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Home » Attualità » Catania, Elena è morta a 5 anni. L’ennesima vittima di infanticidio per mano familiare

Catania, Elena è morta a 5 anni. L’ennesima vittima di infanticidio per mano familiare

Il cadavere della bambina di cui era stata denunciata la scomparsa è stato ritrovato grazie alle indicazioni fornite dalla madre dopo l'interrogatorio

Marianna Grazi
14 Giugno 2022
La piccola Elena, 5 anni, e sua madre

La piccola Elena, 5 anni, e sua madre

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La piccola Elena Del Pozzo è morta. Il cadavere della bambina, che a luglio avrebbe compiuto 5 anni, è stato scoperto a poche centinaia di metri dalla casa dove abitava a Mascalucia, nel Catanese. In un campo incolto gli inquirenti hanno trovato quel corpicino, i resti di una bimba innocente di cui la mamma, appena ieri, aveva denunciato la scomparsa, anzi il sequestro da parte di “tre uomini armati e incappucciati”, subito dopo aver prelevato la figlia all’asilo.

Ed è stata proprio la donna, Martina Patti, a indicare il luogo dove giaceva, ormai senza vita, Elena. Uscita con la sua auto e accompagnata dai carabinieri, li ha scortati in via Turati, proprio dietro casa, ed è stata poi portata via da una volante. Sul posto, invece, sono in corso i rilievi degli investigatori per ricostruire l’accaduto. Ma intanto il nome della bimba si aggiunge ad un elenco che si fa ogni anno più lungo, nella sua tremenda peculiarità: l’elenco degli infanticidi.

La denuncia dalla scomparsa e la (falsa) pista del sequestro

Un’immagine della bimba di 5 anni di cui  era stata denunciato il rapimento e ritrovata oggi morta in un campo vicino casa

Ieri, lunedì 13 giugno, ai carabinieri della frazione Piano di Tremestieri Etneo era arrivata la telefonata di una mamma che denunciava il sequestro della sua bambina, di quasi 5 anni, a Mascalucia, provincia di Catania. Martina Patti sosteneva che, una volta recuperata Elena dall’asilo, tre persone incappucciate e un uomo armato di pistola l’avrebbero bloccata mentre era con la figlia erano in auto, portando via la bambina. La notizia della sparizione era subito iniziata a circolare sui media e sui social, diventando virale, mentre le generalità e una foto della piccola rimbalzavano da schermo a schermo, nella sua disperata ricerca. ⁣“Tre uomini incappucciati mi hanno aggredita mentre rientravo a casa con mia figlia dall’asilo – aveva raccontato la donna ai carabinieri – hanno preso Elena e sono fuggiti”.⁣

Mentre i militari si sono subito mobilitati per cercare la bambina, le indagini della Procura di Catania hanno puntato sia sul rapimento che sulla denuncia della madre, cercando di ricostruire l’accaduto con i parenti e soprattutto provando a capire il movente del rapimento, pista apparsa però fin da subito “poco credibile”. Subito escluse le ipotesi che fosse “opera della criminalità organizzata” e che l’episodio fosse “collegato a una richiesta di riscatto”, viste le disponibilità economiche familiari, gli investigatori si sono concentrati sul racconto: nessun testimone, oltre alla mamma, del rapimento, nessuna chiamata immediata alla forze dell’ordine. La donna va a casa e solo dopo, con i familiari, si reca dai carabinieri a presentare la denuncia. Interrogata a lungo nella sede del comando provinciale, così come il compagno, gli zii e i nonni della piccola, Patti sembra smentire le sue stesse parole. Stando a quanto riferito dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, durante un “lungo interrogatorio le erano state contestate varie incongruenze. Stamattina ha fatto ritrovare il cadavere – aggiunge il procuratore – e adesso stiamo raccogliendo le sue dichiarazioni, presumibilmente confessorie”.

Il luogo dove è stato ritrovato il corpo della piccola Elena Del Pozzo, 5 anni (ANSA)

Il corpo si trova in un campo

Un castello fragile, fatto di bugie mal architettate e quasi subito smentite. Troppo tardi però per salvare la vita alla piccola Elena Del Pozzo. La svolta, nella rapida quanto tragica vicenda, durata meno di 24 ore, è arrivata quando la sua mamma, Martina Patti, dopo un interrogatorio durato un’intera notte, questa mattina è crollata e ha indicato il luogo in cui gli inquirenti avrebbero potuto ritrovare il corpo della figlia.⁣ Nessuna scomparsa, nessun rapimento: ⁣“Il suo cadavere è nascosto in un campo”, sono state infine le parole della donna.

“È mia nipote, non mi toccate, fatemi passare, voglio il suo corpo è mia…”. Sono urla di dolore, strazianti, quelle del nonno paterno di Elena, arrivato con la moglie sul posto del ritrovamento del cadavere della nipote. “Non credevamo possibile una cosa del genere. Un rapimento era impensabile – spiega –. Non si poteva immaginare quello che è successo. Mi sembra tutto così strano, assurdo. La madre di Elena era una ragazza molto chiusa, ma non riesco a spiegarmi il motivo di quello che è accaduto. Ma adesso chi è stato deve pagare, anche chi l’ha eventualmente aiutata”.

padre della bimba morta nel catanese
La disperazione del padre della piccola Elena, Giovanni Del Pozzo (ANSA)

Nessuna pista privilegiata, nessun accusa ancora formulata. Patti, dopo aver scortato gli investigatori sul luogo dove giaceva ormai inerme il corpo della figlia, è stata riaccompagnata in procura. Anche il padre di Elena, denunciato in passato per spaccio di droga e indagato anche per una rapina, non viveva in casa con la compagna – entrambi poco più che ventenni – ma si era allontanato dalla famiglia a causa di un alcuni dissidi personali, ha raggiunto il luogo del ritrovamento. Il ⁣suo ruolo nella vicenda non è stato ancora chiarito.⁣

La lista degli infanticidi: in Italia è sempre drammaticamente più lunga

Elena Del Pozzo è morta prima di compiere 5 anni. Non per una causa naturale, ma uccisa dalla mano di chi quella vita gliel’aveva data. Il perché starà agli inquirenti e alla giustizia stabilirlo. Ma quel corpo, ritrovato in un campo, richiama alla mente chi, prima di lei, anche se poco più grande, ha subito la stessa tragica sorte. Bambine, ragazze, adolescenti stroncate nel pieno della loro giovinezza: come la 13enne Yara Gambirasio, il cui cadavere è stato ritrovato anche in questo caso in un campo, a Chignolo d’Isola, distante circa 10 chilometri da Brembate di Sopra (Bergamo) dove abitava, il 26 febbraio 2011, dopo tre mesi dalla scomparsa; come Sarah Scazzi, 15 anni, che un anno prima era stata assassinata e poi gettata in un pozzo di raccolta delle acque vicino a Avetrana, Taranto; o come il piccolo Loris, 8 anni, per il cui omicidio, avvenuto il 29 novembre 2014 nel comune di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, l’unica imputata rimane la madre, Veronica Panarello. Ed è impossibile, purtroppo, non ricordare anche il Delitto di Cogne, dove a perdere la vita per mano della madre, Annamaria Franzoni, il 30 gennaio di 20 anni fa fu Samuele Lorenzi, di appena 3 anni. E ce ne sarebbero tanti, troppi da ricordare.

Una lista di bambini di cui poco si parla, di cui ci si dimentica facilmente dopo che l’eco della cronaca si è spento. Giovani e giovanissimi, a volte poco più che neonati che invece di essere amati e difesi dagli adulti che li hanno messi al mondo, sono maltrattati, abusati, uccisi. Bambini oggetto di delitti che, dopo lo sdegno generale e qualche servizio in tv, scompaiono dalla memoria collettiva per rimanere solo numeri in una classifica statistica che, di anno in anno, viene aggiornata.

I dati: “La nostra società ha gli eroi e i disgraziati”

Bimba morta nel Catanese
Elena Del Pozzo è solo l’ennesima vittima di infanticidio in Italia

Uccisi da una mamma, da un papà, dalle persone di cui più si fidavano, da chi ha dato loro la vita. Esistenze interrotte prima ancora di cominciare, quando ancora gli occhi guardano al mondo pieni di stupore e meraviglia. Secondo i dati forniti all’HuffPos dall’Istat tra 2006 e 2017 in Italia sono stati uccisi 34 neonati – vittime di “infanticidio” – mentre nelle stime del Ministero dell’Interno si legge che dal 2017 al 2018 gli omicidi volontari di cui sono stati vittime minori sono 36. Dal rapporto Eures, primo studio sul “figlicidio” pubblicato dall’Istituto di ricerca nell’ottobre 2015, emergevano altri dati rilevanti: tra 2000 e 2014 sono stati 379 i figli uccisi da un genitore – padre o madre – naturale o acquisito. Quindi, dal 2000 al 2017 nel nostro Paese 447 bambini sono morti per mano dei genitori o familiari. Infine, i dati più recenti ma non ancora del tutto aggiornati, parlano di quasi 500 bambini uccisi da una mamma o un papà.

“C’è un angelo in paradiso o una mamma che non stava bene psicologicamente o qualcuno ha combinato qualche pasticcio. La nostra società ha gli eroi e i disgraziati. Che questa vicenda diventi un motivo per riflettere sul valore della vita è sull’assistenza da fare alle persone che non stanno bene con la testa”. con queste parole il parroco di Massannunziata e rettore del santuario di Monpilieri, padre Alfio Privitera, ha commentato la vicenda della piccola Elena. Parlando di un valore della vita che, molto spesso, sono gli stessi genitori, coloro che la generano quella vita, a dimenticare. Perché? Difficile stabilirlo, ma non esiste e non esisterà mai una ragione che valga più di un’esistenza.

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Instagram

  • Sono ormai trascorsi 13 anni senza Fernanda Pivano, la donna che portò la beat generation ai lettori.

Scrittrice, giornalista e traduttrice, se ne è andata in un pomeriggio d’estate: il calendario segnava indifferente la data di martedì 18 agosto 2009. È volata via portando con sé un bagaglio prezioso fatto di ricordi straordinari, zeppo delle immagini di una vita intera trascorsa a cavallo tra ideali e passioni, le stesse che avevano contribuito a farne una eterna ragazza.

Voce fresca da teenager ed energia da vendere fino all’estrema goccia di vita, ha amato intensamente il suo lavoro e specialmente quegli autori abbracciati dalla identica passione, intrisa di ribellione e idee contestatrici. La prerogativa di Nanda, come tutti gli amici hanno sempre preferito chiamarla, era quella di tradurre stati d’animo che andavano ben oltre la traduzione del testo nudo e crudo, mettendoci insomma tutta se stessa. Hemingway, Scott Fitzgerald, Faulkner, Kerouac, Bukowski, Corso, Ferlinghetti: i miti della della lost e beat generation. 

Fernanda Pivano non si risparmiava per nessun motivo ed era sempre in prima linea quando c’era da capire, indagare, spingersi fino in capo al mondo lì dove brillava la sua stella. 

Di Guido Guidi Guerrera ✍

#lucenews #lucelanazione #fernandapivano #letteraturaitaliana #beatgeneration
  • “A ogni male ci sono due rimedi: il tempo e il silenzio” scriveva Alexandre Dumas. Lo sanno bene gli indiani, che sono un popolo saggio e paziente. E di tempo ne è passato davvero tanto, addirittura mezzo secolo oramai, da quando Piccola piuma salì sul palco degli Oscar per leggere il motivo del rifiuto del premio da parte di Marlon Brando, che non lo volle accettare per il “trattamento riservato agli indiani d’America dall’industria cinematografica”.

Era stata lo stesso attore ad aver invitato la giovane attrice e modella a prendere parte alla Notte delle Stelle per porre l’attenzione sul modo in cui venivano rappresentati i nativi americani nei film americani. Marie Louise Cruz, che oggi ha 75 anni, fece un gesto forte: si presentò con le trecce e indossando un abito di pelle di daino, e con una mano respinse la celebre statuetta dorata che le veniva porta da Roger Moore e Liv Ulmann. Era la prima donna nativa americana ad aver mai parlato da quel palcoscenico. Tuttavia il suo messaggio finì inascoltato (almeno all’epoca). 

Non solo, la cosa non finì quella sera. L’attrice Apache ha dichiarato di aver subito negli anni a seguire molte discriminazioni nel mondo del cinema, e sempre a causa di quel discorso di essere stata attaccata, offesa e presa in giro. 

Dopo cinquant’anni è finalmente giunto il momento delle scuse da parte dell’Academy: “Gli abusi che hai subito per il tuo discorso sono stati ingiustificati e totalmente inappropriati” ha reso noto l’ex presidente dell’Accademia David Rubin in una lettera a Littlefeather, invitandola a un evento che si terrà il 17 settembre a Los Angeles. 

#lucenews #lucelanazione #piccolapiuma #academy #nativeamerican #sacheenlittlefeather
  • “Ho preso una pausa dai social media per la mia salute mentale, perché trovo che Instagram e Twitter siano eccessivamente stressanti e opprimenti”.

Addio social, anzi arrivederci. Tom Holland ha dichiarato di volersi allontanare dalle piattaforme per un po’ di tempo per concentrarsi sulla sua salute mentale. La star di Spider-Man, che nelle ultime settimane è stata assente dagli schermi digitali, ha fatto un fugace ritorno su Instagram domenica per annunciare di aver cancellato gli account Instagram e Twitter dai suoi dispositivi.

“Mi lascio prendere e entro in una sorta di spirale quando leggo cose su di me online e alla fine è molto dannoso per il mio stato mentale. Così ho deciso di fare un passo indietro. Chiedere e cercare aiuto non è qualcosa di cui dovremmo vergognarci. Vi amo tutti e ci sentiamo presto”.

Non è il primo a lanciare l’allarme sull’impatto che i social hanno sulla vita personale, la disintossicazione digitale sembra essere una necessità generazionale di cui in tanto hanno bisogno per evadere dal flusso di ansia da iperconnessione.

E a te è mai capitato di sentire il bisogno di una social detox? Raccontaci la tua esperienza ✍️

#lucenews #lucelanazione #tomholland #socialdetox #mentalhealth #tomhollandspiderman
  • La lotta per i diritti delle donne in Occidente è passata per anni di battaglie di emancipazione, in cui le conquiste sono state tante e fondamentali: il diritto al voto, allo studio, all’aborto, al divorzio, all’uso di anticoncezionali. Battaglie che non sono ancora finite e che tenacemente proseguono per arrivare a colmare il gender gap. Esiste però un posto nel mondo dove queste libertà non sono mai arrivate, dove le varie tappe di queste fondamentali conquiste al femminile non hanno mai varcato le porte della comunità, delle case, delle famiglie. Dove le donne vivono come nel Settecento. È il caso delle numerose comunità di Amish presenti in vari Stati d’America, ancorate a usi e costumi della società preindustriale.

Nelle comunità di Amish tutti si vestono come nel Settecento, uomini, donne e bambini. Ma all’interno di questa comunità religiosa fondamentalista isolata dal mondo, tenacemente ancorata a tradizioni che nulla hanno a che vedere con la modernità, a pagare il prezzo più alto è appunto la popolazione femminile, sottoposta a regole rigide e inflessibili. 

Per le donne è proibito tagliarsi i capelli, che devono invece portare raccolti sempre in cuffie che coprono il capo: possono toglierle solo in rarissimi momenti, per esempio in casa, quando fanno il bucato ma a patto non siano viste da nessuno. I vestiti, che devono essere lunghi fino alle caviglie, non devono prevedere bottoni: per evitare tentazioni e per rendere difficile spogliarsi, gli abiti femminili sono costituiti da un pezzo unico con tanto di maniche lunghe, anche in estate: le maniche corte sono considerate osé, dunque “pericolose”.

Per le ragazze non c’è possibilità di trovarsi un impiego o avere un’indipendenza economica: sono destinate a essere casalinghe. Poco più che bambine vengono educate al loro ruolo che non deve varcare i confini delle quattro mura di casa, dove sono chiamate a badare alla famiglia e occuparsi unicamente dei lavori domestici, pulire, cucinare, badare alla numerosa prole e ubbidire e servire il marito, su cui non hanno nessuna voce in capitolo. 

#lucenews #lucelanazione #amish #libertàdelledonne #amishwomen
La piccola Elena Del Pozzo è morta. Il cadavere della bambina, che a luglio avrebbe compiuto 5 anni, è stato scoperto a poche centinaia di metri dalla casa dove abitava a Mascalucia, nel Catanese. In un campo incolto gli inquirenti hanno trovato quel corpicino, i resti di una bimba innocente di cui la mamma, appena ieri, aveva denunciato la scomparsa, anzi il sequestro da parte di "tre uomini armati e incappucciati", subito dopo aver prelevato la figlia all'asilo. Ed è stata proprio la donna, Martina Patti, a indicare il luogo dove giaceva, ormai senza vita, Elena. Uscita con la sua auto e accompagnata dai carabinieri, li ha scortati in via Turati, proprio dietro casa, ed è stata poi portata via da una volante. Sul posto, invece, sono in corso i rilievi degli investigatori per ricostruire l'accaduto. Ma intanto il nome della bimba si aggiunge ad un elenco che si fa ogni anno più lungo, nella sua tremenda peculiarità: l'elenco degli infanticidi.

La denuncia dalla scomparsa e la (falsa) pista del sequestro

Un'immagine della bimba di 5 anni di cui  era stata denunciato il rapimento e ritrovata oggi morta in un campo vicino casa
Ieri, lunedì 13 giugno, ai carabinieri della frazione Piano di Tremestieri Etneo era arrivata la telefonata di una mamma che denunciava il sequestro della sua bambina, di quasi 5 anni, a Mascalucia, provincia di Catania. Martina Patti sosteneva che, una volta recuperata Elena dall'asilo, tre persone incappucciate e un uomo armato di pistola l'avrebbero bloccata mentre era con la figlia erano in auto, portando via la bambina. La notizia della sparizione era subito iniziata a circolare sui media e sui social, diventando virale, mentre le generalità e una foto della piccola rimbalzavano da schermo a schermo, nella sua disperata ricerca. ⁣“Tre uomini incappucciati mi hanno aggredita mentre rientravo a casa con mia figlia dall'asilo – aveva raccontato la donna ai carabinieri – hanno preso Elena e sono fuggiti”.⁣ Mentre i militari si sono subito mobilitati per cercare la bambina, le indagini della Procura di Catania hanno puntato sia sul rapimento che sulla denuncia della madre, cercando di ricostruire l'accaduto con i parenti e soprattutto provando a capire il movente del rapimento, pista apparsa però fin da subito "poco credibile". Subito escluse le ipotesi che fosse "opera della criminalità organizzata" e che l'episodio fosse "collegato a una richiesta di riscatto", viste le disponibilità economiche familiari, gli investigatori si sono concentrati sul racconto: nessun testimone, oltre alla mamma, del rapimento, nessuna chiamata immediata alla forze dell'ordine. La donna va a casa e solo dopo, con i familiari, si reca dai carabinieri a presentare la denuncia. Interrogata a lungo nella sede del comando provinciale, così come il compagno, gli zii e i nonni della piccola, Patti sembra smentire le sue stesse parole. Stando a quanto riferito dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, durante un "lungo interrogatorio le erano state contestate varie incongruenze. Stamattina ha fatto ritrovare il cadavere - aggiunge il procuratore - e adesso stiamo raccogliendo le sue dichiarazioni, presumibilmente confessorie".
Il luogo dove è stato ritrovato il corpo della piccola Elena Del Pozzo, 5 anni (ANSA)

Il corpo si trova in un campo

Un castello fragile, fatto di bugie mal architettate e quasi subito smentite. Troppo tardi però per salvare la vita alla piccola Elena Del Pozzo. La svolta, nella rapida quanto tragica vicenda, durata meno di 24 ore, è arrivata quando la sua mamma, Martina Patti, dopo un interrogatorio durato un'intera notte, questa mattina è crollata e ha indicato il luogo in cui gli inquirenti avrebbero potuto ritrovare il corpo della figlia.⁣ Nessuna scomparsa, nessun rapimento: ⁣“Il suo cadavere è nascosto in un campo”, sono state infine le parole della donna. "È mia nipote, non mi toccate, fatemi passare, voglio il suo corpo è mia...". Sono urla di dolore, strazianti, quelle del nonno paterno di Elena, arrivato con la moglie sul posto del ritrovamento del cadavere della nipote. "Non credevamo possibile una cosa del genere. Un rapimento era impensabile – spiega –. Non si poteva immaginare quello che è successo. Mi sembra tutto così strano, assurdo. La madre di Elena era una ragazza molto chiusa, ma non riesco a spiegarmi il motivo di quello che è accaduto. Ma adesso chi è stato deve pagare, anche chi l'ha eventualmente aiutata".
padre della bimba morta nel catanese
La disperazione del padre della piccola Elena, Giovanni Del Pozzo (ANSA)
Nessuna pista privilegiata, nessun accusa ancora formulata. Patti, dopo aver scortato gli investigatori sul luogo dove giaceva ormai inerme il corpo della figlia, è stata riaccompagnata in procura. Anche il padre di Elena, denunciato in passato per spaccio di droga e indagato anche per una rapina, non viveva in casa con la compagna – entrambi poco più che ventenni – ma si era allontanato dalla famiglia a causa di un alcuni dissidi personali, ha raggiunto il luogo del ritrovamento. Il ⁣suo ruolo nella vicenda non è stato ancora chiarito.⁣

La lista degli infanticidi: in Italia è sempre drammaticamente più lunga

Elena Del Pozzo è morta prima di compiere 5 anni. Non per una causa naturale, ma uccisa dalla mano di chi quella vita gliel'aveva data. Il perché starà agli inquirenti e alla giustizia stabilirlo. Ma quel corpo, ritrovato in un campo, richiama alla mente chi, prima di lei, anche se poco più grande, ha subito la stessa tragica sorte. Bambine, ragazze, adolescenti stroncate nel pieno della loro giovinezza: come la 13enne Yara Gambirasio, il cui cadavere è stato ritrovato anche in questo caso in un campo, a Chignolo d'Isola, distante circa 10 chilometri da Brembate di Sopra (Bergamo) dove abitava, il 26 febbraio 2011, dopo tre mesi dalla scomparsa; come Sarah Scazzi, 15 anni, che un anno prima era stata assassinata e poi gettata in un pozzo di raccolta delle acque vicino a Avetrana, Taranto; o come il piccolo Loris, 8 anni, per il cui omicidio, avvenuto il 29 novembre 2014 nel comune di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, l'unica imputata rimane la madre, Veronica Panarello. Ed è impossibile, purtroppo, non ricordare anche il Delitto di Cogne, dove a perdere la vita per mano della madre, Annamaria Franzoni, il 30 gennaio di 20 anni fa fu Samuele Lorenzi, di appena 3 anni. E ce ne sarebbero tanti, troppi da ricordare. Una lista di bambini di cui poco si parla, di cui ci si dimentica facilmente dopo che l'eco della cronaca si è spento. Giovani e giovanissimi, a volte poco più che neonati che invece di essere amati e difesi dagli adulti che li hanno messi al mondo, sono maltrattati, abusati, uccisi. Bambini oggetto di delitti che, dopo lo sdegno generale e qualche servizio in tv, scompaiono dalla memoria collettiva per rimanere solo numeri in una classifica statistica che, di anno in anno, viene aggiornata.

I dati: "La nostra società ha gli eroi e i disgraziati"

Bimba morta nel Catanese
Elena Del Pozzo è solo l'ennesima vittima di infanticidio in Italia
Uccisi da una mamma, da un papà, dalle persone di cui più si fidavano, da chi ha dato loro la vita. Esistenze interrotte prima ancora di cominciare, quando ancora gli occhi guardano al mondo pieni di stupore e meraviglia. Secondo i dati forniti all'HuffPos dall'Istat tra 2006 e 2017 in Italia sono stati uccisi 34 neonati – vittime di "infanticidio" – mentre nelle stime del Ministero dell’Interno si legge che dal 2017 al 2018 gli omicidi volontari di cui sono stati vittime minori sono 36. Dal rapporto Eures, primo studio sul "figlicidio" pubblicato dall’Istituto di ricerca nell’ottobre 2015, emergevano altri dati rilevanti: tra 2000 e 2014 sono stati 379 i figli uccisi da un genitore – padre o madre – naturale o acquisito. Quindi, dal 2000 al 2017 nel nostro Paese 447 bambini sono morti per mano dei genitori o familiari. Infine, i dati più recenti ma non ancora del tutto aggiornati, parlano di quasi 500 bambini uccisi da una mamma o un papà. "C'è un angelo in paradiso o una mamma che non stava bene psicologicamente o qualcuno ha combinato qualche pasticcio. La nostra società ha gli eroi e i disgraziati. Che questa vicenda diventi un motivo per riflettere sul valore della vita è sull'assistenza da fare alle persone che non stanno bene con la testa". con queste parole il parroco di Massannunziata e rettore del santuario di Monpilieri, padre Alfio Privitera, ha commentato la vicenda della piccola Elena. Parlando di un valore della vita che, molto spesso, sono gli stessi genitori, coloro che la generano quella vita, a dimenticare. Perché? Difficile stabilirlo, ma non esiste e non esisterà mai una ragione che valga più di un'esistenza.
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