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Home » Attualità » Famiglie che vendono i figli per pagare i debiti: la crisi umanitaria nell’Afghanistan dei talebani

Famiglie che vendono i figli per pagare i debiti: la crisi umanitaria nell’Afghanistan dei talebani

I finanziamenti internazionali sono ancora congelati, a causa dell'intransigenza dei talebani a trattare sulla politica di governo. Migliaia di bambini rischiano un destino di schiavitù o di guerra, assoldati come combattenti dallo Stato Islamico

Camilla Prato
18 Ottobre 2021
Chagcharan, Afghanistan - August 25, 2012: Four Afghanistan girls walking in the mountains.

Chagcharan, Afghanistan - August 25, 2012: Four Afghanistan girls walking in the mountains.

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Costrette a vendere i propri figli ai creditori per saldare i debiti. Per le famiglie afghane alla crisi innescata dal ritorno dei talebani al potere, lo scorso 14 agosto, non sembra esserci fine. La povertà nel Paese non ha fatto che aggravarsi sfociando in una crisi umanitaria senza precedenti. Che, di giorno in giorno, peggiora e spinge gli afghani a fare qualunque cosa per sopravvivere. Anche perché, a tre mesi di distanza dalla riconquista di Kabul da parte degli studenti coranici, secondo il World Food Programme delle Nazioni Unite il 95% dei cittadini non ha abbastanza da mangiare. Manca il cibo, spesso manca il lavoro e perfino un tetto, perché la casa è stata distrutta durante i combattimenti. Così le famiglie sono costrette a chiedere prestiti per sopravvivere, pur sapendo di non poterli ripagare.

È il caso di Saleha, come riporta Fanpage, che lavorava in una fattoria con il marito prima dell’arrivo dei talebani nella provincia di Badghis. Poi, a causa della guerriglia nella zona, entrambi hanno perso il lavoro due anni e sono stati costretti a chiedere soldi in prestito per sfamare i loro figli. Un debito che pende sulle loro teste come una spada di Damocle perché saranno proprio questi a farne le spese se i genitori non dovessero trovare i soldi. In particolare la loro figlia più piccola, Najiba, di 6 anni, che potrebbe essere costretta a sposare uno dei suoi tre figli del loro creditore quando raggiungerà la pubertà. Nella stessa situazione si trovano oggi moltissimi bambini e bambine, che vedono prospettarsi davanti a loro un destino di schiavitù. O, ancora peggio se possibile, di guerra, perché reclutati come soldati dai terroristi dell’Isis, attualmente unici rivali per i talebani.

I talebani al governo si sono detti più volte pronti ad accogliere gli aiuti umanitari internazionali per il Paese. Ma la loro intransigenza governativa è un ostacolo che appare insormontabile. La crisi umanitaria, infatti, ha acceso un importante dibattito all’interno della comunità internazionale: servono aiuti concreti e allo stesso tempo è necessario intervenire a livello istituzionale perché si riescano a garantire maggiori diritti alle donne, alle minoranze e ai bambini. Il problema maggiore è che gli aiuti umanitari devono restare incondizionati per permettere ai civili afghani di sopravvivere: congelare o mettere temporaneamente in pausa i finanziamenti salvavita perché non si trovano accordi sulla tutela dei diritti sarebbe “assolutamente sbagliato”, secondo il segretario generale del Norwegian Refugee Council, Jan Egeland. Ma la situazione è drammatica e ogni giorno di stallo la rende ancora peggiore: solo il 17% degli ospedali è ancora funzionante, visto che la sanità dipendeva per la maggior parte dai fondi esteri, e secondo Richard Brennan, direttore regionale dell’emergenza per l’Oms, il 64% delle strutture ha esaurito i farmaci essenziali. Per non parlare degli stipendi di medici, infermieri e personale sanitario, che, proprio come il resto dei cittadini, ora stenta a tirare avanti, oltre che a svolgere il proprio lavoro.

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  • ✨Tra i pretendenti a un ruolo di protagonista del 73° Sanremo, Ariete è probabilmente quella con l’"X factor" più alto. E non tanto per aver partecipato da ragazzina al talent di Sky o per quel "non so che" capace di differenziare tutto quel che fa, ma perché in due anni è riuscita a diventare la musa “indie“ della Generazione X. 

Arianna Del Giaccio mostra la timidezza della debuttante. E che lei sia una "nuova persona" portata a cadere nei "soliti vecchi errori" lo racconta parlando del debutto davanti al popolo del Festival con Mare di guai, ballata in cui racconta la fine della relazione con la sua ex.

«Gli squali che si aggirano nella vasca di cui parlo sono le mie insicurezze e le mie ansie. Il peso delle aspettative, anche se non provo sensi di inadeguatezza verso quel che faccio. I pescecani basta conoscerli per sapere che non sono tutti pericolosi.»

 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
Costrette a vendere i propri figli ai creditori per saldare i debiti. Per le famiglie afghane alla crisi innescata dal ritorno dei talebani al potere, lo scorso 14 agosto, non sembra esserci fine. La povertà nel Paese non ha fatto che aggravarsi sfociando in una crisi umanitaria senza precedenti. Che, di giorno in giorno, peggiora e spinge gli afghani a fare qualunque cosa per sopravvivere. Anche perché, a tre mesi di distanza dalla riconquista di Kabul da parte degli studenti coranici, secondo il World Food Programme delle Nazioni Unite il 95% dei cittadini non ha abbastanza da mangiare. Manca il cibo, spesso manca il lavoro e perfino un tetto, perché la casa è stata distrutta durante i combattimenti. Così le famiglie sono costrette a chiedere prestiti per sopravvivere, pur sapendo di non poterli ripagare. È il caso di Saleha, come riporta Fanpage, che lavorava in una fattoria con il marito prima dell'arrivo dei talebani nella provincia di Badghis. Poi, a causa della guerriglia nella zona, entrambi hanno perso il lavoro due anni e sono stati costretti a chiedere soldi in prestito per sfamare i loro figli. Un debito che pende sulle loro teste come una spada di Damocle perché saranno proprio questi a farne le spese se i genitori non dovessero trovare i soldi. In particolare la loro figlia più piccola, Najiba, di 6 anni, che potrebbe essere costretta a sposare uno dei suoi tre figli del loro creditore quando raggiungerà la pubertà. Nella stessa situazione si trovano oggi moltissimi bambini e bambine, che vedono prospettarsi davanti a loro un destino di schiavitù. O, ancora peggio se possibile, di guerra, perché reclutati come soldati dai terroristi dell'Isis, attualmente unici rivali per i talebani. I talebani al governo si sono detti più volte pronti ad accogliere gli aiuti umanitari internazionali per il Paese. Ma la loro intransigenza governativa è un ostacolo che appare insormontabile. La crisi umanitaria, infatti, ha acceso un importante dibattito all'interno della comunità internazionale: servono aiuti concreti e allo stesso tempo è necessario intervenire a livello istituzionale perché si riescano a garantire maggiori diritti alle donne, alle minoranze e ai bambini. Il problema maggiore è che gli aiuti umanitari devono restare incondizionati per permettere ai civili afghani di sopravvivere: congelare o mettere temporaneamente in pausa i finanziamenti salvavita perché non si trovano accordi sulla tutela dei diritti sarebbe "assolutamente sbagliato", secondo il segretario generale del Norwegian Refugee Council, Jan Egeland. Ma la situazione è drammatica e ogni giorno di stallo la rende ancora peggiore: solo il 17% degli ospedali è ancora funzionante, visto che la sanità dipendeva per la maggior parte dai fondi esteri, e secondo Richard Brennan, direttore regionale dell'emergenza per l'Oms, il 64% delle strutture ha esaurito i farmaci essenziali. Per non parlare degli stipendi di medici, infermieri e personale sanitario, che, proprio come il resto dei cittadini, ora stenta a tirare avanti, oltre che a svolgere il proprio lavoro.
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