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Valerio, dalla comunità Exodus a ufficiale di Marina: i miracoli di Stanislao, Marta e la loro Mammoletta

Insieme da 50 anni i due educatori sono il motore dell’operazione di salvataggio dei "ragazzi sbagliati" all’Isola d’Elba: “Ne abbiamo visti tanti rinascere. L’emergenza non sono le sostanze, ma il vuoto lasciato dalla mancanza di attenzione“

di MARIA ROSARIA TAVOLARIO -
12 novembre 2022
Exodus

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Rispetto per sé e per gli altri, aiuto reciproco, condivisione, trasmissione di valori, l’attesa, il sacrificio: questo significa vivere in comunità. Se a tutto ciò si aggiunge il quieto splendore, la natura incontaminata dell’Elba, ecco che prende forma la comunità La Mammoletta, che dal 2009 rappresenta un faro di speranza per molti giovani sull’isola. Ragazzi e ragazze “vittime” di un mondo esterno poco attento, dove l’egoismo molto spesso regna sovrano e trovare qualcuno che ti tende la mano diventa quasi impossibile. Qui, invece, di mani per aiutare ce ne sono molte. Come quelle dei due fondatori Marta e Stanislao. Di don Antonio Mazzi. Degli educatori che giorno per giorno seguono ed educano questi giovani alla vita.
Stanislao Pecchioli fa parte della grande famiglia di don Antonio Mazzi dal 1990 con sua moglie Marta Del Bono un’avventura educativa che continua ancora oggi

Stanislao Pecchioli fa parte della grande famiglia di don Antonio Mazzi dal 1990 con sua moglie Marta Del Bono un’avventura educativa che continua ancora oggi

“La comunità deve essere un luogo aperto, dove si sta bene e le dinamiche sono positive, non impositive: dove c’è imposizione c’è battaglia. Questo è un luogo dell’agio e non del disagio”, puntualizza Stanislao.
Obiettivo della comunità, il recupero per giovani con problemi di droga e varie forme di disagio

Obiettivo della comunità, il recupero per giovani con problemi di droga e varie forme di disagio (PH: Vittoria Franzin)

Una storia nelle storie

Quella di Marta e Stani è un’esistenza dedicata agli altri. La loro, di storia, parte negli anni ‘70, si nutre delle idee e dei valori “rivoluzionari” che in quegli anni spingono molti giovani a un intervento attivo. Partono con l’occupazione pacifica delle terre incolte, il recupero e la costituzione di una comune a Barberino (Firenze), per poi, dopo anni di fatica, approdare nel ‘78 all’Elba. Per riposarsi un po’: “Ma non ci siamo riposati affatto - afferma entusiasta Stanislao - ci siamo rifugiati nella caletta di Marciana Marina, abbiamo piantato delle tende che in poco tempo si sono riempite di giovani che avevano bisogno di noi”. E poi l’incontro fortuito con don Antonio Mazzi che nel ‘90 porta alla creazione del Gruppo Exodus. Oggi, sono una trentina le comunità sparse in tutto il mondo, comunità aperte, che cercano un costante contatto, una rete, con il mondo esterno. Realtà piccole, di 15-20 persone, perché il rapporto deve essere diretto, profondo e di fiducia reciproca. La storia di ognuno è diversa e segnata da sofferenze, mancanze. Qui, si intrecciano tra loro formando il “motore” che permette ai due fondatori di continuare la loro “missione”. Ormai da 50 anni, insieme, seguono questa strada che arricchisce, rafforza sempre più il loro legame, uniti nell’abbraccio di speranza verso la creazione di un futuro migliore. “I ragazzi entrano in comunità per trovare una famiglia, sono spesso abbandonati, anche figli adottivi, sono stanchi di questo 'suicidio' provocato dalle dipendenze. Ma la dipendenza principale di cui soffrono è quella della ricerca disperata di relazioni, non di sostanze”, aggiunge Stani.
I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“

I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“ (PH: Vittoria Franzin)

La ricerca di una propria strada

Alla Mammoletta le giornate sono scandite dal ritmo lento e dal silenzio tipici della vita di campagna. I ragazzi si dedicano alla cura di ciò che ormai definiscono “casa” e dell’orto. Ma c’è anche tanto altro: lo sport, la barca a vela, la sala comune in cui condividere un tè durante le serate invernali oppure la pizza del sabato fatta con le loro mani. L’invito a partecipare c’è sempre perché la condivisione è tutto. “I ragazzi, di età compresa tra i 14 e i 22 anni, sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano. Ognuno di loro è diverso e ha le sue potenzialità e peculiarità”, dice Stani, per questo seguono un percorso individuale di crescita andando a scuola e coltivando le proprie passioni. La musica, per esempio, rappresenta un elemento essenziale per il percorso di molti. Come Lorenzo che grazie all’orecchio assoluto ha sempre suonato il piano, ma qui, per la prima volta, ha la possibilità concreta di studiare e conoscere note e spartiti. Interesse simile a quello di un altro adolescente “che, 15/20 anni fa entrò in comunità dopo sette anni di psichiatria e adesso è un imprenditore, un grande professionista della musica. È rimasto un solo anno con noi, ha trovato una chiave: cuore, pancia e testa e ha fatto il salto”, ricorda Stani.
Negli anni sono stati molti i ragazzi che hanno effettuato il percorso di recupero nella sede elbana

Negli anni sono stati molti i ragazzi che hanno effettuato il percorso di recupero nella sede elbana (PH: Vittoria Franzin)

Per far risuonar maggiormente le “note” di questi ragazzi è stato creato un anfiteatro - “Il luogo delle grandi confessioni”, come lo definisce Stani - grazie al contributo di Giorgio Faletti. Uno spazio immerso nel verde, tra gli alberi che circondano La Mammoletta, unico nel suo genere. In cui si fa teatro, la messa, incontri con le scuole. Un’altra passione che travolge molti dei giovani è la vela, la vedono come una prospettiva per il futuro. Così è stato per Valerio: “Gli piaceva molto andare in mare, oggi è ufficiale sulla Costa Concordia”. “Il valore di un cavolo è esattamente lo stesso valore di un percorso, di un’andata in mare, di andare a scuola. Non è ciò che fai ma come e con che consapevolezza lo fai. Il sacrificio, la cura, la continuità”. Le parole di Stani trasmettono tutta la sua dedizione nell’aiutarli a ritrovare la strada con costanza e impegno. Questo ormai è diventato per lui e Marta uno scopo di vita.

Le voci della speranza

Le voci, i volti di questi giovani trasmettono tanto: la sofferenza provata ma anche molta speranza per il futuro. Centinaia sono passati di qui. Sono Amira, Simone, Lapo, Andy dall’America, Lorenzo e Stefano da Milano e tanti tanti altri. “Questo luogo mi sta dando tanto. In soli 3 mesi sono una persona totalmente diversa. Sto imparando a vivere con me stessa, quella vera. È una rinascita. Il percorso va oltre la tossicodipendenza, diventa un imparare il rispetto per sé e per gli altri, per il lavoro, per ciò che ti circonda - afferma Amira (nome di fantasia), 16 anni - piano piano scopri passioni che ti fanno ritornare la fiducia in te stessa, che ti danno qualcosa per andare avanti, anche fuori”. “Questa è una comunità diversa da tante altre. In alcune fai il tuo percorso in modo abbastanza tecnico: curi alcuni aspetti ma ne tralasci molti altri. Qui c’è amore, Marta e Stani ci insegnano a mettere passione in ciò che facciamo - dice Lorenzo, 21 anni -. Anche se è faticoso, penso che quando finirò questo percorso sarò una persona con mille possibilità”. “Noi non siamo quelli diversi, che hanno sbagliato nella vita. È questa società che ci porta ad andare incontro alle nostre emozioni, che le sfrutta a nostro sfavore. Bisognerebbe riflettere sul perché noi siamo arrivati a questo punto e soprattutto sul fatto che molti non se ne accorgono. Qui ci interessiamo, ci si rispecchia l’uno con l’altro, cosa che al dì fuori è molto difficile che accada. Diamoci una mano a vicenda, non solo per chi ha problemi o disagi, ma completamente”, conclude Simone.

L’appello di Stani

I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“

I ragazzi ospitati alla “Mammoletta“ hanno un’età compresa tra i 14 e i 22 anni: “Sono qui per cambiare rotta e noi cerchiamo di accompagnarli, tenendoli per mano“ (PH: Vittoria Franzin)

Molte attività come questa, incentrate sul lavoro sociale, si reggono grazie al volontariato ma anche a sovvenzioni che rappresentano una sorta di mecenatismo. “Se questo significa solo carità, il mondo non cambierà mai. Questi gesti risolvono problemi momentanei ma poi possono essere fini a sé stessi. Se invece diventa solidarietà allora il mondo comincia a cambiare”. L’invito di Stani è quindi quello di venire “a conoscere le realtà, i ragazzi. Toccate con mano le loro storie, il loro percorso, ciò che questo luogo trasmette. Solo così si può creare un rapporto di mutuo aiuto e nasce la vera solidarietà”.