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Home » Attualità » Ex Ilva, da Strasburgo quattro condanne per l’Italia: a Taranto persiste il pericolo per la salute

Ex Ilva, da Strasburgo quattro condanne per l’Italia: a Taranto persiste il pericolo per la salute

I provvedimenti della Corte europea dei diritti umani riguardano i ricorsi presentati tra il 2016 e il 2019 da alcuni dipendenti dell’impianto siderurgico e da oltre 200 privati cittadini

Domenico Guarino
29 Maggio 2022
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“L’Ilva mette a rischio la salute dei cittadini di Taranto”: la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo (Cedu) ha pronunciato quattro nuove condanne nei confronti dell’Italia a causa delle emissioni dello stabilimento siderurgico. Le condanne riguardano i ricorsi presentati tra il 2016 e il 2019 da alcuni dipendenti dell’impianto siderurgico oltre che da oltre 200 abitanti di Taranto e di alcuni comuni vicini. Nelle sentenze emesse la Cedu sottolinea come l’Italia sia stata già condannata per lo stesso motivo nel gennaio 2019 e che da allora questo caso è all’esame davanti al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa che deve verificare se il Paese ha messo in atto tutte le misure necessarie per salvaguardare la salute degli abitanti.

La stessa Cedu evidenzia che l’anno scorso il comitato dei ministri ha stabilito che “le autorità italiane non avevano fornito informazioni precise sulla messa in atto effettiva del piano ambientale, un elemento essenziale per assicurare che l’attività dell’acciaieria non continui a rappresentare un rischio per la salute”. Da parte sua il governo italiano fa sapere di aver trasmesso al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa un nuovo documento contenente informazioni sui progressi fatti per garantire che le attività dell’ex Ilva non mettano più a rischio la salute degli abitanti di Taranto e dei comuni vicini. In particolare il documento inviato da Roma contiene un resoconto sugli interventi previsti per il 2021 dal piano ambientale, da cui emergerebbe che “la maggior parte delle misure previste sono state attuate”. Il governo ne riporta in particolare sei, tra cui l’istallazione di un filtro a maniche per il camino E312 nel reparto agglomerazione, la modernizzazione di 4 batterie di forni per la cokefazione e i lavori di l’ambientalizzazione di tre altoforni”.

Sul punto la Corte dovrà esprimersi in una nuova riunione che si terrà nel mese di giugno. Intanto la politica discute e si accapiglia.

Le acciaierie di Taranto
Le condanne riguardano i ricorsi presentati tra il 2016 e il 2019 da alcuni dipendenti dell’impianto siderurgico oltre che da oltre 200 abitanti di Taranto e di alcuni comuni vicini

“Quanto emesso dal Cedu condanna gran parte della classe politica che, per anni e con 12 decreti Salva-Ilva, ha sospeso i diritti costituzionali della popolazione tarantina senza risolvere nulla, cercando unicamente di garantire la continuità produttiva a una fabbrica che ha continuato a inquinare e a mietere vittime”, afferma il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli. Che aggiunge “mentre Strasburgo continua a condannare l’Italia e l’operato della sua classe politica, a Taranto si continua a morire. Parla da sé il triste primato della più alta incidenza di malattie tumorali tra i bambini: indagini epidemiologiche hanno evidenziato come, rispetto alla media regionale, il 50% dei bambini tra 0 e 15 anni si ammalasse di tumore e, di questi, il 21% non sopravvivesse alla malattia”.

Secondo l’eurodeputata dei Greens, Rosa D’Amato “la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è un nuovo schiaffo al governo, ma anche alla Commissione Ue, che continua a voltarsi dall’altra parte e a bloccare la procedura d’infrazione contro l’Italia”. Mentre per Vincenza Labriola, deputata di Forza Italia “la sentenza arriva dopo che il Governo riprova a ‘scippare’ 150 milioni dei Riva, vincolati per le bonifiche, per utilizzarli per attività ordinaria del siderurgico. Il Governo stralci la norma o approvi gli emendamenti soppressivi dell’articolo in questione. Basta prese in giro. I gestori dell’ex Ilva siano costretti al rispetto delle norme. Taranto è una città schiacciata dal peso dell’acciaieria più grande e inquinata d’Europa. Mi aspetto adesso dal Governo soluzioni non solo a favore del siderurgico, ma soprattutto a protezione e tutela dei cittadini”.

Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde: “Mentre Strasburgo continua a condannare l’Italia e l’operato della sua classe politica, a Taranto si continua a morire”

Infine per Ubaldo Pagano, deputato pugliese del Pd, e Massimo Moretti, già Responsabile Ambiente della Segreteria del Pd Puglia, da Strasburgo “arriva l’ennesima conferma di una verità che ribadiamo da anni: la gestione inquinante dell’ex Ilva ha messo a rischio la salute dei cittadini di Taranto e dintorni e dei dipendenti degli stabilimenti. Con le nuove 4 condanne della Cedu non c’è più spazio per alcun dubbio. Il nostro Paese ha una responsabilità chiara del danno causato al territorio e ai cittadini del tarantino negli ultimi decenni. Un nuovo monito che deve servire per accelerare gli interventi di ambientalizzazione dei siti inquinati e, soprattutto, per mettere la parola fine sulle emissioni nocive degli stabilimenti siderurgici. Quella della decarbonizzazione, malgrado il pieno e fattivo sostegno degli enti locali e della Regione Puglia, resta per ora una promessa, per il quale il Governo, e in particolare il ministro Giorgetti, non si sono nemmeno preoccupati di condividere le prospettive reali. La questione va risolta immediatamente, senza più tergiversare”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde: "Mentre Strasburgo continua a condannare l'Italia e l'operato della sua classe politica, a Taranto si continua a morire"
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