Un video che lascia spazio a poche parole. Un appello che difficilmente può rimanere inascoltato. Fabio Ridolfi, 46 anni di Fermignano (Pesaro Urbino) è un uomo che da 18 anni è completamente immobilizzato perché tetraplegico, costretto a stare a letto ogni giorno e a parlare solo tramite gli occhi, l’unica parte del corpo che riesce a muovere. Fabio non ne può più di vivere così, e per questo ha lanciato un appello per richiedere il suicidio assistito. “Lo Stato mi aiuti a morire“, dice in un video condiviso sui social dall’Associazione Luca Coscioni.
Fabio Ridolfi è il terzo italiano a chiedere il suicidio assistito. Altri due tetraplegici marchiagiani ne avevano fatto richiesta. Ma mentre Mario e Antonio hanno scelto l’anonimato, Fabio ha deciso di metterci la faccia, di diffondere la sua storia e di dire al mondo, e soprattutto allo Stato italiano, che la sua non è una vita. E per questo vuole morire.
L’appello di Fabio, tetraplegico e immobilizzato da 28 anni: “Lo Stato mi aiuti a morire”
“Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così. Ogni giorno la mia condizione diventa sempre più insostenibile. Aiutami a morire”. È questo l’apello di Fabio Ridolfi, l’uomo che da 18 anni è immobilizzato a letto a causa di una tetrapresi da rottura dell’artesia basilare. Il 46enne può solamente muovere gli occhi e comunica attraverso un puntatore oculare. Assistito dall’Associazione Luca Coscioni, si è rivolto all’Asur (Azienda Sanitaria Unica Regionale) Marche che, in seguito alla giurisprudenza creata dai casi di Mario e Antonio, ha attivato le verifiche previste dalla sentenza della Corte Costituzionale Cappato/dj Fabo.
Fabio Ridolfi è stato sottoposto a tutte le visite mediche del caso ma, dal 15 marzo quando la relazione medica è stata inviata al Comitato Etico Regione Marche – fa sapere l’Associazione Luca Coscioni – “ancora non è arrivato nessun parere, né sulle sue condizioni né sulle modalità per poter procedere con suicidio medicalmente assistito”.
Il 46enne è la terza persona in Italia ad aver fatto richiesta di suicidio assistito, dopo Mario e Antonio. In contatto da tempo con Mina Welby, Fabio Ridolfi aveva valutato anche la possibilità di andare in Svizzera (ne avevamo parlato qui, nella storia di Anna Milazzo). A differenza degli altri due tetraplegici marchigiani, che hanno scelto l’anonimato, Fabio ha reso noto il suo nome e il suo volto, diffondendo un video in cui lo si vede comporre il suo appello con il puntatore oculare.
L’Associazione Luca Coscioni: “Fabio chiede di porre fine alle sue sofferenze, è un suo diritto”
“Fabio chiede di porre fine alle sue sofferenze in modo indolore, con le modalità più veloci e rispettose della sua dignità. È un suo diritto, sulla base della sentenza della Corte costituzionale nel caso Cappato/Antoniani – hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, segretario nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni -. Ancora una volta, come già successo con Mario e Antonio, il ritardo dell’Asur nel rispondere alla sua richiesta, in violazione degli obblighi di legge, comporta sofferenze che per Fabio sono da anni insopportabili”.
Mario e Antonio, però, hanno dovuto ingaggiare delle battaglie legali, a suon di diffide, per ottenere la verifica da parte dell’Asur delle condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito, previste dalla sentenza della Consulta. Nel caso di Mario, alla fine, è arrivato il parere positivo del Comitato Etico Regione Marche e sono state superate anche alcune difficoltà interpretative legate al tipo di sostanza da utilizzare, alla quantità e alle modalità di somministrazione. Antonio invece è ancora in attesa. Ma sulla scorta di queste esperienze, l’Asur questa volta non ha atteso l’ordine dei giudici e si è attivata per le modifiche.