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Home » Attualità » Femminicidi: moventi diversi stessi risultati. Perdonare è impossibile, interrogarsi è necessario

Femminicidi: moventi diversi stessi risultati. Perdonare è impossibile, interrogarsi è necessario

Due donne sono state uccise dai rispettivi compagni durante le festività, ma se anche il reato è ugualmente grave, la tragedia assume contorni diversi che tutti dovremmo provare a capire

Nicolò Guelfi
27 Dicembre 2021
Immagine simbolo che rappresenta la lotta contro la violenza sulle donne

Immagine simbolo che rappresenta la lotta contro la violenza sulle donne

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In questi giorni di festa due casi di femminicidio hanno occupato la cronaca: uno è avvenuto a Gradara, in provincia di Pesaro e Urbino, l’altro a Casalbordino, in provincia di Chieti. In entrambi i casi i protagonisti della triste vicenda sono una coppia di anziani e anche il copione è molto simile: il marito uccide la moglie, per poi costituirsi e confessare alle forze dell’ordine.

La differenza, volendo fare un giusto processo alle intenzioni, è proprio nel movente. Nel primo caso, a Gradara, Vito Cangini, pensionato incensurato di 80 anni, ha accoltellatola moglie Natalia Kyrychok, di 61, poiché convinto che la donna lo tradisse con il titolare del ristorante dove lavorava. Il giorno dell’omicidio, l’uomo ha confessato l’accaduto proprio al ristoratore, il quale incredulo ha avvertito i carabinieri, che hanno poi scoperto l’accaduto.

Nel secondo, a Casalbordino, Angelo Bernardone, ex operaio metalmeccanico 74enne, ha ucciso sua moglie Maria Rita Conese, due anni più giovane, spingendola giù da un ponte sul fiume Osento, dove i militari, chiamati dall’uomo, hanno trovato il cadavere. La ragione del gesto lascia senza parole: l’uomo non riusciva più a sopportare la condizione della moglie, da tempo malata di Alzheimer.

Cause opposte

In entrambi i casi si tratta di una tragedia immane, che vede le donne come vittime in uno schema reiterato, in cui il carnefice è proprio la persona più vicina e che più dovrebbe proteggerle.

Ma mentre, nel primo esempio, la motivazione del gesto è un’irrazionale gelosia (ancora più sorprendente consideratal ’età) che oggettifica e sminuisce le donne al ruolo di semplice proprietà , nell’altro è la sofferenza di vedere una persona cara decadere e scomparire di fronte a sé, in un contesto di totale impotenza. Per spiegarla con un esempio, Isaac Asimov, padre dell’odierna fantascienza, una volta disse: “quando la gente credeva che la Terra fosse piatta, aveva torto. Quando credeva che fosse sferica, aveva torto. Ma se tu credi che ritenere la Terra sferica sia altrettanto sbagliato che ritenerla piatta, allora il tuo punto di vista è più sbagliato di tutti e due i precedenti messi insieme”.

Non tutti gli errori sono uguali, anche a parità di risultato. Tempi nuovi impongono domande nuove. Mai come oggi nella storia si era presentato, in modo così attuale e pressante, la necessità di decidere come porre fine alla propria vita biologica.

L’uxoricidio di Amelia

È di pochi giorni fa un altro caso analogo, sempre un uxoricidio avvenuto ad Amelia, in provincia di Terni, in cui un medico 80enne, Roberto Pacifici, ha sparato alla moglie, Emanuela Rompietti, anche lei affetta da una malattia neurodegenerativa in stadio avanzato, provocandone la morte. La donna, in un momento di lucidità, avrebbe chiesto al coniuge di aiutarla a morire. Il caso, come prevedibile, ha suscitato sconcerto e diviso l’opinione pubblica.

Referendum sull’eutanasia

Nessuno vorrebbe giustificare l’omicidio, meno che mai di una donna e di una persona cara, ma forse sarebbe di aiuto separare i piani e capire che le persone non possono essere lasciate sole con un dolore e una responsabilità tanto grande. È necessario creare le condizioni per cui il peso della sofferenza non ricada esclusivamente sui singoli, con il rischio di farli diventare giudici dicasi in cui non dovrebbero essere loro a decidere, come per la vita degli altri. Ad oggi il tema del fine vita, tanto odioso perché ribadisce la nostra temporaneità in un mondo che nega costantemente la morte, torna prepotentemente nell’agenda politica e mediatica, con un disegno di legge fermo in Parlamento dopo l’approvazione alla Camera, e un referendum sull’eutanasia che aspetta solo una data di svolgimento.

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  • Stando alle ultime stime, in Italia vivono almeno 88mila donne vittima di mutilazioni genitali femminili, con tutti i gravi problemi fisici, funzionali, psicologici che ne derivano. In base ai dati diffusi dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e dall’Unicef, nel mondo ammonterebbero ad almeno 200 milioni donne e ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Nel 2023, circa 4,2 milioni di bambine e ragazze nel mondo sono a rischio di subire queste pratiche.

Attraverso la testimonianza di Ayaan Hirsi Ali, autrice de “L’infedele", proviamo a spiegare con le giuste parole in tutta la sua cruda realtà cosa racchiuda veramente:

“Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo… Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare… Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne.”

Nella Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili il presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica Sicpre, il professor Francesco Stagno d’Alcontres, dichiara: 

“Spesso l’evento della mutilazione viene rimosso dai ricordi, mentre restano i dolori nei rapporti sessuali, le difficoltà nella minzione e durante il parto. La mutilazione genitale è un evento che modifica il corso della vita e noi lo dobbiamo contrastare sul piano della cultura e affrontare sul piano medico e scientifico”.

L’edizione 2023 del Summit Itinerante contro la mutilazioni genitali femminili, l’evento che si svolge in data odierna a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustininani, sede della Presidenza del Senato della Repubblica, vede il saluto di esponenti del Governo, la testimonianza di una vittima e la partecipazione di importanti personalità, tra cui gli esperti della chirurgia plastica italiana chiamati a raccolta dalla Sicpre.

Letizia Cini ✨

#lucenews #lucelanazione #giornatamutilazionigenitalifemminili #linfedele
  • "Vorrei ringraziare la comunità queer per il vostro amore e per aver inventato un genere". 👑

Con queste parole di ringraziamento, Queen Bay riscrive la storia dei Grammy Awards. Beyoncé ier sera ha battuto tutti i record: con la 32esima vittoria incassata, è la star più premiata della storia degli Oscar della musica.

Con altri quattro grammofoni d’oro, la star americana, icona mondiale e paladina dei diritti civili e della body positivity, ha così superato il primato del direttore d’orchestra Georg Solti scomparso nel ‘97 e che, fino a stanotte, era rimasto imbattuto per due decenni con 31 vittorie. Queen Bay ha voluto dedicare la vittoria alla comunità Lgbtq+.

#lucenews #lucelanazione #qn #beyoncé #grammyawards2023
  • Stava regalando libri alle ragazze quando è stato arrestato a Kabul, giovedì 3 febbraio. Ismail Mashal, un professore universitario afghano, 37 anni, in aperta critica con il bando posto dai Talebani all’istruzione femminile, andava in giro con un carretto pieno di volumi gratuiti che distribuiva a donne e bambine, quando le forze di sicurezza lo hanno accusato di “azioni provocatorie” dalle autorità che lo hanno portato in carcere. Lo riferisce la Bbc.

Alcuni testimoni hanno riferito che il professore è stato schiaffeggiato, preso a pugni e a calci dalle forze di sicurezza locali durante l’arresto. Tuttavia Abdul Haq Hammad, un funzionario del ministero dell’Informazione e della Cultura talebani, ha dichiarato che il docente è stato trattato bene mentre era in custodia. 

Mashal è salito alla ribalta dopo aver strappato i documenti accademici in diretta tv per protestare contro il divieto dei talebani all’istruzione universitaria e secondaria per le donne. Il video in diretta televisiva è diventato virale. 

Ex giornalista, il 37enne dirigeva un’università privata a Kabul, frequentata da 450 studentesse che seguivano i corsi di giornalismo, ingegneria e informatica, tutte discipline che il ministro dell’Istruzione afghano sosteneva non dovessero essere insegnate alle ragazze in quanto contrarie all’islam e la cultura afghana. Quando a dicembre i Talebani hanno annunciato che alle studentesse universitarie non sarebbe più stato permesso di tornare a studiare fino a nuovo ordine, il professor Mashal ha chiuso definitivamente la sua scuola, affermando che “l’istruzione o si offre a tutti o a nessuno“.

“L’unico potere che ho è la mia penna, anche se mi uccidono, anche se mi fanno a pezzi, non resterò in silenzio“, ha dichiarato il mese scorso il professore. Ha anche affermato che un maggior numero di uomini deve insorgere per protestare contro le restrizioni imposte alle donne. Durante il loro incontro a Kabul, Mahsal, padre di due figli, ha precisato che non temeva di essere arrestato o ucciso. Si è detto invece certo che alla fine i Talebani avrebbero cercato di metterlo a tacere, ma è rimasto convinto che fosse un prezzo onesto da pagare.

#lucenews #kabul
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Referendum sull’eutanasia

Nessuno vorrebbe giustificare l’omicidio, meno che mai di una donna e di una persona cara, ma forse sarebbe di aiuto separare i piani e capire che le persone non possono essere lasciate sole con un dolore e una responsabilità tanto grande. È necessario creare le condizioni per cui il peso della sofferenza non ricada esclusivamente sui singoli, con il rischio di farli diventare giudici dicasi in cui non dovrebbero essere loro a decidere, come per la vita degli altri. Ad oggi il tema del fine vita, tanto odioso perché ribadisce la nostra temporaneità in un mondo che nega costantemente la morte, torna prepotentemente nell’agenda politica e mediatica, con un disegno di legge fermo in Parlamento dopo l’approvazione alla Camera, e un referendum sull’eutanasia che aspetta solo una data di svolgimento.
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