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Home » Attualità » Fabio Ridolfi, il Comitato Etico Regione Marche dà il via libera al suicidio assistito

Fabio Ridolfi, il Comitato Etico Regione Marche dà il via libera al suicidio assistito

Nel parere si riscontra la sussistenza delle condizioni necessarie ad accedere alla procedura stabilite dalla Consulta con la sentenza Dj Fabo-Cappato. Un documento che però è rimasto bloccato per 40 giorni prima di venire recapitato al paziente. "Inaccettabile" commentano dall'associazione Luca Coscioni

Marianna Grazi
19 Maggio 2022
Fabio Ridolfi tetraplegico

Fabio Ridolfi, tetraplegico, ha ricevuto il via libera dal Comitato etico delle Marche per il suicidio assistito lo scorso 19 maggio, 40 giorni dopo che era stato emesso

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Dopo l’appello, disperato, lanciato grazie ad un video diffuso sui social dall’associazione Luca Coscioni, oggi per Fabio Ridolfi è arrivata quella notizia che vale anni di sofferenze, di dolore, di parole inascoltate: il 46enne di Fermignano (Pesaro Urbino) da 18 anni immobilizzato a letto per una patologia irreversibile (la rottura dell’arteria basilare) “rientra nei parametri stabiliti dalla Consulta nella sentenza Cappato-Dj Fabo per potere accedere all’aiuto medico alla morte“, secondo il parere del Comitato Etico Regione Marche.

Il parere bloccato

Fabio Ridolfi-suicidio assistito-via libera Cerm
Un fermo immagine del video appello di Fabio Ridolfi, tetraplegico da 18 anni, che chiede l’accesso a suicidio assistito

A renderlo noto è la stessa Coscioni, sottolineando come, a 24 ore dal suo appello, “salta fuori il parere del Comitato etico, che la Regione Marche aveva tenuto bloccato per 40 giorni“. La nota dell’Azienda Sanitaria Unica Marche, sulla sussistenza delle condizioni già accertate nella relazione collegiale dell’equipe interdisciplinare, risale infatti all’8 aprile 2022, ma è stato recapitato a Fabio solo dopo l’uscita della notizia, ieri, su tutti i principali media italiani, corredata dal video in cui si vede il 46enne tetraplegico usare un puntatore oculare, unico mezzo con cui può comunicare. Un documento fondamentale, si può dire di vitale importanza, in quanto stabilisce che Ridolfi rientra nei parametri stabiliti dalla Consulta nella sentenza 242 del 22 novembre 2019 per potere accedere al suicidio medicalmente assistito. “È il secondo italiano dopo ‘Mario’ (un 43ennne paraplegico) ad avere ottenuto il via libera” aggiungono dall’associazione.

Il fratello

“Questo pensiero (del suicidio assistito, ndr) ce lo aveva anche prima che gli accadesse una cosa del genere”, racconta Andrea Ridolfi, il fratello di Fabio, che ne è anche amministratore di sostegno, al Resto del Carlino. “È normale vivere con dolore tutto ciò. Ma rispetto la scelta di mio fratello Fabio, che è una persona capace di intendere e di volere”. “È come un bambino, va lavato, va nutrito… Ci siamo sempre occupati noi familiari di accudirlo, per sua volontà”, aggiunge.

Un passo avanti, tanti ancora da fare

Ridolfi-suicidio assistito
Il Cerm ha emesso un parere positivo sul caso di Ridolfi lo scorso 8 aprile ma al paziente è stato recapitato solo a distanza di 40 giorni

“È inaccettabile che lo Stato italiano, e nello specifico la Regione Marche, abbia tenuto nel cassetto per 40 giorni un documento di tale rilevanza ed urgenza – commenta Filomena Gallo, avvocato e Segretario della Coscioni –. Purtroppo, il parere “positivo” dato dal Comitato etico, che conferma in modo molto chiaro il diritto di Fabio ad essere aiutato a porre fine alle proprie sofferenze, è però incompleto, perché nulla dice sulle modalità di attuazione e sul farmaco da usare affinché la volontà di Fabio possa finalmente essere rispettata – aggiunge –. È ora doveroso che il Sistema sanitario delle Marche definisca le modalità del caso nella massima urgenza, senza che sia necessario nuovamente da parte di Fabio procedere per vie legali“. Una situazione che ricorda in effetti la vicenda del primo paziente italiano ad essere autorizzato dall’Asur Marche, il camionista 43enne ‘Mario’, che solo dopo svariate denunce anche al tribunale solo a febbraio ha ottenuto anche l’ultima informazione mancante, quella sul farmaco da poter utilizzare per porre fine alla sua dolorosa esistenza.”Fabio ha ottenuto un primo risultato in questa vicenda kafkiana del documento insabbiato per 40 giorni”, dichiara poi Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. “È da notare come il suo appello sia stato accolto dal silenzio assoluto da parte dei capipartito e dei ‘protagonisti’ del dibattito parlamentare, attualmente impantanato al Senato. Eppure, l’utilità di una legge sarebbe proprio quella di stabilire tempi certi per dare risposte ai malati. Purtroppo il testo approvato alla Camera non fornisce alcuna garanzia nemmeno da questo punto di vista, e sarebbe dunque da discutere urgentemente e da integrare”.

 

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Instagram

  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
  • Esplosiva, incantevole, nata dalla fantasia di un fumetto per trasformarsi nell’immagine potente di un poster dai colori acrilici alla Andy Warhol. Psichedelica e attraente, conturbante e sexy. Bella da guastare il sonno a molti. Maschio eppure femmina. 

Eva Robin’s, lei che ha fatto sognare generazioni, è stata e rimane il simbolo incontrastato della transessualità. 

Dicevano che somigliasse in modo sorprendente al personaggio di Diabolik Eva Kant, e lei su quell’immagine ci ha lavorato, quasi divertendosi, rendendola viva e facendone una star in carne e ossa. 

"Io sono attratta sessualmente da un uomo ma la mia affettività è diretta verso le donne. Senza dubbio il maschio che c’è in me pretende la sua parte”.

Attrice di cinema e teatro, showgirl e cantante, Eva continua a calcare le scene recitando in ruoli teatrali di grande spessore e impegno. La sua figura di oggi sembra sfumata, il suo volto un po’ flou, l’esuberanza di un tempo addolcita dal tempo. 

Leggi l
  • Al cinema e in tv serve una rappresentazione più reale dei corpi. Anche di quelli in carne.

A rivendicare il diritto di apparire per come si è, soprattutto nei ruoli che chiedono una determinata fisicità, è Shannon Purser, nota soprattutto per aver interpretato Barb Holland in "Stranger Things" e Ethel Muggs in “Riverdale". La 25enne statunitense ha criticato aspramente il trattamento riservato agli “attori grassi” a Hollywood, in particolare per quanto riguarda il casting.

“Non assumono attori grassi per ruoli iconici grassi perché vogliono grandi nomi. Non ci sono quasi mai star grasse di primo piano perché agli attori grassi non è consentita la possibilità di salire di livello. Non ci viene data la giusta visibilità perché l’industria ci vede come elementi bidimensionali“.

Shannon Purser aveva già affrontato la questione in un’intervista a Vanity Fair durante le riprese di “Sierra Burgess è una sfigata”. 

“Anche le donne plus size meritano di avere un principe e il libero arbitrio. Crescendo, se avessi avuto qualcuno che mi somigliava, mi sarei sentita molto meno sola e più compresa. Spero che questo film sfidi i giovani a ripensare il modo in cui guardano se stessi e l’un l’altro, imparando ad abbracciare l’autenticità”. 

E chissà che questa volta, oltre alle parole, non si arrivi anche ai fatti, per invertire la tendenza discriminante e grassofobica proprio nella culla dei sogni: Hollywood.

Di Marianna Grazi ✍

#lucenews #lucelanazione #shannonpurser #barbstrangerthings #hollywood #bodyshaming #sierraburgessisaloser
  • Sul tema dell
Dopo l'appello, disperato, lanciato grazie ad un video diffuso sui social dall'associazione Luca Coscioni, oggi per Fabio Ridolfi è arrivata quella notizia che vale anni di sofferenze, di dolore, di parole inascoltate: il 46enne di Fermignano (Pesaro Urbino) da 18 anni immobilizzato a letto per una patologia irreversibile (la rottura dell’arteria basilare) "rientra nei parametri stabiliti dalla Consulta nella sentenza Cappato-Dj Fabo per potere accedere all'aiuto medico alla morte", secondo il parere del Comitato Etico Regione Marche.

Il parere bloccato

Fabio Ridolfi-suicidio assistito-via libera Cerm
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Il fratello

"Questo pensiero (del suicidio assistito, ndr) ce lo aveva anche prima che gli accadesse una cosa del genere", racconta Andrea Ridolfi, il fratello di Fabio, che ne è anche amministratore di sostegno, al Resto del Carlino. "È normale vivere con dolore tutto ciò. Ma rispetto la scelta di mio fratello Fabio, che è una persona capace di intendere e di volere". "È come un bambino, va lavato, va nutrito... Ci siamo sempre occupati noi familiari di accudirlo, per sua volontà", aggiunge.

Un passo avanti, tanti ancora da fare

Ridolfi-suicidio assistito
Il Cerm ha emesso un parere positivo sul caso di Ridolfi lo scorso 8 aprile ma al paziente è stato recapitato solo a distanza di 40 giorni
“È inaccettabile che lo Stato italiano, e nello specifico la Regione Marche, abbia tenuto nel cassetto per 40 giorni un documento di tale rilevanza ed urgenza – commenta Filomena Gallo, avvocato e Segretario della Coscioni –. Purtroppo, il parere “positivo” dato dal Comitato etico, che conferma in modo molto chiaro il diritto di Fabio ad essere aiutato a porre fine alle proprie sofferenze, è però incompleto, perché nulla dice sulle modalità di attuazione e sul farmaco da usare affinché la volontà di Fabio possa finalmente essere rispettata – aggiunge –. È ora doveroso che il Sistema sanitario delle Marche definisca le modalità del caso nella massima urgenza, senza che sia necessario nuovamente da parte di Fabio procedere per vie legali". Una situazione che ricorda in effetti la vicenda del primo paziente italiano ad essere autorizzato dall'Asur Marche, il camionista 43enne 'Mario', che solo dopo svariate denunce anche al tribunale solo a febbraio ha ottenuto anche l'ultima informazione mancante, quella sul farmaco da poter utilizzare per porre fine alla sua dolorosa esistenza."Fabio ha ottenuto un primo risultato in questa vicenda kafkiana del documento insabbiato per 40 giorni", dichiara poi Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. "È da notare come il suo appello sia stato accolto dal silenzio assoluto da parte dei capipartito e dei 'protagonisti' del dibattito parlamentare, attualmente impantanato al Senato. Eppure, l’utilità di una legge sarebbe proprio quella di stabilire tempi certi per dare risposte ai malati. Purtroppo il testo approvato alla Camera non fornisce alcuna garanzia nemmeno da questo punto di vista, e sarebbe dunque da discutere urgentemente e da integrare".  
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