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Home » Attualità » Valerio, dalla comunità Exodus a ufficiale di Marina: i miracoli di Stanislao, Marta e la loro Mammoletta

Valerio, dalla comunità Exodus a ufficiale di Marina: i miracoli di Stanislao, Marta e la loro Mammoletta

Insieme da 50 anni i due educatori sono il motore dell’operazione di salvataggio dei "ragazzi sbagliati" all’Isola d’Elba: “Ne abbiamo visti tanti rinascere. L’emergenza non sono le sostanze, ma il vuoto lasciato dalla mancanza di attenzione“

Maria Rosaria Tavolario
12 Novembre 2022
Marta e Stani, insieme da 50 anni, guidano la comunità “La Mammoletta“ all’Isola d’Elba

Marta e Stani, insieme da 50 anni, guidano la comunità “La Mammoletta“ all’Isola d’Elba (PH: Vittoria Franzin)

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Rispetto per sé e per gli altri, aiuto reciproco, condivisione, trasmissione di valori, l’attesa, il sacrificio: questo significa vivere in comunità. Se a tutto ciò si aggiunge il quieto splendore, la natura incontaminata dell’Elba, ecco che prende forma la comunità La Mammoletta, che dal 2009 rappresenta un faro di speranza per molti giovani sull’isola. Ragazzi e ragazze “vittime” di un mondo esterno poco attento, dove l’egoismo molto spesso regna sovrano e trovare qualcuno che ti tende la mano diventa quasi impossibile. Qui, invece, di mani per aiutare ce ne sono molte. Come quelle dei due fondatori Marta e Stanislao. Di don Antonio Mazzi. Degli educatori che giorno per giorno seguono ed educano questi giovani alla vita.

Stanislao Pecchioli fa parte della grande famiglia di don Antonio Mazzi dal 1990 con sua moglie Marta Del Bono un’avventura educativa che continua ancora oggi
Stanislao Pecchioli fa parte della grande famiglia di don Antonio Mazzi dal 1990 con sua moglie Marta Del Bono un’avventura educativa che continua ancora oggi

“La comunità deve essere un luogo aperto, dove si sta bene e le dinamiche sono positive, non impositive: dove c’è imposizione c’è battaglia. Questo è un luogo dell’agio e non del disagio”, puntualizza Stanislao.

 Obiettivo della comunità, il recupero per giovani con problemi di droga e varie forme di disagio
Obiettivo della comunità, il recupero per giovani con problemi di droga e varie forme di disagio (PH: Vittoria Franzin)

Una storia nelle storie

Quella di Marta e Stani è un’esistenza dedicata agli altri. La loro, di storia, parte negli anni ‘70, si nutre delle idee e dei valori “rivoluzionari” che in quegli anni spingono molti giovani a un intervento attivo. Partono con l’occupazione pacifica delle terre incolte, il recupero e la costituzione di una comune a Barberino (Firenze), per poi, dopo anni di fatica, approdare nel ‘78 all’Elba. Per riposarsi un po’: “Ma non ci siamo riposati affatto – afferma entusiasta Stanislao – ci siamo rifugiati nella caletta di Marciana Marina, abbiamo piantato delle tende che in poco tempo si sono riempite di giovani che avevano bisogno di noi”.
E poi l’incontro fortuito con don Antonio Mazzi che nel ‘90 porta alla creazione del Gruppo Exodus. Oggi, sono una trentina le comunità sparse in tutto il mondo, comunità aperte, che cercano un costante contatto, una rete, con il mondo esterno. Realtà piccole, di 15-20 persone, perché il rapporto deve essere diretto, profondo e di fiducia reciproca.

La storia di ognuno è diversa e segnata da sofferenze, mancanze. Qui, si intrecciano tra loro formando il “motore” che permette ai due fondatori di continuare la loro “missione”. Ormai da 50 anni, insieme, seguono questa strada che arricchisce, rafforza sempre più il loro legame, uniti nell’abbraccio di speranza verso la creazione di un futuro migliore.
“I ragazzi entrano in comunità per trovare una famiglia, sono spesso abbandonati, anche figli adottivi, sono stanchi di questo ‘suicidio’ provocato dalle dipendenze. Ma la dipendenza principale di cui soffrono è quella della ricerca disperata di relazioni, non di sostanze”, aggiunge Stani.

I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“
I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“ (PH: Vittoria Franzin)

La ricerca di una propria strada

Alla Mammoletta le giornate sono scandite dal ritmo lento e dal silenzio tipici della vita di campagna. I ragazzi si dedicano alla cura di ciò che ormai definiscono “casa” e dell’orto.
Ma c’è anche tanto altro: lo sport, la barca a vela, la sala comune in cui condividere un tè durante le serate invernali oppure la pizza del sabato fatta con le loro mani. L’invito a partecipare c’è sempre perché la condivisione è tutto.
“I ragazzi, di età compresa tra i 14 e i 22 anni, sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano. Ognuno di loro è diverso e ha le sue potenzialità e peculiarità”, dice Stani, per questo seguono un percorso individuale di crescita andando a scuola e coltivando le proprie passioni. La musica, per esempio, rappresenta un elemento essenziale per il percorso di molti. Come Lorenzo che grazie all’orecchio assoluto ha sempre suonato il piano, ma qui, per la prima volta, ha la possibilità concreta di studiare e conoscere note e spartiti. Interesse simile a quello di un altro adolescente “che, 15/20 anni fa entrò in comunità dopo sette anni di psichiatria e adesso è un imprenditore, un grande professionista della musica. È rimasto un solo anno con noi, ha trovato una chiave: cuore, pancia e testa e ha fatto il salto”, ricorda Stani.

Negli anni sono stati molti i ragazzi che hanno effettuato il percorso di recupero nella sede elbana
Negli anni sono stati molti i ragazzi che hanno effettuato il percorso di recupero nella sede elbana (PH: Vittoria Franzin)

Per far risuonar maggiormente le “note” di questi ragazzi è stato creato un anfiteatro – “Il luogo delle grandi confessioni”, come lo definisce Stani – grazie al contributo di Giorgio Faletti. Uno spazio immerso nel verde, tra gli alberi che circondano La Mammoletta, unico nel suo genere. In cui si fa teatro, la messa, incontri con le scuole.

Un’altra passione che travolge molti dei giovani è la vela, la vedono come una prospettiva per il futuro. Così è stato per Valerio: “Gli piaceva molto andare in mare, oggi è ufficiale sulla Costa Concordia”.
“Il valore di un cavolo è esattamente lo stesso valore di un percorso, di un’andata in mare, di andare a scuola. Non è ciò che fai ma come e con che consapevolezza lo fai. Il sacrificio, la cura, la continuità”. Le parole di Stani trasmettono tutta la sua dedizione nell’aiutarli a ritrovare la strada con costanza e impegno. Questo ormai è diventato per lui e Marta uno scopo di vita.

Le voci della speranza

Le voci, i volti di questi giovani trasmettono tanto: la sofferenza provata ma anche molta speranza per il futuro. Centinaia sono passati di qui. Sono Amira, Simone, Lapo, Andy dall’America, Lorenzo e Stefano da Milano e tanti tanti altri.
“Questo luogo mi sta dando tanto. In soli 3 mesi sono una persona totalmente diversa. Sto imparando a vivere con me stessa, quella vera. È una rinascita. Il percorso va oltre la tossicodipendenza, diventa un imparare il rispetto per sé e per gli altri, per il lavoro, per ciò che ti circonda – afferma Amira (nome di fantasia), 16 anni – piano piano scopri passioni che ti fanno ritornare la fiducia in te stessa, che ti danno qualcosa per andare avanti, anche fuori”.

“Questa è una comunità diversa da tante altre. In alcune fai il tuo percorso in modo abbastanza tecnico: curi alcuni aspetti ma ne tralasci molti altri. Qui c’è amore, Marta e Stani ci insegnano a mettere passione in ciò che facciamo – dice Lorenzo, 21 anni -. Anche se è faticoso, penso che quando finirò questo percorso sarò una persona con mille possibilità”.

“Noi non siamo quelli diversi, che hanno sbagliato nella vita. È questa società che ci porta ad andare incontro alle nostre emozioni, che le sfrutta a nostro sfavore. Bisognerebbe riflettere sul perché noi siamo arrivati a questo punto e soprattutto sul fatto che molti non se ne accorgono. Qui ci interessiamo, ci si rispecchia l’uno con l’altro, cosa che al dì fuori è molto difficile che accada. Diamoci una mano a vicenda, non solo per chi ha problemi o disagi, ma completamente”, conclude Simone.

L’appello di Stani

I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“
I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“ (PH: Vittoria Franzin)

Molte attività come questa, incentrate sul lavoro sociale, si reggono grazie al volontariato ma anche a sovvenzioni che rappresentano una sorta di mecenatismo. “Se questo significa solo carità, il mondo non cambierà mai. Questi gesti risolvono problemi momentanei ma poi possono essere fini a sé stessi. Se invece diventa solidarietà allora il mondo comincia a cambiare”. L’invito di Stani è quindi quello di venire “a conoscere le realtà, i ragazzi. Toccate con mano le loro storie, il loro percorso, ciò che questo luogo trasmette. Solo così si può creare un rapporto di mutuo aiuto e nasce la vera solidarietà”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Rispetto per sé e per gli altri, aiuto reciproco, condivisione, trasmissione di valori, l’attesa, il sacrificio: questo significa vivere in comunità. Se a tutto ciò si aggiunge il quieto splendore, la natura incontaminata dell’Elba, ecco che prende forma la comunità La Mammoletta, che dal 2009 rappresenta un faro di speranza per molti giovani sull’isola. Ragazzi e ragazze “vittime” di un mondo esterno poco attento, dove l’egoismo molto spesso regna sovrano e trovare qualcuno che ti tende la mano diventa quasi impossibile. Qui, invece, di mani per aiutare ce ne sono molte. Come quelle dei due fondatori Marta e Stanislao. Di don Antonio Mazzi. Degli educatori che giorno per giorno seguono ed educano questi giovani alla vita.
Stanislao Pecchioli fa parte della grande famiglia di don Antonio Mazzi dal 1990 con sua moglie Marta Del Bono un’avventura educativa che continua ancora oggi
Stanislao Pecchioli fa parte della grande famiglia di don Antonio Mazzi dal 1990 con sua moglie Marta Del Bono un’avventura educativa che continua ancora oggi
“La comunità deve essere un luogo aperto, dove si sta bene e le dinamiche sono positive, non impositive: dove c’è imposizione c’è battaglia. Questo è un luogo dell’agio e non del disagio”, puntualizza Stanislao.
 Obiettivo della comunità, il recupero per giovani con problemi di droga e varie forme di disagio
Obiettivo della comunità, il recupero per giovani con problemi di droga e varie forme di disagio (PH: Vittoria Franzin)

Una storia nelle storie

Quella di Marta e Stani è un’esistenza dedicata agli altri. La loro, di storia, parte negli anni ‘70, si nutre delle idee e dei valori “rivoluzionari” che in quegli anni spingono molti giovani a un intervento attivo. Partono con l’occupazione pacifica delle terre incolte, il recupero e la costituzione di una comune a Barberino (Firenze), per poi, dopo anni di fatica, approdare nel ‘78 all’Elba. Per riposarsi un po’: “Ma non ci siamo riposati affatto - afferma entusiasta Stanislao - ci siamo rifugiati nella caletta di Marciana Marina, abbiamo piantato delle tende che in poco tempo si sono riempite di giovani che avevano bisogno di noi”. E poi l’incontro fortuito con don Antonio Mazzi che nel ‘90 porta alla creazione del Gruppo Exodus. Oggi, sono una trentina le comunità sparse in tutto il mondo, comunità aperte, che cercano un costante contatto, una rete, con il mondo esterno. Realtà piccole, di 15-20 persone, perché il rapporto deve essere diretto, profondo e di fiducia reciproca. La storia di ognuno è diversa e segnata da sofferenze, mancanze. Qui, si intrecciano tra loro formando il “motore” che permette ai due fondatori di continuare la loro “missione”. Ormai da 50 anni, insieme, seguono questa strada che arricchisce, rafforza sempre più il loro legame, uniti nell’abbraccio di speranza verso la creazione di un futuro migliore. “I ragazzi entrano in comunità per trovare una famiglia, sono spesso abbandonati, anche figli adottivi, sono stanchi di questo 'suicidio' provocato dalle dipendenze. Ma la dipendenza principale di cui soffrono è quella della ricerca disperata di relazioni, non di sostanze”, aggiunge Stani.
I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“
I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“ (PH: Vittoria Franzin)

La ricerca di una propria strada

Alla Mammoletta le giornate sono scandite dal ritmo lento e dal silenzio tipici della vita di campagna. I ragazzi si dedicano alla cura di ciò che ormai definiscono “casa” e dell’orto. Ma c’è anche tanto altro: lo sport, la barca a vela, la sala comune in cui condividere un tè durante le serate invernali oppure la pizza del sabato fatta con le loro mani. L’invito a partecipare c’è sempre perché la condivisione è tutto. “I ragazzi, di età compresa tra i 14 e i 22 anni, sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano. Ognuno di loro è diverso e ha le sue potenzialità e peculiarità”, dice Stani, per questo seguono un percorso individuale di crescita andando a scuola e coltivando le proprie passioni. La musica, per esempio, rappresenta un elemento essenziale per il percorso di molti. Come Lorenzo che grazie all’orecchio assoluto ha sempre suonato il piano, ma qui, per la prima volta, ha la possibilità concreta di studiare e conoscere note e spartiti. Interesse simile a quello di un altro adolescente “che, 15/20 anni fa entrò in comunità dopo sette anni di psichiatria e adesso è un imprenditore, un grande professionista della musica. È rimasto un solo anno con noi, ha trovato una chiave: cuore, pancia e testa e ha fatto il salto”, ricorda Stani.
Negli anni sono stati molti i ragazzi che hanno effettuato il percorso di recupero nella sede elbana
Negli anni sono stati molti i ragazzi che hanno effettuato il percorso di recupero nella sede elbana (PH: Vittoria Franzin)
Per far risuonar maggiormente le “note” di questi ragazzi è stato creato un anfiteatro - “Il luogo delle grandi confessioni”, come lo definisce Stani - grazie al contributo di Giorgio Faletti. Uno spazio immerso nel verde, tra gli alberi che circondano La Mammoletta, unico nel suo genere. In cui si fa teatro, la messa, incontri con le scuole. Un’altra passione che travolge molti dei giovani è la vela, la vedono come una prospettiva per il futuro. Così è stato per Valerio: “Gli piaceva molto andare in mare, oggi è ufficiale sulla Costa Concordia”. “Il valore di un cavolo è esattamente lo stesso valore di un percorso, di un’andata in mare, di andare a scuola. Non è ciò che fai ma come e con che consapevolezza lo fai. Il sacrificio, la cura, la continuità”. Le parole di Stani trasmettono tutta la sua dedizione nell’aiutarli a ritrovare la strada con costanza e impegno. Questo ormai è diventato per lui e Marta uno scopo di vita.

Le voci della speranza

Le voci, i volti di questi giovani trasmettono tanto: la sofferenza provata ma anche molta speranza per il futuro. Centinaia sono passati di qui. Sono Amira, Simone, Lapo, Andy dall’America, Lorenzo e Stefano da Milano e tanti tanti altri. “Questo luogo mi sta dando tanto. In soli 3 mesi sono una persona totalmente diversa. Sto imparando a vivere con me stessa, quella vera. È una rinascita. Il percorso va oltre la tossicodipendenza, diventa un imparare il rispetto per sé e per gli altri, per il lavoro, per ciò che ti circonda - afferma Amira (nome di fantasia), 16 anni - piano piano scopri passioni che ti fanno ritornare la fiducia in te stessa, che ti danno qualcosa per andare avanti, anche fuori”. “Questa è una comunità diversa da tante altre. In alcune fai il tuo percorso in modo abbastanza tecnico: curi alcuni aspetti ma ne tralasci molti altri. Qui c’è amore, Marta e Stani ci insegnano a mettere passione in ciò che facciamo - dice Lorenzo, 21 anni -. Anche se è faticoso, penso che quando finirò questo percorso sarò una persona con mille possibilità”. “Noi non siamo quelli diversi, che hanno sbagliato nella vita. È questa società che ci porta ad andare incontro alle nostre emozioni, che le sfrutta a nostro sfavore. Bisognerebbe riflettere sul perché noi siamo arrivati a questo punto e soprattutto sul fatto che molti non se ne accorgono. Qui ci interessiamo, ci si rispecchia l’uno con l’altro, cosa che al dì fuori è molto difficile che accada. Diamoci una mano a vicenda, non solo per chi ha problemi o disagi, ma completamente”, conclude Simone.

L’appello di Stani

I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“
I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“ (PH: Vittoria Franzin)
Molte attività come questa, incentrate sul lavoro sociale, si reggono grazie al volontariato ma anche a sovvenzioni che rappresentano una sorta di mecenatismo. “Se questo significa solo carità, il mondo non cambierà mai. Questi gesti risolvono problemi momentanei ma poi possono essere fini a sé stessi. Se invece diventa solidarietà allora il mondo comincia a cambiare”. L’invito di Stani è quindi quello di venire “a conoscere le realtà, i ragazzi. Toccate con mano le loro storie, il loro percorso, ciò che questo luogo trasmette. Solo così si può creare un rapporto di mutuo aiuto e nasce la vera solidarietà”.
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