In Corea del Sud vince Lee Jae-myung: perché non è del tutto una buona notizia per le donne coreane

Nonostante la sconfitta dei candidati anti-femministi, i diritti delle donne restano ai margini dell’agenda politica. Il nuovo presidente evita prese di posizione chiare, mentre il movimento femminista continua a lottare in un Paese segnato da profonde divisioni di genere

di CLARA LATORRACA
3 giugno 2025
Lee Jae-myung è leader del Partito Democratico di Corea dal 28 agosto 2022

Lee Jae-myung è leader del Partito Democratico di Corea dal 28 agosto 2022

Cambio di leadership per la Corea del Sud: Lee Jae-myung, ex avvocato per i diritti umani e leader del Partito Democratico (progressista) ha sconfitto nettamente il rivale Kim Moon-soo del Partito del Potere Popolare. Ma cosa significa questo per le donne sudcoreane?

La “guerra di genere” nel dibattito elettorale

Nonostante il recente trauma nazionale del tentativo di colpo di stato dell’ex presidente conservatore Yoon Suk-yeol – che ha tentato di imporre la legge marziale lo scorso ottobre – il tema che ha smosso più di tutti il dibattito elettorale non è stata la crisi istituzionale, ma la questione di genere. Nulla di particolarmente sorprendente nel Paese con il più alto Gende Pay Gap dell’OCSE e in cui, nel corso dell’ultimo decennio, si è assistito a quella che viene definita una “guerra di genere”.

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Da un lato, il movimento femminista si è fortemente diffuso – soprattutto tra le giovani generazioni – a partire dalle piattaforme digitali, per poi diffondersi anche negli spazi fisici, con grandissime manifestazioni di piazza che hanno accesso l’attenzione del Paese su temi come il femminicidio, la violenza sessuale, il revenge porn. Dall’altro, la popolarizzazione di idee anti-femministe, che hanno preso piede soprattutto tra i giovani uomini, che oggi si sentono vittime di un sistema che – a sentire loro – li penalizzerebbe rispetto alle coetanee.

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Il precedente del 2022

Su questa opposizione si sono giocate le ultime elezioni: la reazione antifemminista si è riflessa infatti a livello politico, in primo luogo nel supporto ai partiti progressista e conservatore. I giovani elettori maschi hanno ritirato il proprio sostegno al governo progressista, producendo una divisione ideologica senza precedenti lungo le linee di genere.

Il sostegno di questa fascia di popolazione è stato fondamentale per la vittoria di Yoon Suk-Yeol, che si era apertamente schierato contro il movimento femminista, promettendo l’abolizione del Ministero per la Parità, simbolo delle conquiste delle donne in ambito politico. Alle elezioni di marzo 2022, il 58 per cento delle ventenni ha votato per il candidato progressista Lee Jae-myung, mentre il 58 per cento dei coetanei maschi ha votato per Yoon, che ha vinto per soli 0,7 punti percentuali.

Le promesse del partito conservatore

Nel corso di questa corsa elettorale, Kim Moon-soo, candindato conservatore, aveva proseguito la linea del suo predecessore, promettendo l’abolizione del Ministero e l’istituzione, al suo posto, di un “Ministero per la Futura Gioventù e per la Famiglia”. Inoltre, Kim ha posto l’accento sull necessià dell’aumento dei tassi di natalità, promettendo maggiore sostegno finanziario alle famiglie.

Tuttavia, le attiviste femministe coreane hanno posto l’accento, negli ultimi anni, sul fatto che l’aumento del costo della vita non è l’unico ostacolo: molte di loro rifiutano la vita matrimoniale per la difficoltà di bilanciare carriera, famiglia e libertà personale. Nonostante il tentativo di cavalcare il tema e di seguire i passi di Yoon, questa volta non è bastato ad assicurarsi la vittoria elettorale. Anche perchè i voti delle giovani generazioni maschili si è spostato verso un altro candidato. 

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Il candidato dei giovani uomini coreani

Anche Lee Jun-seok, candidato del Nuovo Partito Riformista, ha tentato di cavalcare l’onda del malcontento maschile, sostenendo a sua volta l’abolizione dell’istituzione in nome di una maggiore efficienza amministrativa. La campagna di Lee è stata particolarmente aggressiva: nelle settimane precedenti al voto si è attirato una rapida indignazione dopo un dibattito presidenziale in cui ha detto: “Se qualcuno dice di voler infilare le bacchette nei genitali delle donne o in qualche posto del genere, è misoginia?”.

Ha detto che quel “qualcuno” era il figlio del frontunner Lee Jae-myung, che secondo lui ha fatto il commento online, un'accusa che il campo di Lee ha evitato, scusandosi per altri post controversi. Nonostante il grande successo ottenuto tra i giovani uomini tra i 20 e i 30 anni grazie a questa retorica, il leader del Nuovo Partito Riformista è uscito ampiamente sconfitto da questa tornata elettorale.

Anche il progressismo volta le spalle alle donne

Dal candidato vincente non sono invece arrivate dichiarazioni nette sul tema: Lee Jae-myung ha evitato proposte esplicite, sebbene abbia accennato in extremis a un possibile rafforzamento del ministero e a una generica “lotta contro la discriminazione”. Una posizione presa solamente dopo aspre critiche da parte delle attiviste per i diritti delle donne.

Il leader del Partito Democratico, all'inizio della sua campagna elettorale, quando gli è stato chiesto se avesse intenzione di adottare politiche mirate alla disuguaglianza di genere, ha risposto: “Perché continuate a dividere uomini e donne? Sono tutti coreani”. Dopo essersi attirato critiche, Lee Jae-myung ha riconosciuto che le donne “affrontano ancora discriminazioni strutturali in molti settori” e si è impegnato ad affrontare la disuguaglianza delle donne con maggiori risorse a tutti i livelli.

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Il voto delle giovani donne rimane senza rappresentanza

Le giovani elettrici coreane si sono trovate davanti a una scelta di voto quasi obbligata per difendere i propri diritti. Nonostante la grande importanza delle attiviste nelle manifestazioni seguite al tentativo di imporre la legge marziale (secondo i dati basati sull’attività dei cellulari e diffusi dal giornale Korea Herald, mostrano che le donne ventenni rappresentavano il 18% dei manifestanti e le trentenni l’11%), le richieste del movimento femminista continuano a non trovare una rappresentanza politica: le rivendicazioni riguardanti la necessità di una legge chiara sull’aborto, di leggi anti-discriminzioni e di tutele per la violenza sessuale digitale restano inascoltate.

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Una situazione che potrebbe essere dovuta anche alla sottorappresentazione femminile nella politica della Corea del Sud: sebbene infatti le donne coreane siano molto attive a livello civico e sociale, non trovano ancora grande spazio nella politica istituzionale, soprattutto nazionale, che rimane un ambito “man-centered”. Dal 2005, quando la percentuale di seggi occupati da figure femminili era del 13,4%, il numero di donne in Parlamento è sempre leggermente aumentato, senza però rappresentare un cambio di passo significativo.

Dopo la scorsa tornata elettorale, i seggi dell’Assemblea nazionale occupati da politiche rappresentavano il 19,1% del totale. La percentuale è più alta (28,3%) per quel che riguarda invece le amministrazioni locali. La vittoria di Lee, allora, rimane una buona notizia a metà per le attiviste femministe coreane che lottano per la piena parità.