari esteri italiano ha specificato che "a tutela della sicurezza dei cittadini italiani" è vivamente sconsigliato recarsi in Ucraina.
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